La breve, luminosa carriera di Emily Remler, chitarrista jazz “con un grosso pollice, come Wes Montgomery”

Una delle cose che apprezzo di Youtube è la possibilità di scoprire, partendo dalle proprie conoscenze musicali, tantissimi musicisti che poi ti domandi come hai potuto non conoscerli prima. E’ questo il caso di Emily Remler: definita da “GuitarList” “la prima, e forse ancora oggi l’unica grande chitarrista Jazz”.

I due piani superiori di un edificio all’Aia dedicati da un artista sconosciuto a 6 grandi jazzisti: in alto, da sinistra Duke Ellington, Charlie Parker, Louis Armstrong, sotto, da sinistra Emily Remler, Ray Brown e John Coltrane.

Emily nasce a New York, da una famiglia di origini ebraiche, ed inizia a suonare la chitarra a 10 anni. Nel 1976 studia al Berklee College of Music di Boston (Massachusetts) e abbandona la fase ispirata all’hard rock e pop per dedicarsi al 1976. I musicisti che influenzarono maggiormente la sua crescita jazzistica sono grandi musicisti: innanzitutto il grande chitarrista Wes Montgomery, ma anche Miles Davis e John Coltrane.

Lasciato il College Emily suonò nei club di New Orleans fino al 1981, anno in cui incise il primo disco, Firefly, accompagnata dal  pianista Hank Jones, dal bassista Bob Maize e dal batterista Jake Hanna. Nel 1982 è la volta di Take Two, con James Williams al piano, Don Tompson al basso e Terry Clarke alla batteria.

Nel 1982, in un’intervista del 1982 al periodico People, Emily si definisce così: “Posso sembrare una simpatica ragazza ebrea di NY, ma dentro sono un omone di colore di 50 anni con un grosso pollice, come Wes Montgomery”.

Suo grande sostenitore sin dall’inizio è Herb Ellis, chitarrista messosi in luce per aver suonato nel trio di Oscar Peterson negli anni 1953/1958. Il critico Scott Yanow lo descrisse come “un eccellente chitarrista bebop con una sfumatura country”. Emily era per Jim HallEllis Emily “la nuova superstar della chitarra”.

Altri grandi chitarristi tra gli estimatori della giovane star sono stati Jim Hall  “assolutamente incredibile” e Charlie Byrd, affascinato  “dalla grande autorità„ con cui gioca il genere di musica che gradisce.

Seguiranno altri quattro album: Transitions (1983), Catwalk (1984), Together – con Larry Coryell (1985) e East to Wes (1988), un omaggio al suo grande ispiratore.

Nel 1990 Emily Remler incise This is me, ma la sua carriera era però destinata a chiudersi brutalmente: il 4 maggio dello stesso anno, infatti,  durante una tournée in Australia, Emily fu stroncata da un attacco di cuore, probabilmente legato alla sua dipendenza dall’eroina.

Emily in un opera del pittore Bruni

Di seguito, tre autorevoli pareri sulla grande, sfortunata chitarrista e la traduzione (mia) di un breve articolo del giornalista statunitense Steven Cerra pubblicato da “Jazz profiles”,che introduce  lungo articolo del critico musicale Gene Lees che potete leggere cliccando qui.

“Il suo tempo è così sicuro, in modo scorrevole, che è naturale per lei come la respirazione. Così è il suo calore – di tono e di concezione. Emily è una “natural story teller” capace di mantenere la linea narrativa viva con un preciso senso di dinamica e colore.” (Nat Hentoff, Jazz critico e scrittore)

“Emily era altrettanto abili a giocare con o senza un pick in tali diversi stili come bop, jazz-rock e musica latina; la sua riproduzione incorpora il fluido ad un ottavo di nota passaggi, doublings all’ottava nel modo di Wes Montgomery e blues fraseggio.”
– Jim Ferguson, il New Grove Dictionary of Jazz

“Remler è assurda la morte precoce (da insufficienza cardiaca durante il tour in Australia) ci priva di un talento che sembrava sul punto di svolta. Mentre i suoi primi modelli erano quelli conservatori in termini del suo strumento – Cristiano e Montgomery, in particolare – la sua dura improvvisazione e l’affinità con la vigorosa sezione ritmica permise di spingere uno stile mainstream ai suoi limiti di logica.”
– Richard Cook e Brian Morton, Penguin Guide to Jazz su CD, 6° Ed.

Emily Remler: Jazz Guitarist

di Steven Cerra

Emily Remler

“Non ho conosciuto le circostanze della morte della chitarrista Emily Remler fino a quando ne ho letto nel saggio-intervista di Gene Lees su Jazz Profiles. Sembrava destinata ad essere un appuntamento fisso sulla scena Jazz degli anni ottanta e la cosa che ho sentito dopo era che lei non avrebbe superato la fine del primo anno del nuovo decennio.

Emily è morta il 4 maggio 1990 per insufficienza cardiaca che può essere stata causata dalla sua dipendenza da oppiacei; aveva trentadue anni.

Si parla troppo in questi giorni di affrontare demoni, promuovere la buona salute attraverso una varietà di mezzi commerciali e l’auto-aiuto e sviluppare una maggiore consapevolezza di per mezzo di una varietà di tecniche per far crescere la consapevolezza. Qualunque siano le ragioni del comportamento auto-distruttivo di Emily e nonostante i  molti suggerimenti  di ciò che avrebbe potuto fare, ho pensato che era una straordinaria (heckuva nel testo, ndr) chitarrista jazz e mi dispiace sentire che la sua voce è finita nel silenzio.

Non sono molti i bravi musicisti jazz. Emily era una che poteva suonare ad un livello molto alto ed è stata una tragedia perdere certi talenti ad una giovane età. Morire dovrebbe essere riservato ai vecchi.

La redazione a JazzProfiles ha voluto ricordare Emily su queste pagine con il saggio di Gene Lees, come forma di omaggio.”

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