“¿Qué es la vida? Una ilusión,
una sombra, una ficción,
y el mayor bien es pequeño:
que toda la vida es sueño,
y los sueños, sueños son.”
Pedro Calderón de la Barca, La vida es sueño
Questo è il terzo capitolo sull’Ex Cinema Olympia occupato ospitato qua sopra (1 e 2), quello che non si sarebbe mai voluto scrivere. Ma era nell’aria, lo si sentiva chiaramente. In città le vie vanno chiuse, le possibilità sequestrate, la partecipazione integrata unicamente ad alimentare la paura sociale e le idee di riscatto e di emancipazione, la loro storia, nascoste dietro ai cordoni della celere prima di essere cancellate definitivamente dal dibattito pubblico.
Duole scrivere queste righe amare ma occorre farlo e non tanto perché faccia male ciò che è andato in scena ieri, 30 novembre 2017 a Modena, quanto piuttosto per dare un metro, preciso per quanto più possibile, al tempo in cui viviamo.
Ieri, in fin dei conti, non è successo nulla di inimmaginabile ed è proprio questo il punto. Che Muzzarelli non fosse altro che un arrogante Podestà e nient’altro, non lo abbiamo scoperto di certo ieri, il patentino di piccolo despota locale se l’era già guadagnato sul campo l’undici maggio del 2016, in una giornata che fu devastante da un punto di vista civile, morale e sociale nonché per gli assetti di tenuta democratica in quel di Modena, spazzati via in un sol colpo senza produrre, da allora, alcuna adeguata riflessione in seno alla città.Ieri non è successo nulla di “strano”, di “inimmaginabile”. Sono entrati prima dell’alba, come ladri qualunque ma ben più attrezzati e numerosi, con blindati scudi e manganelli, hanno bloccato quasi interamente via Malmusi e parte di Trento Trieste con significativi disagi alla circolazione stradale (causando anche un paio di significativi rallentamenti ad un paio di ambulanze con le sirene spiegate [sig!]) ed hanno ucciso così l’esperienza dell’Ex Cinema Olympia occupato, nella quiete ovattata di un giovedì mattina.
Forse lo sentirete sussurrare solo qua e in una frase lapidaria su un articolo della Gazzetta ma, ancora una volta e sta diventando l’abitudine in città, non si è consentito ai giornalisti di accedere e documentare le operazioni di sgombero. Piccoli segnali che tanto non produrranno alcun dubbio né alcuna indignazione tra le file degli scribacchini locali. Chissà magari si sarebbe potuto assistere e raccontare del piccolo cortocircuito istituzionale, quando i muratori hanno cominciato a murare gli ingressi laterali dell’edificio e a sigillare l’entrata principale, con la funzionaria del tribunale preoccupata che l’intervento non rovinasse nulla di un edificio vincolato dal 2008 dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici. Ma sai, la legalitahh è un viaggio a senso solo e lo sgombero si fa preventivo. Come si poteva leggere sulla Gazzetta di oggi: “È stata l’occupazione che ha attirato più visitatori, creando un contatto tra il collettivo e i modenesi. Ma proprio questa curiosità ha spinto le autorità a sostenere il pericolo imminente. Ieri il procuratore capo Lucia Musti ha sottolineato che, oltre alla solita denuncia per occupazione abusiva, questa volta si è arrivati al sequestro preventivo. Chiesto dal pm Marco Niccolini e autorizzato dal gip, il sequestro dell’Olympia nasce dalla necessità di evitare il peggio. Come una strage da crollo.” [sig!] Verrebbe quasi da morir dal ridere se non si ignorasse completamente di chi si sta parlando.
Ah sì, poi c’è ovviamente la legalitahh! Prendiamo e copiamo direttamente da alcuni commenti sulla pagina Facebook di #mobastacemento :
dal D.lgs. 42/2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio” Capo VII – Espropriazione
Art. 95. Espropriazione di beni culturali
1. I beni culturali immobili e mobili possono essere espropriati dal Ministero per causa di pubblica utilità, quando l’espropriazione risponda ad un importante interesse a migliorare le condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica dei beni medesimi.
2. Il Ministero può autorizzare, a richiesta, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente ed istituto pubblico ad effettuare l’espropriazione di cui al comma 1. In tal caso dichiara la pubblica utilità ai fini dell’esproprio e rimette gli atti all’ente interessato per la prosecuzione del procedimento.
3. Il Ministero può anche disporre l’espropriazione a favore di persone giuridiche private senza fine di lucro, curando direttamente il relativo procedimento.
Art. 30. Obblighi conservativi
1. …
2. …
3. I privati proprietari, possessori o detentori di beni culturali sono tenuti a garantirne la conservazione.
Art. 32. Interventi conservativi imposti
1. Il Ministero può imporre al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo gli interventi necessari per assicurare la conservazione dei beni culturali, ovvero provvedervi direttamente.
Ah sì, già è vero la legalitahh! Glu, glu glu, glu, si affoga, nel blu dipinto di blu.
