Becco di ferroNon si tratta di fare l’anarchia oggi, o domani o tra dieci secoli; ma di camminare verso l’anarchia oggi, domani e sempre. (Errico Malatesta)
3. La repubblica del sospettodi Beniamino Migliucci Il Mattino, 22 settembre2017 Se quanto prospettato l’altro ieri nell’amaro articolo di fondo del direttore Barbano si realizzasse davvero, ci troveremmo difronte ad …
4. La forza preoccupante delle idee illiberalidi Angelo Panebianco Corriere della Sera, 22 settembre2017 Una “sindrome da sottosviluppo” ha colpito le menti di tanti, non solo al Sud: un insieme di atteggiamenti che indicano la volontà …
7. Orlando: “Aiuti alle vittime di reati, ecco il piano”di Errico Novi Il Dubbio, 22 settembre2017 “La giustizia non può essere solo una fredda macchina burocratica. Deve farsi carico anche della condizione in cui spesso si vengono a trovare le …
8. In Italia chi pensa alle vittime dei reati?di Francesco Grignetti La Stampa, 22 settembre2017 Nasce a Torino una rete nazionale, iniziativa del ministro Orlando e di Rete Dafne. Chi si occupa delle vittime di un reato? Chi pensa al …
10. Autoriciclaggio, si amplia l’area dei reati presuppostodi Giovanni Negri Il Sole 24 Ore, 22 settembre2017 Corte di cassazione – Sentenza 43144/2017. Anche l’interposizione fittizia di quote societarie può rappresentare il reato presupposto …
23. Verona: serata rock all’interno del carcere, un successoCorriere di Verona, 22 settembre2017 Ritmo e festa in un luogo dimenticato, dentro un divertimento che diventa emozione, atto sociale condiviso e rigenerante per tutti: pubblico e artisti …
AFFARI SOCIALI
24. Se la voce del dolore è una esibizione socialdi Michele Serra La Repubblica, 22 settembre2017 La popolarità del Male, rispetto alla sua banalità, è uno stadio più avanzato in direzione della sua metabolizzazione e, direbbe un pessimista, …
25. Perché gli assassini non hanno più il senso di colpadi Melania Rizzoli Libero, 22 settembre2017 “Nessun reale senso di colpa, ed organizzazione borderline della personalità con capacità intellettive al limite”. Con queste parole è stato definito …
28. “La pena di morte scompaia dal mondo”di Roberto Giovene Il Dubbio, 22 settembre2017 Iniziativa del Cnf e dell’associazione “Nessuno Tocchi Caino” per la moratoria. Il programma presentato a Tunisi si propone di contrastare le …
30. Egitto. Perquisizione ai legali di Regeni: “Vogliono chiuderci”di Giuliano Foschini La Repubblica, 22 settembre2017 L’allarme della Commissione egiziana for Right and Freedoms, dove lavorano i consulenti della famiglia del ricercatore italiano ucciso …
31. Arabia Saudita. L’attacco finale alla libertà d’espressionedi Riccardo Noury Corriere della Sera, 22 settembre2017 Da quando, il 21 giugno, Mohamad bin Salman è diventato principe della corona, la situazione dei diritti umani in Arabia Saudita …
Questo notiziario è registrato al Registro Stampa del Tribunale di Padova (n° 1964 del 22 agosto 2005)
e al Registro Nazionale degli Operatori della Comunicazione (n° 12772 del 10 dicembre 2005).
Ha ottenuto il Marchio di Certificazione dell’Osservatorio A.B.C.O. dei Beni Culturali
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CARCERI
1. Un paese in galeradi Giuseppe Rizzo Internazionale, 19 settembre2017 Nelle prigioni italiane ci sono più persone che a Sanremo, a Cuneo, ad Agrigento. Con più di 57mila detenuti e oltre 30mila agenti di Polizia …
3. Polizia penitenziaria, una festa con protestadi Roberto Rotunno Il Fatto Quotidiano, 19 settembre2017 Gli agenti in agitazione mentre si celebrano i 200 anni del Corpo: “Siamo pochi”. Stamattina la Polizia penitenziaria …
8. Il taglio delle ferie non allunga i tempi delle sentenzedi Patrizia Maciocchi Il Sole 24 Ore, 19 settembre2017 Il taglio alle ferie dei magistrati non giustifica uno slittamento dei termini per la redazione delle sentenze. Le Sezioni unite penali …
9. Informatori solo con l’anonimatodi Giovanni Negri Il Sole 24 Ore, 19 settembre2017 Corte di cassazione – Sentenza 42566/2017. Criteri rigidi sui confidenti della polizia. Con altrettanta rigidità nel delimitare il perimetro …
28. Libia. Sabha, la fortezza nel deserto degli schiavidi Alfredo Marsala Il Manifesto, 19 settembre2017 Più di mille le persone arrestate nelle ultime ore dai guardacoste libici. Condizioni disumane nei campi, gli aguzzini sono milizie ora “regolari” …
29. Turchia. Inizia il processo a 30 giornalisti dello Zamandi Monica Ricci Sargentini Corriere della Sera, 19 settembre2017 Trenta ex giornalisti e amministratori del quotidiano turco Zaman sono comparsi oggi in tribunale per rispondere dall’accusa …
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Capita spesso, fortunatamente, di girare in rete e imbattersi in siti decisamente molto interessanti. Uno di questi è quello che vi propongo oggi – storiastoriepn (del Friuli Occidentale). Convinto come sono che si debba avere grande attenzione verso la cultura che viene dal basso, vi invito a visitarlo e ad iscrivervi alla loro newsletter.
Così si presentano: “Abitare in provincia vuol dire molte cose.
Ad esempio abituarsi a vivere con invidia il clima vivace delle metropoli, essere lontani dai centri dell’accademia e dell’editoria, doversi sobbarcare lunghi percorsi per raggiungere luoghi e persone ogni volta se ne abbia desiderio o necessità.
Ma significa pure essere luogo per meditare e sperimentare percorsi inconsueti, nicchia di innovazione, stili di vita e di lavoro originali. Vivendo in un luogo che è stato (ma lo è ancora: il tempo non è così rapido nel cancellare le tracce, che storici ed archeologi finiscono per ritrovare, prima o poi) una piccola Manchester, il centro dell’elettrodomestico europeo, lo studio del punk italiano, il parcheggio iniziale del movimento per i diritti civili delle prostitute, la patria di alcuni “poeti alcoolizzati” (come li definì un giovane gioielliere, di cui nessuno ricorda più il nome, mentre Mauro Corona e Federico Tavan diverranno famosi), la sede della più grande cooperativa di “matti” del mondo e della principale piattaforma bellica del Mediterraneo, ed altre cose ancora, non può stupire la grande fioritura di iniziative di ricerca e divulgazione storica della provincia di Pordenone.
E’ per questo che siamo nati, come “Lastorialestorie”. Partendo da un bisogno di vari ricercatori e da un’esigenza (forse) collettiva: cercare di comunicare il senso del proprio lavoro. Mettendo in comune esigenze e sensibilità diverse: quelle di chi studia i movimenti della classi subalterne e di chi privilegia le tracce della civiltà materiale; di chi si concentra su studi settoriali e di chi lavora sulla storia locale; di chi indica le lacune nella ricostruzione delle biografie delle classi dirigenti e di chi preferisce dedicarsi alla vita quotidiana. A volte già ora lavorando su piani trasversali o sugli stessi argomenti, magari senza conoscersi. (Qui la presentazione integrale).
A scrivere la lettera è Teresa Degan “la giovane sportiva, la donna d’azione, la partigiana, l’operaia e l’intellettuale poliedrica, la giurista e la storica, la dirigente politica, sindacale e scolastica – è stata veramente una protagonista a tutto tondo ed una custode della memoria di ben di più di un secolo della nostra storia collettiva” come si legge nell’articolo che potete leggere cliccando qui.
