Becco di ferroNon si tratta di fare l’anarchia oggi, o domani o tra dieci secoli; ma di camminare verso l’anarchia oggi, domani e sempre. (Errico Malatesta)
7. Furti e rapine in calo ma crescono usura e frodi informatichedi Michela Finizio Il Sole 24 Ore, 9 ottobre2017 Quasi 7mila reati vengono commessi ogni giorno in Italia. Circa 284 ogni ora. Un dato in calo del 7,4% su base annua, che consolida le …
9. Nuovo codice antimafia, creditori più tutelatidi Giovanbattista Tona Il Sole 24 Ore, 9 ottobre2017 Più certezze per i creditori delle imprese sequestrate alla mafia. È questo uno degli obiettivi della riforma del Codice antimafia che …
13. Roma: Messa alla prova, apre a il primo sportello d’Italiadi Teresa Valiani Redattore Sociale, 9 ottobre2017 Inaugurato in Tribunale il nuovo ufficio Map/Lpu che consentirà ad assistenti sociali, avvocati e funzionari di lavorare insieme, ridurre …
16. “E adesso la palla passa a me”, di Antonio Mattoneagensir.it, 9 ottobre2017 Mattone (Comunità S. Egidio), “solo l’assunzione di responsabilità da parte di chi ha commesso errori può creare percorsi virtuosi per uscire da criminalità”. “E adesso …
AFFARI SOCIALI
17. Allarme fanatismo, nessuno è immunedi Pierluigi Battista Corriere della Sera, 9 ottobre2017 Secondo Amos Oz cresce la tentazione di nuove intolleranze, senza finestre e senza porte, senza aria e senza luce, nel “dogmatismo …
20. Turchia. Incriminata la direttrice di Amnesty Internationaldi Monica Ricci Sargentini Corriere della Sera, 9 ottobre2017 Rischiano fino a 15 anni di carcere la direttrice di Amnesty International in Turchia Idil Eser e gli altri dieci attivisti dei …
Questo notiziario è registrato al Registro Stampa del Tribunale di Padova (n° 1964 del 22 agosto 2005)
e al Registro Nazionale degli Operatori della Comunicazione (n° 12772 del 10 dicembre 2005).
Ha ottenuto il Marchio di Certificazione dell’Osservatorio A.B.C.O. dei Beni Cultural
Commenti disabilitati su Notiziario dal e sul carcere di Ristretti.it – 9 ottobre 2017
3. Quante differenze tra i giudici in Europadi Sabino Cassese Il Sole 24 Ore, 8 ottobre2017 Parliamo tanto dei giudici di casa nostra. Ma come sono preparati e scelti, come operano e si organizzano, quale ruolo svolgono nelle loro …
12. La violenza “spettacolare” e il suo terreno di colturadi Mauro Magatti Corriere della Sera, 8 ottobre2017 Ampia accessibilità dei mezzi, moltiplicazione dei fini, desidero di riconoscimento, isolamento sociale sono gli elementi di un fenomeno …
13. Figli che uccidono i padri, succedeva già nell’antica Romadi Teresa Ciabatti La Lettura del Corriere, 8 ottobre2017 “Volevo uccidere mio padre” dichiara ai pm Manuel Foffo assassino, insieme a Marco Prato, di Luca Varani. “Non posso biasimarti …
17. Russia. Proteste anti-Putin, oltre 270 persone arrestatedi Giuseppe Agliastro La Stampa, 8 ottobre2017 La manifestazione più grande a San Pietroburgo contro l’arresto di Aleksey Navalny. L’opposizione russa torna in piazza contro Vladimir …
18. Venezuela. Arrestati 3 giornalisti: c’è anche un italianoLa Repubblica, 8 ottobre2017 Roberto Di Matteo stava conducendo un’inchiesta sulle carceri. Insieme a lui un venezuelano e uno svizzero. La conferma della Farnesina. Tre giornalisti …
Questo notiziario è registrato al Registro Stampa del Tribunale di Padova (n° 1964 del 22 agosto 2005)
e al Registro Nazionale degli Operatori della Comunicazione (n° 12772 del 10 dicembre 2005).
