Carcere, tra la (non) utopia della sua abolizione – iniziando con ergastolo e 41bis – e la necessità urgente di ricorrervi il meno possibile e in condizioni rispettose della dignità umana

 

“Cattivi per sempre – Voci dalle carceri: viaggio nei circuiti di Alta Sicurezza” (Edizioni Gruppo Abele) è il libro di Ornella Favero . direttrice di Ristretti.it e presidente nazionale della Conferenza Volontariato e Giustizia – che l’autrice stessa presenterò domani pomeriggio a Genova (17.15 alla Casa della giovane, piazza Santa Sabina): un’occasione per saperne di più sul carcere: chi e perché ci entra, cosa succede quando/se se ne esce.

Esistono, fortunatamente, molte realtà che si occupano del carcere e lo fanno ovviamente nel modo e dal punto di vista che ritengono più corretto. Credo che questa diversità di vedute ed azioni  costituisca una ricchezza, sempre che alla base vi sia la consapevolezza che nelle carceri ci sono donne ed uomini che vanno sostenute/i quotidianamente, i cui bisogni e diritti che vanno soddisfatti/tutelati (anche) oggi. Chi dimentica questo rischia di fare della grande accademia, forse, ma sulla pelle della popolazione detenuta. Penso perciò sia opportuno utilizzare tutti gli strumenti disponibili per sottrarvisi e per migliorare continuamente le condizioni di chi è costretto a restarvi per periodi più o meno lunghi. La lotta contro l’ergastolo, e contro quell’infamia che è l’articolo 41bis – una vera e propria pena di morte quotidiana – alla cui base c’è il più abietto dei criteri: vendi qualcuno perché prenda il tuo posto.

Oggi, per dare concretezza a quanto ho cercato di dire, vi propongo due realtà molto diverse tra loro – l’associazione Granello di senape e contromaelstrom -. a mio avviso di grande interesse e utilità.

L’Associazione di Volontariato “Granello di Senape Padova”, nasce a Padova nel 2004, rifacendosi all’esperienza dell’Associazione-madre, “Il granello di senape”, che ha sede a Venezia. L’associazione gestisce il “Centro di Documentazione Due Palazzi”, attivo nella Casa di Reclusione di Padova, che offre servizi d’informazione (attraverso la rivista “Ristretti Orizzonti” e i siti internet www.ristretti.it e www.ristretti.org) e al quale cooperano oltre sessanta persone, tra detenuti e volontari esterni. Al suo interno ci sono il Gruppo Rassegna Stampa, il TG 2Palazzi e la redazione della rivista “Ristretti Orizzonti”. Per saperne di più cliccate qui .

La locandina per la presentazione di “Cos’è il carcere – Vademecum di Resistenza”, di Salvatore Ricciardi

Contromaelstrom, invece, è il blog di Salvatore Ricciardi, compagno romano con un lungo percorso politico che può aiutare le persone oneste intellettualmente a conoscere chi sono state/i in realtà  le compagne e i compagni che poi sono stati, anche, protagonisti di quelli che  fa comodo liquidare come “anni di piombo” ad opera di un gruppetto di “terroristi”. In realtà è si è trattato di ben altra cosa, questo a prescindere dal giudizio che ognuno ritiene di darne.

Foto di gruppo storica di alcuni dei protagonisti delle lotte degli anni ’60/80, prigionieri a Bad e’ Carros. Salvatore Ricciardi è il primo a sinistra in piedi.

