Repressione: se non si riesce a lavare i panni sporchi in casa, lo “sportwashing” è la soluzione La denuncia del fuoriclasse della F1 Hamilton
La questione dello sport complice con i regimi autoritari o dittatoriali è tanto nota quanto bellamente ignorata, e la storia del calcio è ricca di esempi, dai mondiali del 1934 organizzati nell’Italia Fascista, e nel ’36 nella Germania di Hitler, a quelli del 1978 nell’Argentina dei colonnelli, dalla Coppa del 2018 assegnata alla Russia alla prossima che si terrà in Qatar.
Il calcio non è certo l’unico sport colpevole di complicità coi regimi dittatoriali, ma essendo probabilmente lo sport più seguito nel mondo non si può non partire da lì.
Ricordiamo, ad esempio la partecipazione dei tennisti italiani Paolo Bertolucci e Adriano Panatta alla vittoriosa finale di Coppa Davis, a spese del Cile del dittatore Pinochet, nell’Argentina dell’altro dittatore, Videla.
Dicono le cronache che “la notte precedente, un Adriano irrequieto e determinato nel dare un segnale decisivo, raggiunge il compagno in camera d’albergo con una proposta: “Paolo, ma se domani scendessimo in campo con delle Magliette Rosse?”. Questo il racconto da “Storie di sport”: “… Ascenzietto, il figlio del custode del Tennis Club Parioli, segue il suo cuore, da sempre a sinistra, e la sua indole, e provoca. Provoca Augusto José Ramón Pinochet Ugarte, il dittatore che ha cancellato la democrazia nel primo “11 settembre”, quello del 1973, con un colpo di Stato che ha spinto il presidente socialista Salvador Allende al sacrificio estremo.”
Un elenco esauriente è sicuramente difficile da stilare, ma possiamo ricordare il Dakar Rally 2020, tenutosi in Arabia Saudita, il Gran Premio motogp in Qatar dal 2004, e successivamente anche del WorldSBK, e quello di Abu Dhabi, dal 2009. Abu Dhabi è inoltre socio di maggioranza del City Football Group, che a sua volta possiede numerose squadre di calcio, tra cui Manchester City F.C., Melbourne City FC e Montevideo City Torque, e partecipazioni minoritarie in New York City FC, Yokohama F.Marinos, Girona FC, Sichuan Jiuniu F.C. e Mumbai City FC .
Un discorso a parte andrebbe poi fatto per le Olimpiadi, “sportwashing event” per eccellenza e autentico veicolo di penetrazione delle multinazionali. Emblematici i casi di Juan Antonio Samaranch, ex presidente del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e elemento di spicco della dittatura di Francisco Franco, e di Mohamad Bob Hasan, ex membro del CIO e ministro del dittatore Suharto. Ciliegina sulla torta, l’assegnazione dell'”Ordine Olimpico” a personalità dittatoriali e sanguinarie come Nicolae Ceaușescu e il regista delle efferatezze statunitensi in mezzo mondo, Henry Kissinger.
“La questione dei diritti umani in così tanti dei luoghi in cui andiamo è un problema consistente e massiccio“, ha detto Hamilton, parlando proprio in Bahrein, che è stato accusato di lavaggio sportivo, tortura e oppressione. “È molto, molto importante. Quest’anno ha dimostrato quanto sia importante non solo per noi come sport, ma per tutti gli sport in tutto il mondo utilizzare la piattaforma che hanno e spingere per il cambiamento. Siamo uno degli unici che va in così tanti paesi diversi. Come sport dobbiamo fare di più. Abbiamo fatto un passo in quella direzione, ma possiamo sempre fare di più “.
Sempre dal quotidiano britannico si apprende che ” ad Hamilton è stato chiesto di affrontare la questione in lettere inviategli da tre cittadini del Bahrein affermando di essere stati vittime di oppressione e tortura da parte delle autorità del Bahrein. (Hamilton, ndr) Ha detto che avrebbe considerato il loro contenuto in dettaglio nei prossimi giorni, ma era inequivocabile sul fatto che la F1 doveva fare passi per affrontare le violazioni dei diritti umani nei paesi che visita.”
Il Bahrain ospiterà due gare – il 29 novembre e il 6 dicembre nei fine settimana consecutivi – e il tema dei diritti umani dello stato è stato nuovamente messo in discussione dalle organizzazioni di monitoraggio.
Sempre The Guardian informa che un gruppo trasversale di parlamentari e una vasta coalizione di ONG, tra cui Human Rights Watch e il Bahrain Institute for Rights and Democracy (Bird), hanno scritto al CEO della F1 , Chase Carey, accusando il Bahrain di lavaggio sportivo e invitando lo sport per sollecitare il Bahrein a prevenire “la normalizzazione della violazione dei diritti umani nel Paese”.
John Timoney, a cui si riferisce lo striscione, è noto per essere arrivato nel paese a dicembre 2011, assieme al collega John Timoney della polizia di Miami, si è occupato dell’addestramento delle forze anti-sommossa “alla luce degli ‘standard internazionali’ per il rispetto dei diritti umani”.
Giusto per “completezza dell’informazione”. Il governo del Bahrein ha negato che ospitare la gara sia “sportwashing” e ha fermamente respinto le denunce di violazioni dei diritti umani: “Il Bahrein prende i suoi obblighi in questo senso estremamente seriamente e si impegna a sostenere e mantenere i più alti standard di protezione dei diritti umani, compreso il diritto alla libertà di espressione”, hanno affermato in una dichiarazione.
Per finire, sulla situazione in Baherin, due significativi articoli: qui e qui.