Così scrive, a proposito della vicenda di cui alla lettera di Teresa Degan, scrive Gian Luigi Bettoli: “Il 9 febbraio 1992 il presidente della repubblica Francesco Cossiga visita Pordenone. “presidente della repubblica” con la minuscola, come merita essere citato il vecchio specialista in spionaggi e trame antidemocratiche, che terminò la sua legislatura con un crescendo di provocazioni.
Quel giorno ad attenderlo c’erano varie manifestazioni di contestazione: ad esempio i pacifisti e gli obiettori di coscienza pordenonesi, che intendevano manifestare la loro protesta contro il blocco della nuova legge votata dal Parlamento per estendere il diritto all’obiezione di coscienza, fermata (per sempre) dal rifiuto presidenziale di apporvi la firma. Il vecchio complottardo non si smentiva; quanto al Parlamento, non ne fece più nulla, e di lì a poco – iniziata la “seconda repubblica” ormai non più legata al patto antifascista – si orientò verso l’esercito professionale: quello che da quel tempo è impegnato in innumerevoli missioni neocoloniali, accettate in silenzio grazie alle paghe principesche dei “volontari”.
I pacifisti non fecero in tempo a mettere in scena il programma di teatro di strada che avevano preparato per “festeggiare” il presidente militarista: furono anticipati dagli anarchici, più veloci nel lanciare i loro slogans. La polizia, con la bestialità degli agenti del reparto celere (anche qui la minuscola è d’obbligo: come altrimenti definire gruppi di persone pagate per degradarsi nel ruolo di rissaioli, usi a manganellare chiunque si trovi sul loro percorso, non importa se ultras calcistici, operai disoccupati o giovani studenti?), iniziò il suo sporco lavoro. Ne fece le spese un ormai anziano ex comandante partigiano ed esponente politico storico della sinistra pordenonese, che volle frapporsi fisicamente e si ritrovò il capo aperto a manganellate. Per fortuna la testa dura resse complessivamente bene all’insulto: laddove non c’erano riusciti i nazifascisti in carcere ed in un anno di lotta antipartigiana, non potevano certo avere successo i rissaioli sbarbatelli in divisa.
Teresina Degan scrisse in quei giorni all’antico compagno di lotte una lettera, che ora è riemersa da un lembo del suo archivio personale, conservato dalla cugina Rita Da Corte. E’ opportuno pubblicarla perché, in una sola pagina, la storica del movimento operaio pordenonese riesce a sintetizzare la presenza dei reparti celeri – solitamente quello padovano – a Pordenone nella seconda metà del Novecento. Lo stile non è acqua, e la concisione è virtù solo dei (delle) grandi firme. Ringrazio Rita Da Corte e Paolo Rossi per avermi donato questo ed altri documenti.
Ancora dal sito: “L’11 maggio 2007 la sede Rai di Trieste ha realizzato una edizione speciale del programma radiofonico “A più voci” – coordinata dalla giornalista Biancastella Zanini e dalla regista Marina Devescovi – dedicata all’86esimo anniversario delle “Barricate antifasciste di Torre” dell’11 maggio 1921.
Speciale: sia perché realizzata presso la Casa del Popolo di Torre di Pordenone invece che presso gli studi di Trieste; sia perché la trasmissione, per una fortunata coincidenza, durò oltre la consueta conclusione meridiana, per prolungarsi nel pomeriggio, fornendo così un’eccezionale occasione di raccogliere le testimonianze di protagoniste/i e studiose/i.
Grazie all’autrice del programma, che ce ne ha fornito copia e che ringraziamo, possiamo ora mettere a disposizione tutta la registrazione, proprio in coincidenza con il 96esimo anniversario delle Barricate.
Le persone intervistate dalla Rai sono: Gian Luigi Bettoli, Mario Bettoli, Rita Da Corte, Teresina Degan, Leonia De Marchi, Giacomo Furlan, Diego Grizzo, Giacomo Grizzo, Valentino Grizzo, Luigi Pagotto, Enzo Pagura, Dante Vivan. Oltre a Biancastella Zanini e a Marina Devescovi, hanno contribuito alla realizzazione del programma i tecnici RAI Giuliano Salvi e Paolo Angiolini.
Per non dilungarmi oltre, banalizzando di fatto l’invito a visitare il sito e rischiando di non rendere giustizia all’enorme lavoro svolto in assoluta autonomia e volontariato, chiudo pubblicando l’elenco delle sezioni del sito…
STORIA DELL’ARTE
Arti visive e plastiche, poesia e letteratura, grafica, architettura, critica e storiografia delle arti.
STORIA/DONNE
Restituire le donne alla storia, restituire la storia alle donne soggetti di una storia che “è” in quanto altre donne hanno provveduto a ”raccontarla”.
Immagine dall’archivio della prof. Teresina Degan: lei stessa parla al comizio di protesta per la strage di Portella delle Ginestre, 2 maggio 1947, in Piazza XX Settembre a Pordenone.
ANTI/FASCISMO E RESISTENZA
Fascismo particolarità storica italiana. Resistenza, evento fondante della contemporaneità italiana.
MOVIMENTO OPERAIO
Socialità, condizioni di vita, mentalità e professionalità, ma anche sindacati e partiti, cooperative e case del popolo, e tanto altro ancora.
EMIGRAZIONE
Il Friuli Venezia Giulia, regione apolide, densa di contraddizioni tra radicamento identitario ed identità transnazionale.
WELFARE
Gli inizi e la storia di un sistema in profonda modificazione anche in FVG.
GEOGRAFIA E DINTORNI
Descrizione del territorio: geografia, topografia, archeologia. Ed i suoi usi: alpinismo, speleologia, sport & escursionismo…
TESI DI LAUREA
Pubblica sul nostro sito la tua tesi di laurea.
DIBATTITO
Recensioni, commenti & polemiche. Dal nostro territorio e dal più vasto mondo dei nostri corrispondenti.
COOPERATIVE & MUTUE
Forme e storie dell’autogestione economica, tra cooperative, case del popolo, società operaie di mutuo soccorso, biblioteche e scuole popolari.
ALTRO
Tutto ciò che non rientra nelle altre sezioni ma che ha interesse generale o locale.
Commenti disabilitati su Storiastoriepn.it: “Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo” (Eugenio Montale, Ossi di seppia, 1925)
La vicenda riguarda, per ora, la Lombardia, ma i diritti o sono per tutti o non sono, e comunque Lombardia e Liguria sono vicine, geograficamente e le cricche alla guida delle due regioni sono praticamente gemelle. Probabilmente per molte/i la mia introduzione è superflua, ma non si sa mai.
Da quanto posso capire, la vicenda – come troppo spesso accade – viene utilizzata anche per polemiche tra associazioni, forse anche importanti ma che personalmente non mi interessano, anche perché non sono certo in grado coglierne la sostanza, non essendo un addetto ai lavori. Cerco quindi di estrapolare le notizie utili a conoscere e capire quanto accade in Lombardia.