Il fatto però è un altro. È che mentre i sogni si uccidono prima dell’alba, cancellando ogni possibile alternativa dallo spazio del consentito, altre forze si organizzano entrando tranquillamente dalla porta principale. Sarebbe bello se il vento impetuoso del nazionalismo, della xenofobia, della paura sociale e dell’odio verso i poveri fosse sospinto esclusivamente dalle nuove destre e non fosse invece alla base degli indirizzi indirizzi politico/sociali di stampo europeo e incarnati, in Italia, nell’azione e nella faccia del Ministro Minniti.
Già oggi, l’unica “partecipazione attiva” dei cittadini consentita è quella suggerita proprio nelle maglie e tra i principi della legge Minniti la quale prevede un “ruolo” e un coinvolgimento di reti territoriali di volontari nella lotta al degrado e nella tutela dell’arredo urbano. Un’intruppamento della “partecipazione” che ricorda da vicino altre epoche, terribili.
Per tutte le altre abbiamo la legalitahh e il manganello. E come potremmo mai descrivere le scene viste ieri pomeriggio davanti al Comune, con tre file di celere poste a difesa di una scalinata, con tutta la Questura di Modena mobilitata al gran completo e con la Digos che accompagnava una delegazione al “tavolo delle trattative” con gli assessori Bosi e Cavazza e che sarebbe rimasta se non si fosse chiesto espressamente di farli uscire, come possiamo chiamare tutto ciò? C’è – e se si osserva con attenzione è pure evidente – un fascismo latente che prima ancora di essere riconosciuto come tale avrà già esteso le proprie metastasi in tutta la città. Eccessivo? A metà ottobre, Alessandra Daniele su Carmilla descriveva così la situazione del Paese:
“Dieci anni fa nasceva il PD. Oggi si presenta nella sua forma compiuta.
Nazisti senza svastica. Burocrati dello sterminio, amministratori dello schiavismo.
In patria, dove il lavoro minorile da illegale è diventato obbligatorio e gratuito, e dove i precari sul posto di lavoro non sono più autorizzati nemmeno a pisciare, a bere, a sedersi, come durante una sessione di tortura.
All’estero, nei campi di concentramento subappaltati alle milizie libiche, i nuovi ascari dell’Impero. La Soluzione Finale al problema immigrazione, il regalo del governo Minniti per il compleanno del cosiddetto Partito Democratico.
L’albero si riconosce dai frutti.
Fascisti senza divisa, golpisti bianchi che in pieno accordo con Berlusconi e Lega impongono una legge elettorale incostituzionale, disegnata apposta per rendere il voto non impossibile, ma definitivamente inutile, ratifica di scelte insindacabili già fatte altrove, per seppellire il cadavere della Democrazia, e produrre un altro parlamento commissariato dall’establishment del quale sono i volenterosi carnefici.”
Sempre a metà ottobre, a ridosso dell’assemblea di quattro comitati riuniti tra cui #mobastacemento, che si svolse in una Polisportiva della Madonnina piena per l’occasione, avvertivamo il sospetto che qualcosa non tornasse del tutto e che uno stregone si aggirasse per la città. Si scriveva allora:“Terra dei Padri” presenzia in buon numero così come Forza Nuova col suo referente provinciale e qualche tirapiedi – di loro, stranamente, non si accorgerà nessun giornale, manca il centrodestra scriverà addirittura un Leonelli codino su “La Pressa” [sic] – e infine la Digos attenta e presente con la quale, coi primi, all’uscita, non mancheranno i chiari segnali d’intesa, quasi di complicità verrebbe da dire. La sensazione in sala è sgradevole, alle lucide parole del comitato #mobastacemento e alle sacrosante denunce degli altri, si accompagna la suggestione che un enorme cadavere aleggi tra gli astanti. A testimoniarlo, la nutrita presenza di avvoltoi necrofagi che, in quell’occasione, non hanno sentito nemmeno il bisogno di indossare la maschera da tribuni della plebe perché consapevoli del fatto che per loro sarà sufficiente sedersi sulla riva del fiume ad attendere che passi il cadavere. Spettri che assumeranno caratteristiche precise quando, il 15 dicembre, a Modena tornerà a marciare compatta una destra unita (da Forza Italia a Forza Nuova, da “Terra dei padri” al Fronte Veneto Skinhead) sotto le insegne del No Ius soli e che facilmente vedrà la partecipazione di soggetti di questo calibro.
Credere che tra questi soggetti e istituzioni esista un qualche conflitto è l’errore più facile da commettere. Fascisti e istituzioni sono sì in competizione tra loro ma per la gestione di uno status quo che peggiora di giorno in giorno ed è una competizione questa, agita esclusivamente sulle spalle di chi lotta per una diversa qualità della vita e per un cambiamento reale nelle dinamiche di gestione della città. O credete veramente che esistano ancora molti margini d’azione all’interno delle istituzioni dello Stato per chi deve barcamenarsi in un percorso di alternanza scuola-lavoro o tra i lavoratori della logistica che si ritrovano esclusi anche dalle forme minime di partecipazione quali il voto?
