Nel paese il razzismo è approvato e perpetuato anche dai “meno sospettabili”, un razzismo “inconsapevole” e “bonario” diffuso tra le persone comuni e accettato perfino da chi pensa di non avere stereotipi o pregiudizi.

Per quanto riguarda il razzismo alimentato dalla politica, è importante fare una ricognizione del passato e cercare di allontanarsi da una concezione eurocentrica della storia. Nel 1950 Aimé Césaire, uno dei più importanti intellettuali postcoloniali, accusava già di ipocrisia l’europeo borghese e bianco suo contemporaneo.

Nel suo Discorso sul colonialismo denunciò il fatto che razzismo e colonialismo fossero ampiamente accettati nell’Europa illuminata, umanista e cristiana, e che ogni volta che si organizzavano campagne coloniali nel nome del progresso dell’occidente non si faceva altro che banalizzarli.

Quel che il borghese europeo non perdona a Hitler non è il crimine come tale, il crimine contro l’uomo; non è l’umiliazione dell’uomo in sé, ma il crimine contro l’uomo bianco, il fatto di aver applicato all’Europa metodi coloniali finora riservati agli arabi di Algeria, ai coolies dell’India e ai negri d’Africa.

Per parlare di colonialismo Césaire usa dunque come termine di paragone il nazismo in Europa. Senza sminuire la portata micidiale e l’efferatezza di quella dittatura, il poeta originario della Martinica faceva notare che fino a quel momento nessuno aveva parlato però dei metodi nazisti – accettati da tutti – nei confronti dei popoli soggiogati all’imperialismo occidentale.

Nel dopoguerra in occidente la banalità del male di cui avrebbe scritto Hannah Arendt nel 1963 e l’indifferenza nei confronti di chi era discriminato e ucciso per il solo fatto di avere origini o religioni diverse erano all’ordine del giorno, come provava a spiegare Césaire. Si pensi al razzismo nel mondo della scienza e alla categorizzazione razziale, insegnata nelle più prestigiose università europee. Si pensi al fatto che nel 1948, quando le Nazioni Unite adottarono la Dichiarazione universale dei diritti umani, milioni di persone vivevano sotto l’egemonia coloniale di paesi formalmente democratici.

Capire il presente
Questi passaggi storici sono fondamentali per capire il presente. Oggi, come si è detto, è facile ridurre il razzismo al fascismo strisciante in molte società, e parlare del “pericolo delle destre” e di come sia importante arginarle. Sebbene sia vero che i partiti, i movimenti e le persone che si muovono in quest’area giochino un ruolo cruciale nell’alimentare xenofobia e violenza, il razzismo strutturale non dipende unicamente dagli episodi di violenza a sfondo razziale e da qualche partito che urla affinché i porti restino chiusi.

Oxfam: «Il campo di Moria a Lesbo è un simbolo di disumanità nel cuore dell’Europa»

Basti pensare al tacito consenso dei governi europei, tutti democratici, ai campi di Moria, in Grecia, dove si imprigionano migranti di ogni età e origine, e dove i diritti umani vengono negati. O alle politiche che prevedono la costruzione di sempre più barriere, “abissi di separazione tra coloro che godono dell’esercizio di diritti – proprietà, circolazione, sovranità – e coloro che non hanno diritto di avere diritti”, per usare le parole del filosofo camerunese Achille Mbembe. Oppure, ancora, allo sfruttamento di uomini e donne migranti che continuano a vivere nel limbo dell’irregolarità perché leggi come la Bossi-Fini portano all’emarginazione sociale delle persone di origine straniera. E infine si pensi agli accordi con la Libia, a cui è affidata una parte della gestione dei flussi migratori, nonostante nel paese si consumino quotidianamente gravi violazioni dei diritti umani nei confronti di chi vuole imbarcarsi per raggiungere l’Europa.

Il razzismo “inconsapevole” è di tipo culturale. Mancando una sua seria messa in discussione – e un’operazione che lo smonti e lo decostruisca – è spesso meno visibile, difficile da cogliere anche da chi pensa di essere “antirazzista”, perché ha comunque assorbito pregiudizi e percezioni distorte nei confronti di altre nazionalità o appartenenze etniche.