Dice il comunicato di Medicina Democratica: “La decisione regionale di dare una nuova configurazione alla Medicina Generale (ndr, delibera regionale 6551 DEL 4/5/2017), in contraddizione con le leggi nazionali e regionali, nonché con il DPCM sui LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), quindi con la Costituzione, ha visto l’adesione solo del 43% dei medici di medicina generale della Lombardia ed ha costretto la Regione a prorogare i termini della scelta nella speranza di avere un maggior ascolto. ANCHE I PAZIENTI, PORTATORI DI PATOLOGIE CRONICHE, DOVRANNO SCEGLIERE, MA SI DOVRANNO INFORMARE DA SOLI O DIPENDERANNO DALLE INFORMAZIONI DEL LORO MEDICO. PUR CON NON ELEVATE POSSIBILITA’, MA CON UNA STORIA QUARANTENNALE, MEDICINA DEMOCRATICA MOLTIPLICHERA’ I SUOI SFORZI PER SPIEGARE AI CITTADINI E AI MEDICI LOMBARDI COME IL SISTEMA SANITARIO PUBBLICO PEGGIORERA’. LE RISPOSTE CHE VERRANNO FORNITE SARANNO PARZIALI E PIU’ BUROCRATICHE. NON E’ VERO CHE CI SARANNO MENO LISTE DI ATTESA, FORSE CI SARANNO PIU’ ESAMI E PIU’ PRESTAZIONI, MA CERTO MENO SALUTE. I MEDICI E I CITTADINI – COME AFFERMA IL TAR NELL’ORDINANZA – POSSONO DIRE DI NO ALLA PROPOSTA DELLA REGIONE. E LOTTARE, COME PENSA MD, PERCHE’ RIMANGA E MIGLIORI LA SANITA’ PUBBLICA. Milano, 14 settembre 2017 – Medicina Democratica – sezione di Milano e Lombardia.”
La tabella è tratta dall’articolo, dell’aprile 2017, che trovate cliccando sull’immagine
Una più che tempestiva risposta è venuta da saluteinternazionale.info che il 18 aprile 2017, in un articolo titolato: “Lombardia. I malati cronici al miglior offerente” a firma Aldo Gazzetti e Gianluigi Trianni, scrive: “In Lombardia è scoccata l’ora della privatizzazione completa delle cure primarie e della medicina d’iniziativa. L’assistenza di un milione e mezzo di pazienti cronici gravi viene data in appalto a un nucleo ristretto di gestori, per lo più privati. Di qui la concorrenza tra filiere aziendali di servizi sanitari a cui viene assegnata per un periodo annuale la gestione quasi totale del malato cronico. Quale la libertà di scelta del paziente? Quale il ruolo del medico di medicina generale?..” (Qui l’articolo integrale).
Cercando di approfondire ulteriormente, ho trovato un articolo di Gavino Maciocco, del Dipartimento di Sanità Pubblica, Università di Firenze, che mi sembra interessante, tratto da Saluteinternazionale.info:il titolo è ” Il Piano Nazionale della Cronicità e l’anomalia lombarda”. Scrive Maciocco: “La sanità d’iniziativa lombarda è del tutto anomala: basata su tariffe e risparmio, su competizione e mercato, sulla presenza opzionale dei medici di medicina generale, sull’assenza di efficaci interventi di prevenzione e di supporto all’autocura. Il tutto avviene in un contesto privo della infrastruttura fondamentale e irrinunciabile in ogni seria strategia di gestione delle malattie croniche: il distretto e l’organizzazione delle cure primarie. L’affossamento di questa infrastruttura, avvenuto diversi anni fa, è una sorta di “peccato capitale” della sanità lombarda. Un peccato da cui non si può essere assolti dando vita a un surrogato debole e improprio: il Centro Servizi…..”. L’articolo prosegue poi con una serie di interessanti informazioni e potete trovarlo cliccando qui.
Il governo, dal canto suo, ha varato un Piano nazionale delle cronicità che però appare essere – e la cosa non stupisce – ancora poco, anzi pochissimo attuato, se dobbiamo credere a quanto ha scritto Quotidianosanità.it in un articolo (qui il testo integrale) in cui parla, tra gli altri, Tonino Aceti, responsabile del Coordinamento nazionale della Associazioni dei Malati Cronici: “A distanza di circa sette mesi dalla introduzione del Piano nazionale delle cronicità, alla cui stesura ed approvazione abbiamo contribuito come Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici- ha detto Tonino Aceti, responsabile del Coordinamento nazionale della Associazioni dei Malati Cronici – non possiamo permettere che questo rimanga solo sulla carta. Infatti, ci risulta che, ad oggi, solo le Regioni Umbria e Puglia abbiano recepito formalmente il Piano. Altre, ma ancora troppo poche, si stanno muovendo e lo fanno in ordine sparso. Chiediamo che entro l’anno tutte le Regioni lo recepiscano formalmente con delibera e che il Ministero della Salute istituisca al più presto la cabina di regia, garantendo la partecipazione di associazioni di cittadini e pazienti”.
Chiudo questa breve rassegna con un articolo tratto dal sito dell’Associazione nazionale AMICI Onlus: Tempi lunghi per diagnosi e cure, tempi ristretti per l’ascolto dei pazienti. Costi insostenibili, burocrazia “trita-diritti”. E il Piano nazionale della cronicità resta al palo. La fotografia dei cittadini “in cronica attesa” nel XV Rapporto sulle politiche della cronicità di Cittadinanzattiva.
Si attende anni per una diagnosi, mesi per una visita, un esame di controllo o per ricevere un ausilio, giorni al Pronto Soccorso per un posto letto. Per contro, il tempo dedicato alla visita e quindi all’ascolto è sempre più ridotto, le ore dedicate all’assistenza domiciliare ed alla riabilitazione sono troppo esigue. È la condizione in cui vivono le persone con patologie croniche e rare che emerge dal XV Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità“In cronica attesa”, presentato oggi a Roma dal Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva. con il contributo non condizionato di Merck & Co per il tramite della sua consociata MSD.
Le persone con malattie croniche e rare e i loro familiari devono sopperire a molte carenze, utilizzando il proprio tempo e le proprie risorse economiche: fino a 10.000€ l’anno per l’assistenza psicologica, l’acquisto di farmaci e parafarmaci, la riabilitazione a domicilio; fino a 60.000€ l’anno per pagare la retta della residenza sanitaria assistita. A questo si aggiunge la burocrazia “trita-diritti” perché non si snelliscono le procedure burocratiche, come nel caso del rilascio di piani terapeutici per i farmaci o di protesi e ausili, l’assegnazione del contrassegno auto per invalidi o il rinnovo della patente. Anzi capita che anche quando la semplificazione c’è, nella sua applicazione diventi strumento per restringere i diritti, come nel caso dell’invalidità civile e dell’handicap…” (segue).
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POLITICA
1. Le ombre che toccano la giustiziadi Marcello Sorgi La Stampa, 16 settembre2017 Che Renzi sia risentito è naturale. Ma fa una certa impressione sentire un ministro assai pacato come Franceschini e un capogruppo arci-prudente …
5. L’autopsia in prima pagina: quando la cronaca diventa abusodi Francesco Merlo La Repubblica, 16 settembre2017 La cronaca nera, tra tv e giornali. Quello di Noemi Durini è soltanto l’ultimo caso della deriva di un certo tipo di giornalismo italiano. …
6. L’inferno vuoto delle donne in fuga dalla ‘ndranghetadi Niccolò Zancan La Stampa, 16 settembre2017 Non hanno mai commesso reati, non possono essere pentite e nemmeno testimoni di giustizia. Una di loro si racconta: “Vivo nel limbo: niente …
21. Droghe. Cannabis, la rivolta delle Regionidi Ilario Lombardo La Stampa, 16 settembre2017 L’appello dei governatori di Emilia, Toscana e Puglia: la distribuzione non funziona. Emiliano sfida il governo: senza un intervento, pronti …
25. La radio di Fathi Osman, per la libertà dell’Eritreadi Paolo Lepri Corriere della Sera, 16 settembre2017 La Corea del Nord africana? Non ci sono dubbi, è l’Eritrea. Lo sa bene Fathi Osman, ex diplomatico fuggito in Francia e animatore di Radio …
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Inizio da oggi la pubblicazione del notiziario dal e sul carcere di Ristretti Orizzonti. Cliccando sull’immagine andrete al sito Ristretti.it per accedere all’archivio del notiziario ed agli altri contenuti. (Utile anche in caso dovessi “saltare” qualche notiziario).
