Riflessioni sul regime di 41 bis a partire dalla detenzione del compagno Alfredo Cospito

Inizio doverosamente questo articolo riportando le informazioni sulle condizioni di salute Alfredo Cospito, il compagno anarchico attualmente detenuto in regime di 41 bis, rese note da Luigi Manconi dalle colonne di “Il Riformista”: “è arrivato al trentasettesimo giorno di digiuno. Il suo corpo ha perso oltre 20 kg. Il prossimo primo dicembre è prevista la decisione relativa al reclamo presentato dai suoi legali in merito all’applicazione del regime di 41-bis.“. Qui trovate l’intervista rilasciata il 24 ottobre a Radio Radicale dall’avvocato Flavio Rossi Albertini, difensore di Alfredo Cospito.

Franco Serantini

Il primo dicembre vuol dire tra 6 giorni, non proprio una procedura d’urgenza, ma la cosa non deve stupire. La storia delle nostre galere è piena di detenute e detenuti lasciati morire abbandonati a se stessi.  Esemplare la vicenda di Franco Serantiniqui il dossier di A Rivista anarchica – di cui ha scritto Corrado Stajano in “Il sovversivo” e a cui è intitolata la “Biblioteca Franco Serantini” centro di documentazione di Pisa sulla storia politica e sociale del diciannovesimo e ventesimo secolo, fondata nel 1979 su proposta di Franco Bertolucci.

Va sempre ricordato che il carcere uccide, come confermano la statistica aggiornata al 22 novembre pubblicata da ristretti.it : dal 2000 ad oggi sono morte in carcere 3520 persone, di cui 1305 per suicidio.

Il giovane Sante Notarnicola

A poco è valsa la lungimirante visione esposta il 21 gennaio 2000 da Sante Notarnicola, che nel corso di un’intervista a Radio Onda Rossa,  diceva, tra le altre, una cosa molto importante:”… Ci è capitato qualche volta durante assemblee e incontri di sollevare il problema del 41bis e ci siamo sentiti dire dai compagni, quasi con fastidio, “roba di mafiosi”, ecc… Lì capivamo che c’era una grossa incomprensione rispetto al carcere. Perché tu come compagno devi anche essere capace a un certo momento, avere il coraggio di assumerti le tue responsabilità e difendere lo stato di detenzione di Totò Riina. Devi averlo questo coraggio perché le condizioni di detenzione che hanno creato per queste persone all’Asinara prima, e ancora oggi in altre supercarceri, vere pietre tombali, sono persino più feroci di quelle cui eravamo sottoposti noi con l’articolo 90. Il silenzio su questi temi lo stiamo ancora pagando. Perché lì hanno torturato, maltrattato, sono riusciti a far pentire fior di mafiosi che io alcuni li conoscevo: con tanto di pelo così ed una scorza dura… e trovarmeli pentiti è una cosa che non mi sono mai spiegato, se non ammettendo una realtà carceraria che va al di là di quello che dovrebbe esistere in un paese civile. Questo silenzio è stato molto pesante e non ha prodotto indignazione. Perché io credo che nel momento in cui tu vieni arrestato, qualunque reato tu abbia fatto, in quel momento lì sei nelle mani dello stato e lo stato ti deve determinate garanzie. Invece lì le hanno fatte crollare tutte. …”.

A distanza di oltre vent’anni, lue sue parole mi sono tornate alla mente leggendo della detenzione del compagno anarchico Alfredo Cospito in regime di 41bis: parole sagge, a mio avviso sottovalutate da molte compagne e molti compagni. 

Non è però il caso di Osservatorio Repressione che, ad esempio, nel novembre 2010 pubblicava un articolo dal significativo titolo “Carcere: il 41-bis è una tortura, ma tutti tacciono per paura di apparire collusi con la mafia” a firma di Adriano Francesco Verde – Agenzia Fuoritutto. Questo l’incipit: “Il principio costituzionale di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge, continuamente sbandierato come limite e come garanzia fondamentale su cui si regge il nostro ordinamento sembra talmente ovvio che se taluno lo definisse una banalità non si sottrarrebbe ad una censura di blasfemia. Solo coloro che la legge l’applicano (o la subiscono) tutti i giorni sanno che la legge prima ancora di essere applicata va interpretata. Non c’è quindi da stupirsi se si ritenga compatibile con l’anzidetto principio di uguaglianza la disposizione di legge che disciplina il “carcere duro” per i più pericolosi criminali: le disuguaglianze infatti non derivano solo dalla riserva di trattamenti differenti, ma anche dall’applicazione di trattamenti uguali a coloro che si trovano in situazioni diverse….”