La crescente criminalizzazione di qualsiasi lotta operaia che fino al gennaio scorso era riservata esclusivamente ai sindacati di base come il SiCobas oggi viene applicata scientificamente pure alla Cgil. E ripensando al pavido comportamento di quel sindacato modenese lo scorso febbraio, quando si trincerò nel silenzio più eloquente mentre un questore negava l’autorizzazione ad una manifestazione nazionale di un sindacato (sì è già successo e dovesse ricapitare non sarebbe già più inimmaginabile) non si può non pensare alla massima che dio acceca coloro che vuol perdere!
Muzzarelli e la sua Giunta stanno cementando tutto il loro scarno consenso nella costruzione (in gran parte virtuale ) di una rappresentazione della città in stato di emergenza permanente, assediata dal degrado e dalla microcriminalità. E fa nulla che a Modena, di legale, non ci sia nemmeno l’aria che si respira. La sicurezza porta voti, economici, gli unici che possono arrivare senza mettere troppo in discussione il tessuto produttivo della città e gli interessi di quei grandi gruppi ai quali l’amministrazione cittadina è completamente genuflessa (Cmb in pole position).
La legalitahh a Modena viaggia velocità molto distinte. Inflessibile per chi agisce creando spazi di partecipazione, riscoprendo e valorizzando una parte della Storia della città (dentro al cinema Olympia pare si tenne il primo concerto a Modena in cui si sperimentò l’utilizzo della batteria – seconda metà degli anni ’50) a costo zero, blanda se non proprio cieca verso chi, guadagnando, abbandona amianto e mette a rischio la salute dei cittadini.
Se vi è un dato che si è potuto constatare nelle tre settimane di vita dell’Ex Cinema Olympia occupato è sicuramente quello dell’eterogeneità assoluta del bisogno, a Modena, di spazi sociali reali. Per ogni serata che vi è stata organizzata all’interno, l’Ex Cinema ha visto la partecipazione di una componente sociale differente, ugualmente bisognosa di riscoprire momenti di socialità autoprodotti nonché di riappropriarsi di un bene che è comune e memoria della città. Dall’hip hop di Hit the Beat con una componente prettamente giovanile, alle serata di lettura che hanno richiamato 40-50enni, dagli spettacoli di burattini per i più piccoli fino alle serate djset che hanno spostato avventori anche dai bar e dalle polisportive di periferia l’avventura dell’Ex Cinema Olympia è stata un susseguirsi di energie inespresse che la città non crederebbe mai nemmeno di avere. Le iniziative erano tantissime e la programmazione del cinema si allungava di giorno in giorno, con una rete di relazioni che si arricchiva attraverso la compartecipazione.
Allora perché uccidere quest’esperienza, senza alcun dialogo preventivo, perché ammazzarla così, prima dell’alba, come ladri nella notte?
“Il disastro per le periferie non è l’abbandono. Nell’abbandono prosperano le attività criminali, ma anche autogestione e mutuo supporto. Gli spazi lasciati liberi dal controllo istituzionale permettono un certo grado di gestione collettiva del territorio, che in alcuni casi può riuscire anche a controllare, o a contenere, la diffusione della criminalità e della droga. Il disprezzo, invece, è il sistematico supporto delle istituzioni alle forze più antisociali e predatorie della città, che usano a proprio vantaggio i bisogni dei settori più deboli, e che quindi desiderano che i loro problemi non siano mai risolti. “ (Da qua)
È l’esperienza di Nuova Ostia a risponderci incastrata tra ‘malavita’ e Casapound.
Con tutti i dovuti distinguo e le evidenti distinzioni Modena sta per intrufolarsi in un vicolo cieco molto simile. Le città, oggi, sono uno stabilizzatore del capitalismo mondiale e Modena non fa eccezione. Stretta nella morsa di un tessuto produttivo sempre più estrattivo ed esigente tanto a livello sociale che ambientale e una competizione “politica” cittadina senza alcuna reale alternativa si sta incamminando inconsapevolmente verso il punto di non ritorno.
Viene da chiedersi se questa città la conservi ancora una memoria e se definirsi modenesi oggi equivalga solamente alla celebrazione di Bottura o di una Maserati che se ne sta andando o se non sia più efficace addirittura il messaggio che verrà portato in piazza il 15 dicembre, dove a coloro che son stati privati di una qualunque identità sociale, viene suggerito in maniera semplice e chiara che il loro unico privilegio è il più comune di tutti, quello di essere nati nello stesso paese. Un privilegio che non è altro che un qualcosa che già si possiede, la cittadinanza, e che ora deve apparire esclusiva ed escludente, come un qualsiasi prodotto da acquistare tra gli scaffali del supermercato dove riecheggia la forma e non la sostanza.
Una prima risposta a queste domande l’avremo già questa domenica, alla manifestazione cittadina contro gli sgomberi e per gli spazi sociali promossa dopo la chiusura, per mano militare, dell’Ex Cinema Olympia occupato.
Ore 15, Piazza Matteotti.