CARCERI
1. Con il teatro in carcere la recidiva diminuiscedi Simonetta Dezi Ansa, 15 settembre2017 In più della metà delle carceri italiane si fa teatro. Da questo dato inizia il colloquio con la professoressa Valentina Venturini del dipartimento …
POLITICA
2. Un freno al “libero odio”. Ci provano le avvocature del G7di Marina Della Croce Il Manifesto, 15 settembre2017 Hate speech in rete. Boschi, Boldrini e Orlando al convegno organizzato dal Consiglio nazionale forense. “Dall’amore libero sembra che …
3. L’odio dilaga sui social, ogni giorno 7mila allarmidi Francesco Lo Dico Il Mattino, 15 settembre2017 Denuncia di Boldrini e Boschi: donne vittime numero uno. Lo chiamano “hate speech”, discorso volto a promuovere l’odio. Ma non è soltanto …
5. Una campagna elettorale inquinata dai veleni giudiziaridi Massimo Franco Corriere della Sera, 15 settembre2017 I veleni giudiziari che stanno affiorando inseriscono una variabile nella campagna elettorale, che aleggiava da tempo. E regalano i …
6. Papa Francesco. Un messaggio religioso che è diventato politicodi Ernesto Galli della Loggia Corriere della Sera, 15 settembre2017 Il rischio è quello di dar vita a una “religione civile” che assume una forma antagonista rispetto agli orientamenti oggi …
8. Ingiusta detenzione non sempre indennizzatadi Patrizia Maciocchi Il Sole 24 Ore, 15 settembre2017 La reticenza, la menzogna e il silenzio da parte dell’imputato sono scelte difensive legittime, che possono però “pesare” in negativo …
9. I divorzi islamici da non riconoscere negli Stati Uedi Monica Ricci Sargentini Corriere della Sera, 15 settembre2017 In India hanno recentemente dichiarato incostituzionale il divorzio islamico, quello che avviene quando l’uomo pronuncia per …
15. Torino: volontari in Servizio civile per la Garante dei detenutiRistretti Orizzonti, 15 settembre2017 Novità in vista per l’Ufficio della Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Torino. Da quest’anno infatti, grazie alla decisione di partecipare al progetto …
28. Migranti. “Più controlli ai confini”. L’Ue cambia Schengendi Carlo Lania Il Manifesto, 15 settembre2017 Come chiesto da Francia e Germania. Le modifiche, motivate con ragioni di sicurezza, pronte entro la fine del mese. L’Europa avrà anche “il vento …
ESTERI
29. Tunisia: “il terrorismo non si batte con la pena di morte”di Victor Castaldi Il Dubbio, 15 settembre2017 Il Cnf alla conferenza di Tunisi per la moratoria sulle esecuzioni. “La pena di morte in tempo di guerra al terrorismo”. Questo è il tema della …
“Abdel Salam non è morto in un incidente stradale, è stato assassinato mentre lottava alla Gls per i suoi diritti”. Lo scrive in una nota il sindacato USB che per ricordare la morte dell’operaio durante un sit in alla Gls ha indetto dieci giorni di mobilitazione…”. Già, perché, spiega ancora la nota sindacale, “il pm Emilio Pisante ha ora chiesto il rinvio a giudizio del camionista derubricando l’ipotesi di reato da omicidio volontario a omicidio stradale, in pratica accusando l’indagato di mancanza di prudenza e di attenzione! Abdel Salam non stava passeggiando! Era davanti all’ingresso della GLS fermo e l’autista del camion, un 44enne di Cremona, ha ingranato la marcia uccidendolo!”
Sempre dalla nota della UBS, si apprende che “Addirittura la procura parla di comportamento scorretto da parte di Abdel Salam a causa della sua volontà di bloccare il mezzo. I nostri legali peraltro chiederanno la prosecuzione delle indagini per accertare la condotta delle persone che hanno spinto l’attuale indagato a forzare il blocco, al fine di formulare nei loro confronti l’accusa di concorso nell’omicidio di Abdel Salam”.
In vista dell’udienza preliminare davanti al Gip, che si terrà il 20 settembre, la USB ha indetto dieci giorni di mobilitazione a partire, a partire da oggi 14 Settembre 2017, annunciando anche l’intenzione di costituirsi parte civile.
Tra i molti siti che, soprattutto in questi giorni, ricordano Abd el-Salam el-Danaf, questo il suo nome completo, c’è Canzonicontrolaguerra di cui vi propongo l’articolo scritto da scorso 6 marzo da Riccardo Venturi in coda al quale trovate il testo del brano di Alessio Lega. Le immagini sono quelle dell’articolo su “canzonicontrolaguerra”.
Va bene anche allearsi con la morte
di Riccardo Venturi.
Abd el-Salām el-Danaf, 53 anni, egiziano, padre di cinque figli, operaio; ma un operaio che, in Egitto, insegnava. Faceva il professore.
Piacenza. La città di Piacenza è uno dei principali poli della logistica in Italia; la logistica (termine di precisa derivazione militare) è quella cosa per la quale io, tu, tutti noi -ad esempio- ci riempiamo il frigorifero, la casa o l’azienda di prodotti. Le merci sono sì prodotte con sfruttamenti vari, ma poi qualcuno le deve pure portare a destinazione, trasferendo così quegli sfruttamenti vari dalla produzione alla distribuzione. Quando si entra nel bel supermercato, ipermercato, centro commerciale così ben fornito, lo si fa a partire dalle otto di mattina; nessuno ci va alle tre o alle quattro di notte, quando i camion con tutto il nostro bendiddìo arrivano da chissà dove da qualche centro o polo di smistamento logistico.
Non si vedono mai questi centri, poli, enormi magazzini logistici. Di solito non stanno nelle grandi città, ma presso città piccole o medie, un po’ fuorimano, tranquille ma situate in posizione strategica (e, ancora una volta, mi risuona in testa un termine militaresco) rispetto ai grandi centri di produzione, specialmente nel Nord Italia. Piacenza è una di queste, e forse la maggiore per tale settore decisivo nella catena delle merci. A Piacenza ci sta, ad esempio, la GLS, vale a dire General Logistic Systems, un colosso multinazionale del settore logistico.
In Italia, il settore della logistica è, come dire, in fermento da anni. Diciamo così. Il fatto è che le condizioni di lavoro in quel settore sono, come dire, problematiche -e spero che sarà apprezzata la mia moderazione nei termini, senza pericolosi furori estremistici, senza portare cerini nella polveriera. Però una polveriera è, e da tempo; tant’è che la logistica, in Italia, è in agitazione da tempo, ed è un’agitazione che coinvolge -come detto- un settore assolutamente decisivo. Senza la logistica, insomma, le merci rimarrebbero nelle fabbriche, e il tuo supermercato nonché il tuo frigorifero resterebbero vuoti (oppure dovresti tornare ai mercati rionali, dal contadino o da qualche oramai rarissimo dettagliante che si rifornisce a pochi chilometri di distanza col suo furgoncino).
Il fattò è che questo settore logistico in agitazione pressoché permanente sta sconvolgendo un po’ tutto, e specialmente certi discorsi e discorsini che vanno per la maggiore (ottenendo peraltro qualche vittoria della quale, generalmente, si sa molto poco). Lo sapevate, ad esempio, che nel settore logistico, dove lavorano moltissimi immigrati a fianco degli italiani, le lotte sono state e sono condotte senza fare nessunissima distinzione tra italiani e stranieri? In pratica, e traducendo: il vero straniero ha ricominciato a essere il padrone. Brutto affare, per il padrone e per i suoi scagnozzi, tipo i nazisti della Lega (ma non solo loro, chiaramente). Naturalmente, il padrone risponde con i suoi mezzi usuali: polizia, repressione, servi di qualsiasi natura.
Scioperi, picchettaggi, lotte presso quegli sconosciuti e enormi magazzini che noialtri non vediamo mai. E scontri, manganellate, spari, arresti, fogli di via. Ecco, in soldoni, la logistica; ed ecco quel che sta accadendo senza che se ne parli troppo.
