FAR DURARE GLI SCIOPERI: LE LEZIONI DELLA STORIA (parte seconda)

Tanto più che all’epoca si sviluppava su tutto il territorio una forte solidarietà. Nel XIX° secolo erano pochi gli scioperi su scala nazionale, essi rispondevano soprattutto a questioni locali. “Per conservare la loro clientela, i piccoli comercianti e gli artigiani dovevano sostenere lo sciopero – racconta Mathilde Larrère – C’era meno individualismo. Tutti si conoscevano. Oggi sono sono Carrefour o Intermarché che aiuterebbero gli scioperanti!”.

Una prima svolta si è comunque avuta alla fine del XIX° secolo. “Il capitalismo industriale aveva bisogno di controllare la sua manodopera. La poliattività impediva di sviluppare modelli di organizzazione razionalizzati e permetteva alle classi popolari di fuggire dalle fabbriche”, spiega François Jarrige.

Dopo lo sciopero – Il rientro dei piccoli di Fougère. Si attende l’arrivo del tram che riporta i bambini di Rennes. A sinistra della bandiera, il cittadino Jaurès, a destra, la cittadina Benezech

Bisognava quindi stabilirlo e rompere i modelli di vita autonoma per meglio controllare la popolazione. Paradossalmente, questo è avvenuto in sintonia con i fautori del marxismo che oensavano che una coscienza di classe operaia fosse necessaria per l’avvento del “Grand Soir” (ndr, secondo il sito Linternaute.fr “Il termine Grand Soir è fondamentalmente legato all’ideologia comunista ed è apparso alla fine del XIX secolo. Segnando il legame tra comunisti e anarchici, è spiegato dalle condizioni di vita estremamente precarie degli operai dell’epoca. La Grande Serata designa questo momento all’alba di un nuovo giorno che rovescerebbe non solo il sistema capitalista, ma anche le norme sociali in vigore.”)

Per non essere completamente dipendenti dai padroni e poter continuare a rivendicare, gli operai ricorsero all’epocaa dei sotterfugi. La fine del XIX° secolo segna l’apparizione delle “zuppe comuniste”: risotranti collettivi montati nei villaggi e nelle fabbriche in sciopero. Si distribuiva il cibo nelle “borse da lavoro”. Sorprendentemente, quella di Saint Claude, nel Jura, serve oggi ad una AMAP (ndr, equivalente francese dei Gruppi di Acquisto Solidali). A Parigi, la famosa cooperativa La Bellevilloise aiutava le “zuppe comuniste” della capitale vendendo derrate alimentari a prezzo di costo.

GLI OPERAI IN SCIOPERO VIVEVANO LA SOBRIETA’ VOLONTARIA

Gestiti da e per gli operai, le zuppe dette “comuniste” erano il contrario delle “zuppe popolari” organizzate dalla Chiesa o dallo Stato con finalità caritatevoli.Esse avevano come obiettivo l’emancipazione dei lavoratori. Bisogna immaginare che all’epoca il numero degli scioperanti conosceva una grossa crescita. Si contavano, secondo le statistiche dell’Ufficio del lavoro, 222.700 scioperanti nel 1900, 271.000 nel 1904 e 430.000 nel 1906.

Frazie alle zuppe comuniste, “si mangiava bene e cose buone, e soprattutto si mangiava caldo. Tutto questo era apprezzabile per resistere sino all’obiettivo. …. Gli scioperanti non morivano di fame”, testimoniava l’anarchico Georges Yvetot, in occasione dello scioperao dei lavoratori delle calzature a Fougères (Ille-et-Vilaine). 4200 pasti erano serviti ogni giorno per piùà di tre mesi.

A Fouger’s, il existe

Les soupes communistes

Nos patrons sont vexés

De le voir fonctionner

Ma foi, s’il s’en désolent,

Les ouvriers s’consolent

Qu’ils viennent tous y gouter;

Ils seront épatés”

Chanson d’un ouvrier cordonnier à Fougères

(A Fouger, ci sono le Zuppe comuniste. I nostri capi sono arrabbiati nel vederlo funzionare. E come se ne sono dispiaciuti, i lavoratori si consolano. Lasciateli venire tutti a godersela; saranno stupiti” Canzone di un operaio di calzaturificio)

Gli operai praticavano anche quello che chiamavano “esodo dei bambini”. Per avere meno bocche da sfamare in città durante gli scioperi mandavano i loro figli in campagna da parenti o sostenitori politici. A Graulhet, nel Tarn, nel 1909 losciopero dei conciatori durò 147 giorni. Migliaia di bambini lasciarono la città per essere nutriti dai contadini. “Furono accompagnati in corteo alla stazione, era una vera cerimonia”, riporta François Jarrige.

 

 

Per il ricercatore, “gli operai in sciopero vivevano all’epoca una forma di sobrietà volontaria. Facevano perdurare lo sciopero grazie ad una rete di solidarietà e di aiuto reciproco” che rendeva quella parentesi di povertà (ndr, vedi qui”) meno pesante.

Queste storie fanno direttamente eco a quanto si vive oggi in prossimità di alcuni territori in lotta come Notre-Dame-des-Landes (ndr, vedi qui .) Gli oppositori alla costruzione dell’aeroporto utilizzano ormai le terre della ZAD (ndr, Zona da difendere) per fornire di legumi i picchetti degli scioperanti e sostenere la lotta in città. A Rennes hanno visto la luce delle reti di approvigionamento. Dappertutto in Francia, gli agricoltori della Confederation Paysanne (ndr, vedi) hanno distribuito nel dicembre del 2019 dei panieri agli scioperanti. Una maniera di far rivivere quelle lunghe tradizioni di lotta.

L’autonomia può sembrarci lontana ed inaccessibile ma bisogna immaginare che costituiva la quotidianità di migliaia di donne ed uomini all’inizio del XX° secolo”, dice François Jarrige. Alcuni delle nostre concquiste sociali sono direttamente legate alla resistenza degli scioperanti. “Il fatto che queste lotte siano già esistite deve ispirarci” – ritiene sempre Jarrige – Non spetta che a noi far ricomparire queste pratiche e di ricollegarle con l’autonomia. Noi dobbiamo ricollegare il movimento sociale all’ambiente che lo nutre. E’, a mio avviso, la sfida dell’ecologia politica”.

 

 

 

 

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