Già nel maggio di quest’anno alcuni siti anarchici rendevano nota l’assegnazione di Alfredo Cospito al 41 bis: “Riceviamo e (doverosamente) divulghiamo questo comunicato“Contro il 41 BIS, solidarietà rivoluzionaria con l’anarchico Alfredo Cospito. Giovedì 5 maggio l’anarchico imprigionato Alfredo Cospito ha ricevuto notifica della disposizione nei suoi confronti del regime penitenziario del 41 bis. Al momento Alfredo è ancora detenuto nel carcere di Terni, nell’apposita sezione dedicata. Non sappiamo se questa è una destinazione provvisoria e se ad essa seguirà un trasferimento in altro istituto. Il decreto è stato disposto, come prevede la norma, direttamente dalla ministra della giustizia Marta Cartabia, già presidente della corte costituzionale.

Sullo sciopero della fame ad oltranza è intervenuta anche Radio Black Out: “Estratto dalla puntata del 24 ottobre 2022 di Bello Come Una Prigione Che Brucia – Il prigioniero anarchico Alfredo Cospito ha deciso di lottare facendo leva sui pochi elementi che il regime di 41bis non può sottrarre a chi seppellisce nelle sue segrete: l’erogazione di cibo e il mantenimento IN VITA del corpo della persona detenuta. Il 20 ottobre 2022, tramite la lettura di una memoria difensiva – silenziata in aula dal giudice togliendo l’audio al compagno in videoconferenza – Alfredo ha dichiarato l’inizio di uno sciopero della fame a oltranza contro 41bis ed ergastolo ostativo. Dopo pochi giorni è arrivata la notizia che un altro prigioniero anarchico, Juan Sorroche, si è unito allo sciopero della fame. Grazie al contributo dell’avvocato Flavio Rossi Albertini cerchiamo di affrontare diversi aspetti inerenti la lotta intrapresa da Alfredo, tra i quali la censura che impedisce a questo compagno di prendere direttamente parola e che minaccia con pene dai 3 ai 7 anni di carcere chiunque – avvocati compresi – faciliti la fuoriuscita del suo pensiero da quella struttura di contenimento.”  Qui il link a Radio Black Out in cui potete ascoltare l’intervista con l’avvocato Flavio Rossi Albertini seguita da un comunicato redatto dall’avv. Flavio Rossi Albertini e dell’avv. Maria Teresa Pintus.

Il blog “Volerelaluna” ha di recente pubblicato un documento redatto da un gruppo di avvocati – i primi firmatari del comunicato sono 21,  ma immagino, e spero, che altri abbiano aderito – che potete leggere integralmente qui . Questo l’incipit:  “Il 6 luglio scorso la Corte di Cassazione ha deciso di riqualificare da strage contro la pubblica incolumità (articolo 422 codice penale) a strage contro la sicurezza dello Stato (art. 285 codice penale) un duplice attentato contro la Scuola Allievi Carabinieri di Fossano, avvenuto nel giugno 2006 (due esplosioni in orario notturno, che non avevano causato nessun ferito) e attribuito a due imputati anarchici. L’originaria qualificazione di strage prevede l’applicazione della pena non inferiore a 15 anni di reclusione, l’attuale, invece, la pena dell’ergastolo. Sembra paradossale che il più grave reato previsto dal nostro ordinamento giuridico sia stato ritenuto sussistente in tale episodio e non nelle tante gravissime vicende accadute in Italia negli ultimi decenni, dalla strage di piazza Fontana a quella della stazione di Bologna, da Capaci a via D’Amelio e via dei Georgofili ecc. Nel mese di aprile 2022 uno dei due imputati era stato inoltre destinatario di un decreto applicativo del cosiddetto carcere duro, ai sensi dell’art. 41 bis comma 2 ordinamento penitenziario (introdotto nel nostro sistema penitenziario per combattere le associazioni mafiose e che presuppone la necessità di impedire collegamenti tra il detenuto e l’associazione criminale all’esterno per fini criminosi), altra vicenda singolare essendo notorio che il movimento anarchico rifugge in radice qualsiasi struttura gerarchica e/o forma organizzata, tanto da far emergere il serio sospetto che con il decreto ministeriale si voglia impedire l’interlocuzione politica di un militante politico con la sua area di appartenenza piuttosto che la relazione di un associato con i sodali in libertà. …”