Il 14 settembre 2016, l’operaio egiziano Abd el-Salām el-Danaf sta effettuando assieme ai suoi compagni di qualsiasi nazionalità un picchettaggio durante una manifestazione sindacale nel piazzale di carico e scarico della GLS, a Piacenza, presso il Polo Logistico delle Mose. Vale a dire: a Piacenza c’è una zona intera, Le Mose appunto, interamente occupata dalla logistica. Ad un certo punto, nel piazzale intende entrare un enorme camion; i compagni di lavoro di Abd el-Salām el-Danaf dicono che il camionista viene esortato, incitato, che gli viene ordinato da alcuni dirigenti dell’azienda a forzare il picchettaggio. Il camionista lo fa; l’operaio Abd el-Salām el-Danaf viene schiacciato dal camion e muore.
Il TIR e il corpo di Abd el-Salam coperto da un lenzuolo.
Sono circa le 23,45. Abd el-Salām el-Danaf lavora per una delle tante società appaltatrici di servizi per la multinazionale GLS che stava manifestando per i diritti di suoi colleghi. Infatti l’azienda aveva disatteso accordi sindacali per 13 persone. Il picchetto, finito in tragedia, è nato dopo un’assemblea sindacale che ha generato uno sciopero di otto ore e una trattativa, notturna, con l’azienda. Il fallimento della trattativa ha spinto il sindacato e i lavoratori ha trasformare lo sciopero in picchetto. Per evitare che il picchetto bloccasse il viaggio dei camion e gli interessi dell’azienda, raccontano gli operai, un preposto di GLS ha iniziato a incitare il camionista a muoversi e partire. Così il TIR si è mosso, ha colpito il 53enne e poi l’ha trascinato per 4/5 metri e infine schiacciato. Un altro facchino è stato ferito, lievemente per fortuna. Il fratello dell’uomo ucciso, Elsayed el-Mongi Ahmed el-Danaf, afferma: «Non è la prima volta che ci hanno minacciato per le nostre lotte, spesso ci dicevano andate via, andatevene, non siete i benvenuti». E aggiunge «Antonio Romano è uno dei responsabili della GLS di Piacenza ed è lui che diceva all’autista di andare avanti. Diceva all’autista: Se qualcuno va davanti al camion schiaccialo come un ferro da stiro. Poi ci penso io. Il camionista così è andato avanti, perché ha ascoltato le parole del responsabile, provando a spaventare mio fratello, però l’ha colpito per poi farlo cadere e schiacciarlo».
Vignetta di Vauro Sanesi.
La “verità” della magistratura inquirente è, ovviamente, diversa. Per i magistrati, si è trattata di una disgrazia ed il fatto viene rubricato come “omicidio stradale”, come ce ne sono tanti. Come si vede, c’è una certa distanza (sarà ancora apprezzata, spero, la mia grande moderazione) tra le due versioni. Una cosa dietro le quinte. Quella certa distanza che c’è tra la voce operaia e la voce del padrone; solo che la voce operaia è decisamente più debole, e spesso attraversata un po’ più del dovuto da quella del padrone, con accondiscendenza e, a volte, persino complicità. La voce operaia sembra oramai una specie di rumore di fondo, non avendo più nessuna forza politica e mediatica; le lotte della logistica ne sono una prova, anche se hanno provato e provano a spezzare questo modo di agire. Risultato ne è stato, che ad essere spezzata è stata la vita di un operaio che scioperava.
Abd el-Salām el-Danaf non era un “immigrato” come lo si figura generalmente nell’immaginario collettivo. Era una persona dotata di cultura, e soprattutto di una precisa coscienza di classe. Militante USB (Unità Sindacale di Base). In Italia, nel 2016, si è riaperto il conto dei lavoratori e delle lavoratrici ammazzati durante uno sciopero o una manifestazione sindacale. E’ tornato il ‘900.
Però, che questo ‘900 è tornato lo si è visto, con scarsissima informazione e copertura, anche da un altro fatto. Ad esempio, l’immediata reazione spontanea di una marea di fabbriche. Il giorno stesso si ferma la SAME di Treviglio; il giorno dopo la GKN, la Piaggio di Pontedera, la Oerlikon di Torino, la Electrolux, la Motovario. A Modena si ferma persino la Ferrari, assieme ad altri stabilimenti del gruppo FCA (l’ex Fiat, insomma). Scioperi spontanei, mentre la USB indice lo sciopero del settore della logistica con blocchi e presidi a tutti gli stabilimenti GLS. Scende in sciopero anche la Filt-CGIL della Lombardia. Da sottolineare, però, un’ulteriore certa distanza tra la reazione di parecchie strutture della CGIL ed alcuni suoi dirigenti: il segretario della Filt nazionale, ad esempio, afferma che i lavoratori avrebbero dovuto evitare di chiamare in causa il Ministero degli Interni in quanto, secondo lui, “Gli appalti della logistica sono soggetti a azioni non regolamentate e violente quali blocchi illegittimi e selvaggi delle attività”. Parole di un dirigente sindacale di sinistra, non so se ci siamo capiti. O forse ci siamo capiti anche troppo bene.
Sabato 17 settembre 2016, a Piacenza, viene indetta una grande manifestazione di protesta e di solidarietà per l’assassinio dell’operaio Abd el-Salām el-Danaf. Alla quale prendo parte anch’io, assieme ad un’amministratrice di questo sito, che è di Piacenza. Alla quale prendono parte migliaia di persone, di lavoratori, di cittadini arrivati da tutta Italia. E’ una giornata di fine estate, ma ancora caldissima, e che poi si scioglierà in un acquazzone. Nei due giorni prima, a Piacenza, piccola città tranquillissima, scoppia il terrore: una manifestazione del genere non si è mai vista, da quelle parti. Arrivano gli operai, arrivano i centri sociali, arrivano naturalmente anche i black bloc a pullman interi, a trenate. Nei giorni precedenti, il sindaco di Piacenza (del PD) è nel panico e, coadiuvato dalla stampa, invita i commercianti alla serrata. I commercianti rispondono alla perfezione: a Piacenza non c’è un negozio aperto nemmeno a cercarlo col binocolo. Le strade sono pressoché deserte mentre il grosso corteo si muove e procede dal piazzale della Stazione ferroviaria.
Piacenza, 17 settembre 2016.
Si manifesta, ma non solo. E’ una risposta di classe, che supera persino i confini delle organizzazioni sindacali e di certi loro indicibili dirigenti. Supera, soprattutto, le nazionalità e le “religioni”. Ci sono i bergamaschi che scioperano e manifestano per un lavoratore egiziano che riconoscono come loro compagno, per un professore passato dalla distribuzione di cultura a quella dei pacchi. Per un lavoratore ammazzato dal capitale, non per un “immigrato” o quant’altro. La propaganda razzista va a farsi fottere, però a Piacenza si avanza nel deserto. Fa caldo e qualcuno ha sete, si vorrebbe comprare una bottiglia d’acqua. Ma tutto è chiuso, tranne, si pensi un po’, un “fast food” della catena Burger King. Il quale fa soldi a palate esaurendo le scorte di bottigliette d’acqua minerale distribuitegli sicuramente da qualche azienda logistica e forse, chissà, dalla stessa GLS. Viene da pensare che avrebbe potuto portargliele, quelle bottigliette, persino Abd el-Salām. Non succede naturalmente niente durante il corteo, “scortato” da forze di polizia che nemmeno ci fosse stata la rivoluzione in corso.
Abd el-Salām ammazzato per profitto. Abd el-Salām ammazzato dal capitale. Nessuno striscione, nessuna “verità per” o “Truth for”, come s’invoca tanto per il ricercatore Giulio Regeni torturato e ammazzato in Egitto per motivi che, invece, si sanno benissimo ed anche fin troppo bene.