Ha ottenuto il Marchio di Certificazione dell’Osservatorio A.B.C.O. dei Beni Culturali
Commenti disabilitati su Notiziario dal e sul carcere di Ristretti.it – 8 ottobre 2017
Il business, lo sappiamo, è capace di trarre profitto da qualunque cosa, che si parli di bisogni primari o di tempo libero. Ma non fa solo questo. La vicenda della campagna per la prevenzione del cancro al seno lo dimostra ampiamente, in caso fosse necessario.
Non vado oltre e lascio la parola al video “La vera storia del nastro rosa“, sottotitolato in italiano, che vi spiega tutto. Il video è tratto da un articolo di DinamoPress che trovate a seguire, ma mi sono preso la libertà di metterlo in apertura.
Per il mese sulla prevenzione per il cancro al seno, la Lega Italiana per Lotta contro i Tumori (LILT) lancia l’ennesima campagna con figure ammiccanti e quasi provocanti. Abbiamo bisogno di una narrazione diversa sul cancro al seno, che non nasconda sofferenza e malattia.
Potremmo parlare della sofferenza della malattia. Delle cicatrici sui seni. Dei seni senza capezzolo. Del dolore della perdita. Di donne che si ritrovano in menopausa precoce alla soglia dei 40 anni. Di donne che hanno un tumore metastatico, eppure vivono. Di donne che sono morte perché lo hanno avuto.
Potremmo parlare della forza delle donne che combattano e convivono con la malattia. Di donne che non hanno i soldi per curarsi, dei limiti del nostro sistema sanitario, dei limiti della ricerca sul cancro. Potremmo parlare del fatto che ogni anno sempre più donne, e anche uomini, si ammalano di cancro alla mammella.
Ma no, purtroppo non parleremo di questo. Perché le campagne dedicate al mese per la prevenzione del cancro al seno sembrano incentrate su altro.
Una su tutte, la campagna della Lega Tumori (LILT) che usa l’hashtag #fatelevedere e un disegnino di una donna stilizzata che si slaccia la maglietta con gli occhi socchiusi.
Certo, forse in un mondo in cui tutto si vende, tutto si compra, dovremmo accettare che anche il cancro al seno possa diventare un brand, tramite il quale fare delle corrette campagne di marketing. E si sa, le tette vendono, hanno sempre venduto. Nel 2015, infatti, l’hashtag di riferimento della campagna sulla prevenzione è stato #escile. Con un bel cartellone con Anna Tatangelo mentre stringe il seno fra le braccia, sempre in posa ammiccante.
La sessualizzazione del seno in una campagna contro il cancro è l’altra faccia di una società che dice alle donne di non allattare in pubblico, perché il seno in pubblico non si fa vedere. Come se il seno di per sé sia sempre e comunque sessuato e sensuale. Mentre ogni anno, sempre più donne, sempre più giovani si ammalano di cancro al seno.
Il costo di una mammografia bilaterale è di circa 30 euro se effettuata in convezione con il SSN (il costo del ticket), mentre è gratuita ogni 2 anni per le donne con età compresa tra i 45 e i 69 anni. Alcune regioni durante il mese di ottobre offrono screening gratuiti per ogni età. Forse sarebbe il caso di avere screening gratuiti sempre? Forse sarebbe il caso di aumentare i fondi alla ricerca nelle cause del cancro, e non solo sulle cure? Forse dovremmo conoscere meglio le cause ambientali che possono provocare il cancro?
Forse il cancro al seno non è riducibile a un nastro rosa?
