Luciano Gaucci, da tranviere a miliardario sotto l’ala del divino Giulio

 

Luciano Gaucci è morto a Santo Domingo, là dove si era rifugiato per sottrarsi alla condanna per bancarotta fraudolenta e reati finanziari – condanna poi sanata da indulto – ma la stampa “libera” fa a gara a tesserne le lodi, minimizzando le grane giudiziarie. 

Indubbiamente nel mondo sello sport Gaucci ha lasciato il segno. Nell’ippica la sua scuderia White Star – sempre che fosse solo sua e non c’entrasse l’amico Giulio, come lui appassionato di cavalli –  ha sicuramente lasciato una traccia indelebile;

Tony Bin, con la giubba rossa e stella bianca della scuderia di Gaucci, vittorioso sul traguardo dell’Arc de Triomphe

Tony Bin, purosangue acquistato per una dozzina di milioni, vinse molte classiche italiane e il prestigioso Arc de Triomphe (1988), accumulando circa 3 miliardi di somme vinte a cui vanno aggiunti i 7 miliardi incassati cedendolo come stallone; anche nel trotto la scuderia White Star ha mietuto successi, in Italia ed all’estero, soprattutto grazie a Jef’s Spice. Sul fronte calcistico l’esordio avvenne come vice di Dino Viola, il Presidente che alla Roma regalò uno scudetto (’82/83), per poi diventare una passione travolgente che lo portò a trascurare sempre più l’ippica per divenire presidente del Perugia e di altre squadre.

Leggendo gli articolo che ne parlano si può dire, parafrasando Marx, che il calcio è l’oppio dei popoli, ma soprattutto dei giornalisti.

Bastava incuriosirsi nel leggere il lancio di agenzia dell’Ansa, di ieri, sulla morte di Gaucci : “….di strada ne aveva fatta tanta da quando a Roma guidava il tram numero 8. Poi era cresciuto all’ombra della Dc andreottiana, diventando imprenditore di successo e rimanendo un generoso e amante delle mosse ad effetto….”.  E oggi la stampa “libera” (di scrivere senza infastidire i potenti), si unisce al coro con titoli roboanti: “E’ morto Luciano Gaucci, il più vulcano dei presidenti” (repubblica.it), “Morto Luciano Gaucci, il presidente uragano che sfilò uno scudetto alla Juve” (Corriere.it) e vi risparmio i titoli della stampa sportiva.

Eppure credo che, proprio partendo dal lancio dell’Ansa, un giornalista dovrebbe domandarsi, anche se tardivamente, quanto l’essere legato a Giulio Andreotti abbia influito sulla sua carriera, e, soprattutto, se in maniera cristallina. Da guidatore del tram n° 8 a miliardario c’è un salto notevole che potrebbe essere spiegato con gli appalti miliardari ottenuti dall’impresa di pulizie di Gaucci grazie a Geronzi (Banco di Roma), lo stesso che consentì alla Fininvest di Berlusconi di salvarsi quando era in cattive acque e approdare poi in borsa, che dopo aver scalato la grande finanza (Generali e Mediobanca) è inciampato in una condanna a 3 anni e 6 mesi, confermata nello scorso luglio dalla Cassazione, in un processo del filone Parmalat. Tutte notizie queste che si possono agevolmente trovare in rete. Come l’ammissione di Geronzi di aver ricevuto una telefonata di Andreotti che gli chiedeva di incontrare Luciano Gaucci, a cui seguì un incontro tra i due.

Il 17 marzo 2008, Corrado Zunino – in un articolo sul processo per calunnia intentato da Geronzi contro Gaucci – scrive: “Geronzi ha invece zoppicato nel tentativo di smentire il dossier realizzato da Gaucci sul suo conto. Il finanziere prima ha negato ogni rapporto personale e familiare tra la sua famiglia e quella dell’ex patron del Perugia, poi, però, ha dovuto ammettere di aver invitato al matrimonio di sua figlia Chiara l’ex autista Luciano Gaucci: “Chiara fu praticamente costretta a farlo dopo aver ricevuto in regalo un quadro di Pino Maggio”. Geronzi ha anche spiegato che le pratiche sui fidi a Gaucci – arrivato a un’esposizione con Capitalia di 22 milioni di euro, poi transati con un accordo per 5 milioni – venivano affidati automaticamente alle filiali e agli uffici della banca, ma ha dovuto ammettere di aver incontrato Gaucci “due o tre volte”.

Il castello di Gaucci, poi andato all’asta

E poco dopo, nello stesso articolo si legge:”Il presidente di Mediobanca ha confermato in aula di essere sotto processo per bancarotta in due procedimenti a Roma e a Parma (Cirio e Parmalat) e, sulla questione “regalie di Gaucci”, di aver ricevuto a più riprese, “per Natale, per Pasqua e i miei compleanni”, pesce in abbondanza, pane casareccio, bottiglie di champagne, cesti “che poi davamo in beneficenza a Don Picchi”. Ha parlato di insistenza fastidiosa del presidente del Perugia, ma poi ha dovuto ammettere di aver montato nel giardino della sua villa a Marino, ai Castelli romani, una vasca costituita da cinque blocchi di pietra “che mi aveva portato l’autista di Gaucci, il signor Macellari, un signore molto invadente a cui non ho voluto fare una scortesia rifiutando quelli che erano pezzi dismessi da una villa di Gaucci”. Volendo continuare la “Gaucci story” verrebbero fuori tante altre vicende, dagli insulti contro Matarrese alla relazione con Elisabetta Tulliani, poi signora Fini, all’ingaggio di Carolina Morace, ex calciatrice e prima donna ad allenare una squadra di calcio professionistica maschile.

Col suo fare da spaccone, con quel faccione da “romano de “Roma” Gaucci ha saputo conquistare il cuore dei tifosi di calcio, o almeno di buona parte di essi.

 

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