Libri da recuperare: Laura Conti – “Che cos’è l’ecologia – Capitale, lavoro e ambiente” (Mazzotta editore, 1977)

Laura Conti (Udine 1921 – Milano 1993) è una delle donne più straordinarie che abbia avuto la fortuna di conoscere. Negli anni settanta seguivo il Consiglio Regionale della Lombardia, di cui lei faceva parte come rappresentante del gruppo PCI. Ma attenzione ad arricciare il naso – lo dico pensando alla miserabile fine di quel partito – perché Laura Conti non ha mai tradito la definizione che di lei diede lo scrittore e giornalista comunista Mario Spinella: «Obiettività scientifica e partecipazione affettuosa, lucidità di analisi e impegno militante». Come ebbe a scrivere di lei sull’Enciclopedia delle Donne Renata Borgato (vedi qui) “Non ebbe mai alcuna remora a prendere posizioni contrarie a quelle ufficiali del partito in cui militava, come avvenne per esempio nella questione del nucleare, decisamente avversato, in contrasto con quanto sostenuto dal PCI.”.

Devo aggiungere che allora avevo appena intrapreso il percorso politico che dall’essere, per pochi mesi, giovane socialista della corrente di Riccardo Lombardi – comandante partigiano, politico ed economista, di cui conto di parlare prossimamente –  mi porterà ad approdare all’area anarchica, attraverso un percorso che mi ha sempre visto fuori dalle logiche istituzionali, a differenza dei cosiddetti extraparlamentari che non hanno esitato a salire sul carrozzone dei partiti, a volte fondandone di nuovi ma nella vecchia logica della corsa al “cadreghino”, Mario Capanna ad esempio.  A proposito del libro citato, “L’ape e l’architetto”, non è da escludere che a quel titolo si sia ispirato il collettivo di brigatisti, coordinato da Renato Curcio, che nel 1980 pubblicò “L’ape e il comunista“.

Attualmente i libri e i materiali personali d’archivio di Laura Conti sono collocati nella Fondazione Micheletti di Brescia.

Quella che segue è la trascrizione di alcune passaggi tratti da “Che cos’è l’ecologia”, libro ancora disponibile in rete e di cui consiglio caldamente la lettura.

Quali forze per questa politica

Le proposte fatte sin qui, pur nei loro squilibri e nelle loro approssimazioni, e per certiaspetti genericità, configurano però – almeno spero – un primo abbozzo di proposta per una politica di recupero e tutela dell’ambiente. Ma “una politica” non è fatta tanto di proposte, quanto di classi sociali che elaborano una strategia e una tattica, conducono lotte, stringono alleanze. C’è da chiedersi come mai, mentre tutti gli italiani senza esclusione di classe (tranne forse pochi privilegiati che trascorrono il loro tempo in crociere e safari) hanno interesse al recupero e alla tutela dell’acqua, dell’aria, del suolo del nostra Paese, le risorse intellettuali che si investono in questi problemi siano sempre le risorse spese da piccoli gruppi privi di qualsiasi potere, o addirittura da individui isolati, mentre i diversi partiti politici e le organizzazioni sindacali hanno trascurato quasi completamente la questione.

 

I motivi sono diversi, ovviamente, per i diversi partiti. Quelli che difendono il rapporto capitalistico di produzione non possono impegnarsi in una battaglia che, spinta coerentemente, verrebbe a contraddire i presuppostisu cui si findano, e a contrastare gli interessi della classe che difendono. Tutt’al più possono fare l’ecologia dei parci, l’ecologia del panda. C’è contraddizione tra il dire che tutti i cittadini hanno un unico interesse, un interesse comune alla tutela ambientale, e il dire che c’è una classe che ha interesse al saccheggio e alla degradazione delle risorse ambientali? No, non c’è contraddizione; o meglio:la contraddizione non è nelle parole, la contraddizione è nei fatti, perché il capitalista in quanto capitalista ha interessi che contrastano quelli dell’uomo che pure è. Perciò è meglio parlare di “capitalismo” piuttosto che dei “capitalisti”.

Oggi non è più vero che il rapporto capitalistico di produzioneimpedisce agli uomini di sviluppare la propria personalità e di vincere l’alienazione: (Vedi nota) oggi è vero, o sta per verificarsi, che il rapporto capitalistico di produzioe impedirà agli uomini, e anche a altre specie, di vivere. La società capitalistica uccide la specie (o meglio le specie). La lotta contro chi compromette la natura(la vita della specie e delle specie) deve trovare il suo protagonista nella società: cioè in una classe sociale; e non può trovarla se non in quella classe sociale che si contrappone al capitale in quanto ne è sfruttata, cioè la classe lavoratrice. Protagonista in ragione di un fatto sociale, lo sfruttamento che subisce, la classe lavoratrice potrà trovare vaste alleanze in ragione del fatto che la sua lotta difende gli interessi non solo suoi propri ma delle specie, cioè dell’umanità come appartenente alla dimensione del naturale.

 

Nota “Si comincia a constatare che, nell’occidente capitalistico, l’impetuoso flusso di innovazioni tecnologiche, se riversa da un lato sui privilegiati fiumi di merci, spesso aggrava dall’altro le condizioni di esistenza dei più diseredati”: tale posizione, largamente condivisa fino a pochi anni fa tra molti comunisti, secondo Marcello Cini (L’ape e l’architetto, Milano, Feltrinelli, 1976) si è poi evoluta, per il farsistrada della “convinzione che non fosse sufficiente fermarsi alla critica dell’uso capitalistico della scienza, ma che occorresse spingersi oltre fino a esaminare se anche nel tessuto stesso della scienza – nei suoi contenuti e nei suoi metodi – non si potessero rintracciare le impronte dei rapporti sociali di produzione capitalistici, nell’ambito dei quali essa viene oggi prodotta”. Credo di poter condividere questi giudizi di Cini (vedi anche pp. 64-66 di questo libro) però retiniche la più valida constatazione non solo dell’uso della scienza, ma anche dei suoi contenuti e dei suoi metodi, nasca proprio da quella osservazione globale del mondo che è l’osservazione ecologia (a dire il vero mi sembra che l’ecologia politica, cioè  lo studio di come i rapporti sociali all’interno della specie umana influiscano sull’ambiente naturale e sulle altre specie viventi, costituisca un punto di vista più significativo). Vedi anche quanto scrive Robert Jungk sulla scienza e la tecnologia come ideologia (p.65, nota 11). La critica che muove Jungk(“La tecnologia trae in parte la sua straordinaria potenza dal controllo e dalla concentrazione di forze diffuse per raggiungere obiettivi più ristretti da essa stabiliti.”) coincide con la critica che muove Barry Commoner: “Il disegno frammentario della tecnologia riflette il suo fondamento scientifico, perché la scienza è suddivisa in discipline ampiamente dominate dalla concezione che i sistemi complessi possono essere compresi solo se prima vengono spezzettati nelle varie parti componenti.

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