Le attiviste americane della Breast Cancer Action sono le ideatrice della campagna ‘Think Before you Pink’. Sulla stessa linea, in Italia si può seguire il blog delle Amazzoni Furiose. Nel documentario ‘Pink Ribbons Inc’ (Nastri Rosa Spa – sottotitolato ora anche in italiano), si spiega molto bene quali sono i problemi dell’industria del Nastro Rosa. Si ripercorre la storia di come Estee Lauder e Self si siano appropriate dell’idea, e abbiano cambiato il colore del nastro per renderlo più appetibile per il mercato femminile:
Ed è questo che fanno le campagne come #fatelevedere: nascondono il corpo malato, il corpo diverso, magari con un seno solo o con delle cicatrici. In questo modo evitano di parlare della realtà della malattia e della sofferenza a essa legata. Forse le campagne per la prevenzione dovrebbero essere costruite per dare voce a chi è malata, a chi lo è stata e a chi sarà sotto controllo per tutta la vita in seguito alla malattia. Raccontare gli effetti della malattia, affinché si costruisca consapevolezza. E affinché la ricerca scientifica si focalizzi anche sulle cause che provocano l’aumento del numero dei casi di cancro. Purtroppo se ogni anno aumentano i numeri di persone che si ammalano di cancro, non è vero che stiamo sconfiggendo la malattia.”.
In chiusura una infografica da D.Repubblica del 15 settembre scorso che integrava un interessante articolo (qui) i cui dati sono stati presi da I numeri del cancro in Italia 2017.
Commenti disabilitati su Parliamo di donne – Ottobre, mese della campagna per la prevenzione del cancro al seno, ma anche per smascherare le speculazioni che ci sono dietro
3. Legnini (Csm): “basta toghe nei talk show”di Fabrizio Caccia Corriere della Sera, 7 ottobre2017 Il vicepresidente del Csm non nomina Davigo ma accusa “chi passa da tv e giornali alla Cassazione”. No ai giudici nei talk show. Giovanni …
5. Lo stalker paga e viene assolto. Orlando: “cambieremo la legge”di Giulia Merlo Il Dubbio, 7 ottobre2017 “Il reato di stalking deve essere cancellato da quelli per i quali è possibile dichiarare l’estinzione in forza delle condotte riparatorie dell’imputato”. …
7. L’antifascismo e le fragilità della sinistradi Luca Ricolfi Il Gazzettino, 7 ottobre2017 Ci sono, nella vita, segni abbastanza inequivocabili: se hai 40 di febbre c’è, nel tuo corpo, qualcosa che non va. Anche in politica ci sono segni …
8. Codice antimafia, i penalisti bocciano le nuove regoledi Giovanni Negri Il Sole 24 Ore, 7 ottobre2017 “Una politica preoccupata di accreditarsi presso la opinione pubblica come paladina della lotta alla corruzione, senza macchia e senza riserve, …
9. Consip è stato un complotto: sapremo mai chi l’ha ordito?di Piero Sansonetti Il Dubbio, 7 ottobre2017 Probabilmente no, non lo sapremo mai. basta però che non tornino a farci la lezione sul giornalismo con la schiena dritta e i magistrati che vogliono …
LETTERE
10. Il decalogo di tortura al 41bisdi Carmelo Musumeci imgpress.it, 7 ottobre2017 Un nuovo provvedimento emanato dal Dap (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) del Ministero della Giustizia regolamenterà, e torturerà …
25. Libia. I trafficanti di uomini cacciati da Sabratadi giordano stabile La Stampa, 7 ottobre2017 Successo delle forze di Al-Serraj ma anche Haftar ha partecipato con una sua milizia. Il clan dei Dabbashi, “specializzato” nel traffico di migranti, …
27. Perù. Fujimori e la sterilizzazione forzata di 200mila donnedi Monica Ricci Sargentini Corriere della Sera, 7 ottobre2017 Duecentomila donne sterilizzate senza il loro consenso durante il mandato del presidente peruviano Alberto Fujimori (1990-2000). …
Questo notiziario è registrato al Registro Stampa del Tribunale di Padova (n° 1964 del 22 agosto 2005)
e al Registro Nazionale degli Operatori della Comunicazione (n° 12772 del 10 dicembre 2005).