L’osservazione, a proposito dell’applicazione del 41 bis comma 2 ad un dei due imputati, è a mio avviso interessante: “altra vicenda singolare essendo notorio che il movimento anarchico rifugge in radice qualsiasi struttura gerarchica e/o forma organizzata”. Personalmente ritengo che proprio questa peculiarità del movimento anarchico sia la ragione dell’accanimento contro anarchiche ed anarchici. La lotta contro le organizzazioni combattenti degli anni 70 e seguenti, in primis le Brigate Rosse,  si è rivelata quanto mai lunga e difficile ed è risultata vincente grazie agli infami, come Patrizio Peci, e all’impiego della tortura, e segnalo in proposito la più che esauriente ricostruzione delle malefatte del “Dottor De Tormentis” – al secolo Nicola Ciocia – documentata su Insorgenze.net  , il blog del compagno Paolo Persichetti, ex bierre che scontata la pena è diventato un apprezzato saggista e per questo perseguitato dallo Stato per la sua attività di controinformazione sulla vicendaMoro, di cui segnalo volentieri “La polizia della storia” . Combattere contro un nemico che è difficile individuare ed eliminare definitivamente, una sorta di Idra di Lernia, è decisamente molto più difficile. Da qui la scelta di un gesto terroristico come la detenzione di Alfredo Cospito in regime di carcere duro.  La Procura di Torino aveva usato lo stesso metodo contro compagne e compagni impegnati nella lotta contro il TAV – correttamente definito Treno ad Alta Voracità, visto il giro di interessi, palesemente mafiosi e non che ci sono dietro – imputandoli di terrorismo salvo essere regolarmente sbugiardati dalla Cassazione.

Sempre  “Volerelaluna”, ospita un intervento un intervento dell’ex magistrato Livio Pepino, qui, di cui riporto la parte finale: ” … I detenuti inseriti nel circuito del 41 bis sono, secondo l’ultima rilevazione nota (XVIII Rapporto Antigone: https://volerelaluna.it/materiali/2022/05/12/il-carcere-visto-da-dentro/), ben 749 e un numero così elevato (insieme alla durata molto prolungata della misura) evidenzia che tale regime penitenziario si è trasformato in uno strumento ordinario di “guerra alla mafia” (e non solo), assumendo non a caso, nel linguaggio comune, ladenominazione di “carcere duro”. Inoltre le limitazioni imposte a chi vi è sottoposto, lungi dal rispondere all’esclusiva esigenza di impedire contatti con gli appartenenti all’organizzazione criminale di riferimento, assumono un significato repressivo-punitivo ulteriore rispetto alla privazione della libertà ed evocano «l’idea di un sistema intransigente che mira a “far crollare” (anche sul piano psicofisico) chi vi viene sottoposto, puntando, sempre in forma latente, alla “redenzione”, cioè alla collaborazione con la giustizia, principale “criterio di accertamento della rottura dei collegamenti con la criminalità organizzata”: sentenza Corte costituzionale n. 273/2001» (XVIII Rapporto Antigone, cit.). Difficile non concordare con tale valutazione se si guarda alle condizioni di chi è sottoposto al 41 bis: detenzione in cella singola, due ore giornaliere di socialità in gruppi composti da massimo quattro persone, possibilità di un colloquio al mese con i soli familiari e dietro vetro divisorio della durata di un’ora con la video e audiosorveglianza di un agente di polizia penitenziaria, partecipazione alle udienze esclusivamente “da remoto”, limitazione degli oggetti che possono essere ricevuti dall’esterno, censura della corrispondenza e molto altro. Ancor più difforme dal modello “costituzionale” del 41 bis è la specifica situazione di Cospito, primo e unico anarchico ad esservi sottoposto in forza di una misura esplicitamente motivata con la sua attività di propaganda e proselitismo assai più che con la dimostrata esistenza di contatti con appartenenti a una medesima organizzazione (sulla cui esistenza la stessa sentenza 6 luglio 2022 della Corte di cassazione mostra non pochi dubbi allorché afferma che «non v’è chi non veda come la stessa esistenza di una struttura organizzata si ponga in ideale conflitto con lo spirito anarchico […], spirito certamente refrattario a vincoli e gerarchie»: p. 41 dattiloscritto) e già sottoposto per almeno sei anni – come si è detto – a un regime detentivo differenziato ma senza il surplus di restrizioni che caratterizzano il 41 bis e inserito in questo circuito in mancanza di qualsivoglia fatto nuovo.” .  Questa la conclusione di Pepino: “Questo il quadro evidenziato da uno sciopero della fame che rischia di trasformarsi in tragedia: un quadro su cui è necessario intervenire in modo puntuale, sia sul piano legislativo (e, dunque, con effetti generali) che su quello amministrativo con riferimento al caso specifico. È, a dir poco, improbabile che ciò accada, ma non è una buona ragione per accettarlo acriticamente.”. Si tratta dunque di accettarla,  criticandola, ma accettarla?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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