Salvatore Ricciardi: “Ho svolto intensa attività sindacale nella Cgil e, nel 1965 attività politica nel Partito socialista di unità proletaria (Psiup) nella sezione Garbatella.
Nel 1966, con alcuni compagni e compagne, iniziamo lavoro politico nelle fabbriche di Pomezia, un territorio che  rappresentava, nei voleri dei governi, il polo industriale di Roma e offriva notevoli facilitazioni agli imprenditori. Nel 1967 incontriamo davanti ai cancelli di queste fabbriche le compagne e i compagni del Potere Operaio di Pomezia (di cui si è persa memoria, eppure era frequentato da compagni/e molto capaci, in rapporto con Quaderni Rossi). Agli inizi dei movimenti del ’68 studentesco e operaio, proponiamo al Psiup di “sciogliersi nel movimento” per ridefinire le proposte politiche e anche gli assetti organizzativi; ritenevamo quel partito “vecchio” come gli altri e volevamo esplorare e moltiplicare i percorsi dell’autorganizzazione. Perdemmo il congresso provinciale su questa proposta (dicembre ’68), per pochissimi voti a causa dei “funzionari” che non volevano perdere il “posto di lavoro”.  Usciamo dal Psiup e proponiamo alle assemblee del movimento di gettarsi nella costruzione degli organismi autorganizzati moltiplicando una tendenza che dilagava non solo in questo paese e di cui il Cub dei lavoratori della Pirelli Bicocca era il punto di riferimento. La Fatme, la Sacet, la CocaCola, e tante altre realtà lavorative. Nel 1971 con altri ferrovieri diamo vita al Cub dei ferrovieri di Roma, che blocca il traffico ferroviario nei primi giorni di agosto 1971 e apre la sua sede nel quartiere di San Lorenzo (storico insediamento di ferrovieri) in Via dei Volsci 2, 4. Che ospiterà, di lì a poco, gli aggregati di lavoratori che si muovono sul terreno dell’autorganizzazione, per primi l’assemblea lavoratori/trici del Policlinico e il Comitato politico Enel; poi, via via, tutti gli altri.”

Quello che segue è l’ articolo postato il 10 dicembre da Salvatore Ricciardi “per l’anniversario della dichiarazione universale dei diritti umani, all’esterno dei penitenziari di Cosenza, Bari e Napoli si terranno dei presidi di solidarietà per rendere visibile lo sciopero della fame dei detenuti, per dare voce alle ragioni di questa lotta. A Cosenza l’appuntamento è per le 12 di domenica sotto il carcere di via Popilia, a Bari alle 11 e a Napoli dalle 10 sotto il carcere di Secondigliano.

Altri presidi si terranno anche in altre città.

Migliaia di detenuti e tutti gli uomini ombra, digiuneranno affinché l’ergastolo, la pena di morte in vita, possa essere cancellato per sempre dal nostro ordinamento.

Assieme agli ergastolani digiuneranno familiari, intellettuali, artisti, attivisti, semplici cittadini per dare voce e dignità ad una lotta che da troppi anni viene strumentalizzata dalla politica per alimentare la fabbrica penale nell’indifferenza di buona parte della società che, ancora oggi, è convinta che l’ergastolo equivale a 25 anni di carcere.

Non lasciamoli soli!

aboliamo l’ergastolo:
Ergastolo vuol dire che la legge italiana, non in maniera esplicita, afferma l’impossibilità della rieducazione per mezzo della pena. Che cos’è infatti l’ergastolo, in particolare quello ostativo?, se non ritenere irrieducabili alcune persone?Quando il giudice scrive la parola “MAI” sulla sentenza là dove si richiede di definire il “termine” della condanna, che cosa fa? Semplicemente pronuncia un destino eterno (MAI) per quella persona.Non è altro che la presunzione divina di fermare il tempo, renderlo immobile in eterno (MAI), negare ogni modificazione, ogni trasformazione sia del contesto, sia del condannato, sia delle leggi, sia delle istituzioni.Nessuna pena è rieducativa o risocializzante. Le pene sono soltanto punizioni vendicative e terrorizzanti.

Ma l’ergastolo non è nemmeno una punizione, poiché ha la presunzione di essere un giudizio eterno, ambisce di sostituirsi a un ipotetico dio!Qui le leggi e le istituzioni inciampano! L’ergastolo è soprattutto il riconoscimento dell’incapacità delle istituzioni di ricostruire legami sociali infranti; è il fallimento del progetto di integrazione sociale, che si suppone essere caratteristica fondamentale dello stato di diritto.

L’ergastolo è solo una ubriacatura di potere delle istituzioni che, per mezzo del sistema sanzionatorio, portato all’estremo, si sentono autorizzati a disporre del corpo altrui a proprio piacimento. Mutilando e sopprimendo.
Da una lettera dal carcere di 50 anni fa:”…mi trovavo all’ergastolo di Porto Azzurro dove, per quale legge non l’ho mai capito, al prossimo “liberato” venivano fatti scontare gli ultimi quindici giorni nell’isolamento, cioè in una cella da solo dove gli venivano così impediti i contatti con gli altri detenuti. A distanza di qualche mese si apprendeva che il tizio uscito in tale data, non era a casa sua, ma in casa di cura o in manicomio!
Una volta che chiesi a un sottufficiale il motivo dell’isolamento, mi rispose: “si ritiene necessario per evitare che si possa consegnare, al liberante, degli scritti da portare fuori clandestinamente e soprattutto per evitare, a chi resta, lo spettacolo della partenza. È dannoso – mi diceva – per chi ha molto da scontare, vedere spesso qualcuno che lascia il carcere mentre egli non può”.[lettera dal carcere di Alessandria, 30 maggio 1968]
L’ergastolo è barbarie pura, ABOLIAMOLO!!!”  – PRESIDI DI SOLIDARIETÀ PER L’ABOLIZIONE DELL’ERGASTOLO. Domenica 10 dicembre.