A Bologna, qualche giorno dopo, viene occupato un immobile e ne viene fatto uno Spazio sociale liberato che viene intitolato a Abd el-Salam el-Danaf. Ma a “ricordarlo” degnamente e ancora di più, ci pensa, come sempre, la polizia dello stato italiano. Il 28 febbraio l’Abd el-Salam viene sgomberato manu militari.
E allora Alessio Lega, qualche mese dopo, ci ha voluto scrivere sopra una canzone, che è ancora inedita. Qualche mese dopo, quando di Abd el-Salām pochi ancora si ricordano. Mentre le lotte continuano, quasi in silenzio, quasi ad ogni ora, quasi in ogni nostro piccolo ma ben fornito frigorifero. Mentre va sempre bene, come del resto sempre è andato per il capitale, allearsi con la morte. Un’alleanza che non finirà mai. [RV]
Va bene anche allearsi con la morte
Se serve a garantirsi il frigo pieno
Va bene fare scorte, calpestare un po’ più forte,
Far passar sopra il corpo un autotreno.
Lo vedi l’egiziano che si è sporto,
La notte sul megafono riluce
Lo sai che l’egiziano è un uomo morto
Ad un contorto gorgoglio la protesta si riduce.
Ogni mattina si risveglia un uomo
Che sa che deve correre veloce
Perché già dalla notte c’è la merce
Che correndo vuole solo calpestare la sua voce.
Così che tu sia merce o sia cristiano
O terra o sole, isola o nazione
Tu corri, laico, ebreo o musulmano
Sotto il tacco macinante stai della distribuzione
Le fabbriche le hanno trasferite
Ed il prodotto s’è esternalizzato,
Lontano sulle strade inferocite
Dove privo di speranza il lavoro è più sfruttato.
Però le merci altrove fabbricate
Fino al tuo frigo devono arrivare,
E marciano su strade gli autotreni
Inarrestabili e feroci non si possono fermare
Se c’è chi vuol spezzare la catena,
Conflitto fra lavoro e capitale,
Fra un TIR lanciato ed una pancia piena
Finirà di certo molto molto molto molto male
Così che nella notte di Piacenza
Un egiziano è stato calpestato,
Per lui non c’è più l’ombra di clemenza,
Quel picchetto era una sfida al nostro vivere beato
Beata la coscienza della notte,
Beato il nostro vivere civile
Beato il nostro frigo che s’inghiotte
Questo residuale senso dell’umanità servile
È chiaro nella notte piacentina
È chiaro nel crepuscolo italiano
È chiaro nell’Europa che s’inchina:
Quel picchetto è stato un sogno sanguinoso quanto vano.
Abd el-Salam perdona noi
Per tutte le magnifiche buone intenzioni
Di cui è asfaltata questa via
Per quest’inferno di crumiri ed esclusioni
Abd el-Salam perdona noi
Qui da Piacenza che si muovono le merci
Di cui si asfalta pure te,
Che ti sei osato di frapporre fra i commerci
Abd el-Salam ti pare mai
Tu che al paese tuo facevi il professore,
E sei venuto fino a qua
Per insegnare a questi schiavi un po’ di sole
Abd el-Salam chiama il dottore
Che questa notte di settembre non respira
E non respirerà mai più
Che nel megafono non hai fiato che gira
Riprendono a percorrere le ruote
Le strade della notte calpestata,
Il tuo supermercato sarà aperto
E la speranza della vita giace adesso assassinata
Va bene anche allearsi con la morte
Se serve a garantirsi il frigo pieno,
Va bene fare scorte di ansiolitici e di torte,
Per riempirsi e ricordare sempre meno.
Commenti disabilitati su Un anno fa Abd el-Salām el-Danaf veniva ucciso da un crumiro. Alessio Lega lo ricorda così: “Va bene anche allearsi con la morte”
Tutti, o quasi, hanno sentito parlare di Anonymous e delle sue imprese. Molti meno, credo, conoscono CrimethInc, alias Crimethink, e non a caso dato che si tratta di due realtà profondamente diverse. Ecco come Crimethink si presenta (qui il testo in inglese).
“Crimethink è tutto ciò che sfugge al controllo: il’Daydream in classe, il rinnegato fuori dai ranghi, le pareti dipinte a spray che continuano a parlare anche sotto la legge marziale. È il senso persistente che le cose potrebbero essere altrimenti, che non c’è nulla di naturale o inevitabile circa l’ordine sociale prevalente. In un mondo ottimizzato per l’amministrazione, tutto ciò che non può essere classificato o visualizzato su uno schermo è crimethink. È lo spirito di ribellione senza il quale la libertà è letteralmente impensabile.
CrimethInc. è un’alleanza ribelle — una società segreta promessa alla propagazione di crimethink. Si tratta di un “think tank” che produce idee incendiarie e di azione, una sfinge che pone domande fatali per le superstizioni della nostra era.
CrimethInc. è un banner per l’azione collettiva anonima. Non è un’organizzazione di appartenenza, ma un boccaglio per i desideri che si estendono in tutta la popolazione in generale. Chiunque può essere CrimethInc. -potrebbe essere il tuo vicino di casa o la persona seduta accanto a te sul bus. Tu e i tuoi amici costituite già un gruppo di affinità, il modello organizzativo più adatto alle tattiche di guerriglia, pronto ad entrare in azione contro tutte le forze che minacciano la vostra libertà.
CrimethInc. è una rete internazionale di aspiranti rivoluzionari che si estende dal Kansas a Kuala Lumpur. Per oltre vent’anni, abbiamo pubblicato notizie, analisi, libri, riviste, poster, video, podcast, e una vasta gamma di altre risorse – tutti senza diritti d’autore, prodotti e distribuiti dal lavoro volontariato, senza fare affidamento su finanziamenti esterni o o sulle tendenze di mercato. Coordiniamo anche cicli di conferenze, dibattiti e vari altri eventi pubblici. Anche se raramente cerchiamo il riconoscimento pubblico per i nostri sforzi, tutto ciò che facciamo è divulgato dalla nostra partecipazione ai movimenti sociali.
CrimethInc. è un’impresa disperata. Poiché questa società barcolla sempre più vicino all’annientamento, stiamo picchettando tutte le possibilità di aprire a calci la botola di fuga ad un altro futuro. Piuttosto che competere per il capitale sociale o vendere noi stessi al miglior offerente, ci siamo gettati completamente nella lotta per un mondo migliore. Vi invitiamo a fare lo stesso.”
“The ExWorker – A Podcast of Anarchist Ideas and Action For Everyone Who Dreams of a Life Off the Clock” è il titolo dei podcast realizzati da CrimethInc.
Sino ad oggi ne sono stati realizzati 59, li potete trovare qui, il primo dei quali tratta della tragica vicenda di Haymarket, dal nome della piazza di Chicago dove il 4 maggio 1886 ci fu una manifestazione anarchica a sostegno di lavoratori in sciopero finita in un bagno di sangue: in seguito al lancio di una bomba la polizia aprì il fuoco sulla folla uccidendo numerose persone. A seguito di quei fatti (da Infoaut.org) “furono arrestati otto leader anarchici e socialisti, accusati di omicidio; Albert Parsons, americano, di George Fielden, immigrato inglese, di Oscar Neebe, nato in America da genitori tedeschi, e di cinque immigrati dalla Germania: Adolph Fischer, August Spies, Louis Lingg, Michael Schwab e George Engel. Tre degli imputati erano stati oratori al comizio di Haymarket – di cui tutti ricordavano i toni moderati; altri due non c’erano nemmeno andati, gli ultimi tre avevano lasciato la manifestazione prima dello scoppio della bomba”. Ancora oggi vengono ricordati come “I martiri di Haymarket” (Qui il podcast).
Quattrocentomila persone sono scese in piazza in tutta la Francia contro la riforma del codice del lavoro, sostanzialmente una completa liberalizzazione. E il prossimo appuntamento è fissato per il 21 settembre.
