Giornali e giornalisti indipendenti dai “poteri forti”? C’è chi dice di no, e non è un anarchico …

Immagine tratta da il “Post” del 31 luglio 2020

“Charlie” è la newsletter de Il Post “sui giornali, fatta per chi li legge. Che siano di carta o che siano online, li si capisce meglio se si sa cosa stia succedendo intorno”. Parla di giornali e giornalisti ma in maniera tutt’altro che banale e non per “addetti ai lavori”, come precisa il sottotitolo, e ne consiglio la quindi lettura.

In questo numero c’è un “prologo” che trovo decisamente interessante e che voglio quindi rilanciare”.

“Il prologo di questa newsletter due mesi fa diceva: “C’è da sempre un rapporto poco sano tra molte procure e molti giornalisti che supera il normale uso delle fonti nel giornalismo, e limita da sempre l’autonomia di giudizio e di scelta, e l’imparzialità, dell’informazione”. Nei giorni scorsi ha avuto qualche attenzione la serie di tweet di un giornalista italiano freelance che lavora a inchieste pubblicate spesso all’estero, che ha denunciato con toni più polemici e puntuali cose simili: “Non è una questione di coraggio individuale, ma di dipendenza strutturale delle grandi redazioni dalle procure. Tutta la cronaca giudiziaria si fa sulle carte che passano le procure, e le procure agiscono di puro arbitrio nel passare materiale ai giornali”.
Avere rapporti con le istituzioni investigative è normale, per i giornalisti: la differenza la fa il ricordarsi di dover poi “sorvegliare i poteri” oppure diventarne leali e affidabili complici. E meccanismi simili riguardano anche le relazioni discrete e servili con le forze dell’ordine, cosiddette. Le pagine di questa settimana sulle violenze contro i detenuti mostrano il carattere indomito e tenace del giornalismo, o mostrano – se è vero come ora scrivono tutti che cose simili avvengono frequentemente in molte carceri, e che sono note e tollerate – che si sono chiusi parecchi occhi anche nelle redazioni? A raccontare al pubblico cosa sia successo sono stati ancora documenti di un’inchiesta giudiziaria, un anno dopo che le prime accuse erano state fatte: non severe e martellanti inchieste disposte dai giornali italiani al tempo.
(senza nulla togliere al lavoro su quei documenti fatto dal quotidiano
Domani prima di ottenere dall’inchiesta i video risolutivi).

E la disponibilità promozionale e sbiancante nei confronti delle polizie – con cui si hanno intensi e proficui scambi – si è vista questa settimana anche nelle formule accortamente scelte con cui sono stati raccontati da un grande quotidiano, solo tra giovedì e venerdì, dei casi acclarati di violenze da parte delle polizie: “cinque militari che, per quei reati gravissimi con cui hanno disonorato la gloriosa divisa, vengono condannati fino a 12 anni di carcere”; “le estorsioni e le rapine che hanno infangato la divisa gloriosa dell’Arma“; “Il leader della Lega, Matteo Salvini, visita il carcere Santa Maria Capua Vetere, dove è stata aperta un’inchiesta su presunti pestaggi sui detenuti da parte della polizia penitenziaria”. E simili approcci deferenti sono stati usati dalle maggiori redazioni milanesi per accontentare le richieste ricevute di indebolire le accuse di reazioni violente sproporzionate da parte di alcuni carabinieri, in un caso avvenuto questa settimana.

Tante storie diverse in pochi giorni, ma dicono cose simili sulla limitata disponibilità alla vigilanza nei confronti degli abusi dei “poteri”. Fine di questo prologo.”

 

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