Questo invece, è un dialogo dalla rubrica “piccoli assurdi” (Ristretti, n. 0)

Logico?

A: È molto difficile sorridere?!

B: Sì… È molto difficile!

A: Ma perché è così difficile ?

B: Non lo so!

A: Come fai a dire che e difficile sorridere?

B: Per esperienza!

A: Esperienza di che tipo?

B: Il passato!

A: Sì… Ma il passato, bene o male, ce l’abbiamo tutti, il tuo è stato traumatico?

B: No, non è stato traumatico. Cioè sotto certi punti di vista, per opinione di qualcuno, può essere stato anche traumatico, ma secondo me non lo è stato!

A: Ma scusa… Ti puoi spiegare meglio, non ti capisco!

B: Neppure io mi capisco, eppure vivo ancora!

A: Ma sei sicuro di stare bene?!

B: E chi ti ha detto che io sto bene?!

A: Ah…nessuno!

B: E allora…

A: E allora cosa?!

B: Allora niente!!

A: Senti caro…

B: No, io non sono il caro di nessuno!

A: OK, scusa! Adesso però cerchiamo di riprendere il filo logico del discorso…

B: Quale discorso?

A: Mah…non lo so, un discorso qualunque, purché sia logico!

B: Se riesci a trovare qualcosa di logico potremmo anche parlare di qualcosa.

A: Non so…parliamo di carcere?!..

B: Ah…per fortuna che dovevamo parlare di qualcosa di logico!!! Spiegami cosa c’è di logico nel carcere?

A: Ma…il carcere è il posto dove uno sconta uno sbaglio fatto danni della società. Chi sbaglia finisce in gabbia.

B: Sei sicuro che tutti quelli che sbagliano finiscono in carcere?

A: Sì! La maggior parte.

B: Scusa!? Ma dove hai vissuto sino ad oggi?

A: Un po’ di qua e un po’ di là!

B: Mi sa tanto che ti sei perso …

Il carcere è tutt’altra cosa: innanzi tutto non ci finiscono tutti quelli che sbagliano, ma ci finiscono solo i più sfigati. E poi se uno sbaglia, cioè se uno fa un torto 0110 società, perché deve finire in carcere?!

Mettiamo il caso che io e te fossimo dei conoscenti, io faccio un torto a te! Non so… ti rubo l’auto …

A: Eh, proprio la macchina!!! portati via qualcos’altro, ma la macchina mi serve!

B: No, no…mettiamo che ti rubo ‘sta benedetta macchina, tu mi scopri, ma la tua macchina l’ho già venduta…

A: Che presto che hai fatto!

B: Ma no, tu lo scopri dopo qualche giorno…

A: Ma dove ti devo seguire…

B: Eddai, volevi fare un discorso serio… cerca di capire Quello che sto tentando di spiegarti! Allora: ti ho rubato l’auto e tu dopo pochi giorni mi scopri. A questo punto tu cosa preferiresti?! Che io ti restituissi la macchina con sopra gli interessi per il disturbo che ti ho recato, oppure vorresti allontanarmi, chiudermi in una gabbia, ma non essere risarcito del danno?

A: Ma…è meglio se mi ridai la macchina, mi fai da servo per qualche giorno…e poi te ne puoi andare dove vuoi, se ci sarà un altro fesso come me a cui riuscirai a portar via la sua macchina te la vedrai con lui. Sì, ma cosa c’entra ‘sto discorso col carcere?!

B: Ma allora non hai capito nulla?!

A: Poco!

B: La conosci la legge del taglione, occhio per occhio e dente per dente?

A: Più o meno, ma cerca di spiegarti meglio, non ti seguo!

B: E dove vuoi seguirmi… sei senza auto!

A: Sì, ma tanto tu sei in carcere …

 

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