Bresciaanticapitalista titola: Francia: prima giornata di mobilitazione contro la nuova legge sul lavoro emanata da Macron peggiorativa della già orrenda “loi Travaille. Dall’articolo (qui la versione integrale) :”…Più di 200 i cortei. Grandi nel sud, Marsiglia 10.000 per la polizia 60.000 per gli organizzatori, Montpellier 8.000, e poi 6.000 a Caen, più di 10.000 a Le Havre, epicentro l’anno scorso dello scontro sociale contro la legge El Komri. Primi blocchi stradali a Poitiers, dove insieme agli operai gli studenti e gli insegnanti hanno praticamente bloccato i licei. Ancora 10.000 a Lille e migliaia a Grenoble e a Lione dove ci sono state cariche contro i lavoratori e gli studenti.
Qui due immagini dall’articolo di Bresciaanticapitalista
Il quotidiano francese Liberation a proposito della manifestazione ha pubblicato un articolo dal titolo “Il ritorno sociale dei “fannulloni” visto dai fotografi di Liberation” ironizzando sulla definizione affibbiata ai manifestanti da Macron.
Nell’articolo si parla di una manifestazione di 400.000 persone secondo la CGT (223 000 secondo il Ministero degli interni), capace di aggregare una variegata partecipazione.
Questa la testa del corteo parigino
“Macron sei fottuto i “fannulloni” sono in strada” ( foto sotto). Lo slogan perde ovviamente efficacia tradotto in Italiano per la mancanza di rima “foutu” e “ru” (la e finale di rue è muta). La promessa di Macron di non cedere “ai fannulloni, ai cinici o agli estremi” è stata ovviamente al centro di slogan e cartelli dei dimostranti.
Il 9 marzo 2016 (foto sotto) per la prima dimostrazione di lavoro anti-legge, erano scese in piazza 450 000 persone.
Commenti disabilitati su Prima giornata di mobilitazione contro la nuova legge sul lavoro in Francia voluta da Macron
L’autunno è la stagione che viene comunemente associata al vino, alla raccolta delle uve, al “ribollir de’ tini” di carducciana memoria, ai suoi colori e sapori. Purtroppo però la nobile bevanda è sempre più minacciata dall’impiego di pesticidi, con grave danno per la qualità e per la salute di chi la beve.
E così il vino ha anche i suoi “martiri”, come ad esempio il viticoltore biodinamico francese Emmanuel Giboulot, 54 anni, dieci ettari di vigneto in Borgogna, sulla Côte de Beaune e la Haute-Côte de Nuits. Giboulot, infatti, alcuni anni fa rifiutò di sottostare ad un ordine del prefetto – rischiando sei mesi di carcere e una multa di 30 mila euro – che imponeva di ricorrere alla chimica per combattere la cicalina, un insetto vettore della flavescenza dorata, malattia che ha effetti mortali sulle piante dell’uva.
«Questi trattamenti chimici non risolvono il problema — ha spiegato il vignaiolo al sito Bastamag.net — anzi, distruggono anche molti altri insetti e sconvolgono l’ecosistema della zona. Noi invece, con la biodinamica, ci basiamo sull’equilibrio biologico della terra».
Molto più recente è invece la fiaccolata dei viticoltori di Conegliano di cui si parla nell’articolo di Gianluigi Salvador (qui) pubblicato sul sito di Pesticide Action Network – Italia.
Per concludere segnalo l’articolo di Paolo Cacciari – pubblicato lo scorso anno da sorgentedelvino.it e da Comune-info – che spiega che non sono solo i vignaioli naturali a volere una vigna più sana, si stanno organizzando anche i cittadini, ad esempio nelle zone del Prosecco…
di Riccardo Venturi.
Abd el-Salām el-Danaf, 53 anni, egiziano, padre di cinque figli, operaio; ma un operaio che, in Egitto, insegnava. Faceva il professore.
Piacenza. La città di Piacenza è uno dei principali poli della logistica in Italia; la logistica (termine di precisa derivazione militare) è quella cosa per la quale io, tu, tutti noi -ad esempio- ci riempiamo il frigorifero, la casa o l’azienda di prodotti. Le merci sono sì prodotte con sfruttamenti vari, ma poi qualcuno le deve pure portare a destinazione, trasferendo così quegli sfruttamenti vari dalla produzione alla distribuzione. Quando si entra nel bel supermercato, ipermercato, centro commerciale così ben fornito, lo si fa a partire dalle otto di mattina; nessuno ci va alle tre o alle quattro di notte, quando i camion con tutto il nostro bendiddìo arrivano da chissà dove da qualche centro o polo di smistamento logistico.
Non si vedono mai questi centri, poli, enormi magazzini logistici. Di solito non stanno nelle grandi città, ma presso città piccole o medie, un po’ fuorimano, tranquille ma situate in posizione strategica (e, ancora una volta, mi risuona in testa un termine militaresco) rispetto ai grandi centri di produzione, specialmente nel Nord Italia. Piacenza è una di queste, e forse la maggiore per tale settore decisivo nella catena delle merci. A Piacenza ci sta, ad esempio, la GLS, vale a dire General Logistic Systems, un colosso multinazionale del settore logistico.
In Italia, il settore della logistica è, come dire, in fermento da anni. Diciamo così. Il fatto è che le condizioni di lavoro in quel settore sono, come dire, problematiche -e spero che sarà apprezzata la mia moderazione nei termini, senza pericolosi furori estremistici, senza portare cerini nella polveriera. Però una polveriera è, e da tempo; tant’è che la logistica, in Italia, è in agitazione da tempo, ed è un’agitazione che coinvolge -come detto- un settore assolutamente decisivo. Senza la logistica, insomma, le merci rimarrebbero nelle fabbriche, e il tuo supermercato nonché il tuo frigorifero resterebbero vuoti (oppure dovresti tornare ai mercati rionali, dal contadino o da qualche oramai rarissimo dettagliante che si rifornisce a pochi chilometri di distanza col suo furgoncino).
Il fattò è che questo settore logistico in agitazione pressoché permanente sta sconvolgendo un po’ tutto, e specialmente certi discorsi e discorsini che vanno per la maggiore (ottenendo peraltro qualche vittoria della quale, generalmente, si sa molto poco). Lo sapevate, ad esempio, che nel settore logistico, dove lavorano moltissimi immigrati a fianco degli italiani, le lotte sono state e sono condotte senza fare nessunissima distinzione tra italiani e stranieri? In pratica, e traducendo: il vero straniero ha ricominciato a essere il padrone. Brutto affare, per il padrone e per i suoi scagnozzi, tipo i nazisti della Lega (ma non solo loro, chiaramente). Naturalmente, il padrone risponde con i suoi mezzi usuali: polizia, repressione, servi di qualsiasi natura.
Scioperi, picchettaggi, lotte presso quegli sconosciuti e enormi magazzini che noialtri non vediamo mai. E scontri, manganellate, spari, arresti, fogli di via. Ecco, in soldoni, la logistica; ed ecco quel che sta accadendo senza che se ne parli troppo.
Il 14 settembre 2016, l’operaio egiziano Abd el-Salām el-Danaf sta effettuando assieme ai suoi compagni di qualsiasi nazionalità un picchettaggio durante una manifestazione sindacale nel piazzale di carico e scarico della GLS, a Piacenza, presso il Polo Logistico delle Mose. Vale a dire: a Piacenza c’è una zona intera, Le Mose appunto, interamente occupata dalla logistica. Ad un certo punto, nel piazzale intende entrare un enorme camion; i compagni di lavoro di Abd el-Salām el-Danaf dicono che il camionista viene esortato, incitato, che gli viene ordinato da alcuni dirigenti dell’azienda a forzare il picchettaggio. Il camionista lo fa; l’operaio Abd el-Salām el-Danaf viene schiacciato dal camion e muore.
