“Fratello senza peccato”: la giornalista e scrittrice Brunella Lottero ci fa scoprire “Fabri” e “Fili”: un amore senza peccato

Fabrizio De André oggi avrebbe settantasette anni. Filippo Mariotti, il suo fattore, oggi ha ottantun’anni e ancora adesso ogni giorno é all’Agnata a coltivare la terra e i sogni di Fabrizio De André”, come scrive Brunella Lottero nel risvolto di copertina del suo ultimo libro “Fratello senza peccato” (Nulla Die Nuovo Ateneo, 151 pagine € 14).

Su Faber – nomignolo, pare affibbiatogli dall’amico d’infanzia Paolo Villaggio, fondendo l’amore per pastelli e matite della Faber-Castell con l’assonanza al nome – sono stati scritti fiumi di inchiostro, specie dopo la sua prematura scomparsa a 59 anni, alcuni dei quali più per smania di protagonismo degli autori che perché avessero qualcosa di nuovo, o comunque di meritevole da dire.

Con l’intuito della giornalista di qualità, Brunella Lottero ha lavorato invece ad un libro che ci permette di conoscere “Fabri” nel racconto di “Fili”, cioé Filippo Mariotti (Nella foto a sinistra con Brunella). E lo ha fatto con la sensibilità della scrittrice vera, raccogliendo il racconto del fattore dell’Agnata e restituendolo nel massimo rispetto dei contenuti e senza falsarne la spontaneità del linguaggio. Ma soprattutto facendoci apprezzare quella che é stata, e resta, una grande storia d’amore. Un amore senza peccato.

Racconta Filippo: “Fabrizio e io ci siamo conosciuti negli anni Settanta, ci siamo trovati a Tempio nei bar, ci siamo conosciuti così. Io avevo un trattore, ero indipendente, lavoravo quando mi chiamavano, ma mi ero stufato e non ce la facevo più. Ho chiesto a Fabrizio se conosceva qualcuno per farmi avere un posticino alla Forestale. Perché vuoi entrare proprio nella Forestale, mi ha chiesto Fabrizio, perché non vieni a lavorare con me, Filippo?

Da allora Filippone, come amichevolmente lo chiama ormai Brunella, ha sempre lavorato all’Agnata, instaurando  con Fabrizio un rapporto destinato a cementarsi e diventare quello raccontato in “Fratello senza peccato”.

Brunella Lottero, giornalista e scrittrice di talento, é anche una cara amica da decenni, dai bei tempi in cui in tanti pensavamo di cambiare il mondo. La nostra amicizia é rimasta salda pur avendo avuto un percorso dall’andamento “carsico”, ed infatti ci siamo ritrovati negli ultimi anni attraverso i social media e ci siamo rivisti lo scorso anno a Torino, dove siamo stati meravigliosamente ospitati da lei e dalla sua splendida famigliola. Questo mi ha consentito di raggiungerla telefonicamente nel suo rifugio estivo alle Eolie.

“Avevo visto Filippo nel bel documentario “Faber”, di Bruno Bigoni e Romano Giuffrida, (vedi qui) – racconta Brunella – e mi aveva colpito l’aneddoto in cui racconta l‘episodio del cinghiale: soprattutto mi aveva colpito quella sua bella risata, spontanea, di cuore, che ti mette tanta allegria..”.

E poi ci fu l’incontro.

Sì, circa cinque anni fa vado all’Agnata e lo incontro: chiacchieriamo un po’, poi lui se ne va alla stalla. Il giorno dopo lo incontro di nuovo e timidamente gli accenno alla possibilità di raccontarmi Fabrizio dal suo punto di vista, per fermare nero su bianco un racconto che altrimenti sarebbe sparito nel nulla. Lui si prende un giorno di tempo poi acconsente: un accordo tra persone d’onore, in cui basta un sì ed é cosa fatta.”

Inizia così il percorso che ha portato a questo “Fratello senza peccato. Percorso non senza insidie, visto che Brunella si é trovata ad usare tutta la sua diplomazia per rifiutare gentilmente il bicchiere di grappa offertole alle otto del mattino: l’unico che Filippo si concedeva e che bastava fino a sera.

Lo stesso Filippo aveva sottolineato più volte nel documentario il concetto di “Fratello senza peccato” e lo ribadisce nella lunga intervista/racconto da cui é tratto il libro. Lo fa con molta semplicità, senza imbarazzo, quasi con ingenuità. Tanto che, parlando del rapporto tra loro, fatto anche di furibonde litigate, a suon di terribili insulti che sfumavano nel nulla in poche ore, a un certo punto racconta: “Un giorno abbiamo litigato forte, Fabri dalla sua finestra, io da sotto, urlavamo tutt’e due, lui dall’alto io dal basso, come Romeo e Giulietta. Ce ne siamo dette di tutti i color, urlando per un bel po’ di tempo….“.

Ad un certo punto Fabrizio decise di trasformare L’Agnata in un agriturismo, progetto a cui Filippo era contrario: “Fabrizio non mi ha ascoltato. E quando veniva qui, per colpa dell’agriturismo, Fabrizio stava in camera sua, notte e giorno chiuso dentro. Non era una bella vita“.

La stanza in questione era la n° 21, “La luna”. “E io ho avuto la fortuna di dormirci, perché quando sono arrivata non c’erano altre camere libere e così mi hanno assegnato quella. –  Io pensavo fosse uno scherzo, quando me l’hanno detto, ma Filippo mi ha confermato che era vero“. Ed infatti ad un certo punto Filippo parla della stanza di Fabrizio, gran fumatore come e forse più di lui: “Sai quante lenzuola ha bruciato? Di notte magari si metteva a dormire con la sigaretta in mano. Nella sua camera, la 21, c’era cenere dappertutto. Ogni tanto girava anche il portacenere che cadeva per terra. Nella sua stanza c’era un sacco di fumo, Fabrizio respirava il suo fumo, non c’era più aria, c’era solo il fumo delle sigarette di Fabrizio. Non si poteva entrare. C’era la nebbia”.

Il libro é un susseguirsi di racconti. Brunella infatti non ha voluto rendersi in qualche modo co-protagonista: da giornalista e scrittrice di qualità si é “limitata” a sbobinare il racconto del fattore e trascriverlo, intervenendo solo il minimo indispensabile. Ne risultano così tanti piccoli racconti, quadretti in cui il fratellone, Fili, parla del fratello più piccolo, Fabri, l'”amico fragile”.

Da giornalista posso assicurare che ci sono interviste in cui le domande sono molto più lunghe delle risposte per soddisfare il bisogno di apparire dell’intervistatore. Lei invece se ne é “permessa” solo due, nelle ultime pagine, per mettere in chiaro un punto molto importante:

D. “Prima di venire qui, tu Filippo, sapevi chi era Fabrizio De André?”

R. “No, assolutamente, per me era uno sconosciuto che aveva comprato l’Agnata.”

D. “Tu hai accolto Fabrizio De André, che per un sacco di gente era già un mito, come uno qualunque?

R. “Fabrizio non si comportava certo come un mito, era una persona aperta, alla mano“.

 

 

 

 

 

 

 

Concludo con la bella poesia di Brunella, al termine del libro:

"La poesia,

come l'amore, vive sopra le foglie

tra le nuvole

e nella luce delle stelle.

Se conosci la foglia,

riconosci l'albero

che vive 

nel bosco del tempo

e misura la vita

con i ricordi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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