Il TIR e il corpo di Abd el-Salam coperto da un lenzuolo.
Sono circa le 23,45. Abd el-Salām el-Danaf lavora per una delle tante società appaltatrici di servizi per la multinazionale GLS che stava manifestando per i diritti di suoi colleghi. Infatti l’azienda aveva disatteso accordi sindacali per 13 persone. Il picchetto, finito in tragedia, è nato dopo un’assemblea sindacale che ha generato uno sciopero di otto ore e una trattativa, notturna, con l’azienda. Il fallimento della trattativa ha spinto il sindacato e i lavoratori ha trasformare lo sciopero in picchetto. Per evitare che il picchetto bloccasse il viaggio dei camion e gli interessi dell’azienda, raccontano gli operai, un preposto di GLS ha iniziato a incitare il camionista a muoversi e partire. Così il TIR si è mosso, ha colpito il 53enne e poi l’ha trascinato per 4/5 metri e infine schiacciato. Un altro facchino è stato ferito, lievemente per fortuna. Il fratello dell’uomo ucciso, Elsayed el-Mongi Ahmed el-Danaf, afferma: «Non è la prima volta che ci hanno minacciato per le nostre lotte, spesso ci dicevano andate via, andatevene, non siete i benvenuti». E aggiunge «Antonio Romano è uno dei responsabili della GLS di Piacenza ed è lui che diceva all’autista di andare avanti. Diceva all’autista: Se qualcuno va davanti al camion schiaccialo come un ferro da stiro. Poi ci penso io. Il camionista così è andato avanti, perché ha ascoltato le parole del responsabile, provando a spaventare mio fratello, però l’ha colpito per poi farlo cadere e schiacciarlo».
Vignetta di Vauro Sanesi.
La “verità” della magistratura inquirente è, ovviamente, diversa. Per i magistrati, si è trattata di una disgrazia ed il fatto viene rubricato come “omicidio stradale”, come ce ne sono tanti. Come si vede, c’è una certa distanza (sarà ancora apprezzata, spero, la mia grande moderazione) tra le due versioni. Una cosa dietro le quinte. Quella certa distanza che c’è tra la voce operaia e la voce del padrone; solo che la voce operaia è decisamente più debole, e spesso attraversata un po’ più del dovuto da quella del padrone, con accondiscendenza e, a volte, persino complicità. La voce operaia sembra oramai una specie di rumore di fondo, non avendo più nessuna forza politica e mediatica; le lotte della logistica ne sono una prova, anche se hanno provato e provano a spezzare questo modo di agire. Risultato ne è stato, che ad essere spezzata è stata la vita di un operaio che scioperava.
Abd el-Salām el-Danaf non era un “immigrato” come lo si figura generalmente nell’immaginario collettivo. Era una persona dotata di cultura, e soprattutto di una precisa coscienza di classe. Militante USB (Unità Sindacale di Base). In Italia, nel 2016, si è riaperto il conto dei lavoratori e delle lavoratrici ammazzati durante uno sciopero o una manifestazione sindacale. E’ tornato il ‘900.
Però, che questo ‘900 è tornato lo si è visto, con scarsissima informazione e copertura, anche da un altro fatto. Ad esempio, l’immediata reazione spontanea di una marea di fabbriche. Il giorno stesso si ferma la SAME di Treviglio; il giorno dopo la GKN, la Piaggio di Pontedera, la Oerlikon di Torino, la Electrolux, la Motovario. A Modena si ferma persino la Ferrari, assieme ad altri stabilimenti del gruppo FCA (l’ex Fiat, insomma). Scioperi spontanei, mentre la USB indice lo sciopero del settore della logistica con blocchi e presidi a tutti gli stabilimenti GLS. Scende in sciopero anche la Filt-CGIL della Lombardia. Da sottolineare, però, un’ulteriore certa distanza tra la reazione di parecchie strutture della CGIL ed alcuni suoi dirigenti: il segretario della Filt nazionale, ad esempio, afferma che i lavoratori avrebbero dovuto evitare di chiamare in causa il Ministero degli Interni in quanto, secondo lui, “Gli appalti della logistica sono soggetti a azioni non regolamentate e violente quali blocchi illegittimi e selvaggi delle attività”. Parole di un dirigente sindacale di sinistra, non so se ci siamo capiti. O forse ci siamo capiti anche troppo bene.
Sabato 17 settembre 2016, a Piacenza, viene indetta una grande manifestazione di protesta e di solidarietà per l’assassinio dell’operaio Abd el-Salām el-Danaf. Alla quale prendo parte anch’io, assieme ad un’amministratrice di questo sito, che è di Piacenza. Alla quale prendono parte migliaia di persone, di lavoratori, di cittadini arrivati da tutta Italia. E’ una giornata di fine estate, ma ancora caldissima, e che poi si scioglierà in un acquazzone. Nei due giorni prima, a Piacenza, piccola città tranquillissima, scoppia il terrore: una manifestazione del genere non si è mai vista, da quelle parti. Arrivano gli operai, arrivano i centri sociali, arrivano naturalmente anche i black bloc a pullman interi, a trenate. Nei giorni precedenti, il sindaco di Piacenza (del PD) è nel panico e, coadiuvato dalla stampa, invita i commercianti alla serrata. I commercianti rispondono alla perfezione: a Piacenza non c’è un negozio aperto nemmeno a cercarlo col binocolo. Le strade sono pressoché deserte mentre il grosso corteo si muove e procede dal piazzale della Stazione ferroviaria.
Piacenza, 17 settembre 2016.
Si manifesta, ma non solo. E’ una risposta di classe, che supera persino i confini delle organizzazioni sindacali e di certi loro indicibili dirigenti. Supera, soprattutto, le nazionalità e le “religioni”. Ci sono i bergamaschi che scioperano e manifestano per un lavoratore egiziano che riconoscono come loro compagno, per un professore passato dalla distribuzione di cultura a quella dei pacchi. Per un lavoratore ammazzato dal capitale, non per un “immigrato” o quant’altro. La propaganda razzista va a farsi fottere, però a Piacenza si avanza nel deserto. Fa caldo e qualcuno ha sete, si vorrebbe comprare una bottiglia d’acqua. Ma tutto è chiuso, tranne, si pensi un po’, un “fast food” della catena Burger King. Il quale fa soldi a palate esaurendo le scorte di bottigliette d’acqua minerale distribuitegli sicuramente da qualche azienda logistica e forse, chissà, dalla stessa GLS. Viene da pensare che avrebbe potuto portargliele, quelle bottigliette, persino Abd el-Salām. Non succede naturalmente niente durante il corteo, “scortato” da forze di polizia che nemmeno ci fosse stata la rivoluzione in corso.
Abd el-Salām ammazzato per profitto. Abd el-Salām ammazzato dal capitale. Nessuno striscione, nessuna “verità per” o “Truth for”, come s’invoca tanto per il ricercatore Giulio Regeni torturato e ammazzato in Egitto per motivi che, invece, si sanno benissimo ed anche fin troppo bene.
A Bologna, qualche giorno dopo, viene occupato un immobile e ne viene fatto uno Spazio sociale liberato che viene intitolato a Abd el-Salam el-Danaf. Ma a “ricordarlo” degnamente e ancora di più, ci pensa, come sempre, la polizia dello stato italiano. Il 28 febbraio l’Abd el-Salam viene sgomberato manu militari.
E allora Alessio Lega, qualche mese dopo, ci ha voluto scrivere sopra una canzone, che è ancora inedita. Qualche mese dopo, quando di Abd el-Salām pochi ancora si ricordano. Mentre le lotte continuano, quasi in silenzio, quasi ad ogni ora, quasi in ogni nostro piccolo ma ben fornito frigorifero. Mentre va sempre bene, come del resto sempre è andato per il capitale, allearsi con la morte. Un’alleanza che non finirà mai. [RV]