Ha ottenuto il Marchio di Certificazione dell’Osservatorio A.B.C.O. dei Beni Culturali
Commenti disabilitati su Notiziario dal e sul carcere di Ristretti.it – 7 ottobre 2017
Un’interessante riflessione di Ascanio Celestini su quello che è realmente il ruolo delle forze dell’ordine e sulle tecniche subdole, ma neanche poi tanto subliminali, per inculcare nell’opinione pubblica un’immagine benevola degli sbirri. Il tema non è certo nuovo e molti studiosi ne hanno scritto e parlato, ma la maniera con cui ne parla Celestini è a mio avviso eccellente perché usa linguaggio e immagini comprensibili a tutti. Mi viene da aggiungere, perdonatemi l’immodestia, un’ulteriore riflessione, sempre nel solco celestiniano. Esiste un antidoto a tutti gli sceneggiati, i libri etc che ci propongono poliziotti e carabinieri, ma anche secondini, dal volto umano, dai nobili principi ed al servizio del popolo? Io penso di sì e mi riferisco, per restare nell’ambito cinematografico, a “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”, stupendo film di Elio Petri interpretato da par suo dall’indimenticabile Gian Maria Volontè, che nell’ormai lontano – non solo temporalmente – 1970 spiegava la funzione della polizia a difesa del potere e il potere abnorme di cui godono gli sbirri in cambio del loro sporco lavoro. (Sotto, una scena del film). Le prime due immagini le ho inserite io, le altre due sono tratte dall’articolo su comune-info.net, ma in ordine inverso.
“Vale la pena rileggere alcuni frammenti di un testo del 1972. Uno dei pochi studi seri storico antropologici sull’istituzione della polizia: La Polizia di Angelo D’Orsi. Al paragrafo ‘La filosofia dell’ordine’ ci ricorda che “la polizia è l’istituzione cui è affidato, dalle classi detentrici del potere, il compito della gestione della violenza per proteggere l’assetto sociale dato, per difendere – o realizzare – l’ordine politico voluto. Ma, proprio ai fini della sua stessa autoconservazione, la polizia ha l’esigenza di ricoprirsi con una specie di nube protettiva di tipo pubblicitario (…) Si tratta cioè di persuadere la pubblica opinione che la polizia è necessaria, è al servizio di tutti, è imparziale, è democratica, è controllata, funziona ottimamente”.
Non ci dobbiamo mai dimenticare di questo strumento che le forze dell’ordine utilizzano: la violenza. L’uomo in divisa ha manganello, pistola e manette. Le usa con due finalità correlate: mantenere l’ordine politico e difendere se stesso.
Temo che il poliziotto non arresti un ladro per difendere la proprietà del derubato, ma per difendere il sistema, per dichiarare che il sistema non permette che ci siano furti. Arresta l’assassino non per impedire che compia altri crimini o perché venga punito per quelli che ha compiuto, bensì per tutelare un sistema che altresì risulterebbe indebolito.
E lo fa con la violenza. La violenza non è l’extrema ratio, ma il principale strumento che gli viene messo a disposizione. L’uomo in divisa è l’unico che può usarla. È come il cavatappi per il sommelier.
Mi si dirà: e che cambia? Se una guardia impedisce che ti rubino il motorino… che te ne frega se lo fa per te, per sé o per il sistema? E se può sparare è anche meglio. Risulta più efficiente.
Mi importa perché è tutto un altro gioco. Per la salvaguardia del sistema le stesse guardie lasciano i migranti nei campi in nord Africa in balia di guardie ancor più violente. Per la salvaguardia del sistema può morire un sedicenne di Traiano (Davide Bifolco), ma non un suo coetaneo del Vomero (la morte di un sedicenne del Vomero sarebbe contro il sistema). Per la salvaguardia del sistema e degli uomini in divisa che lo difendono il processo sulla morte di un diciottenne di Ferrara (Federico Aldrovandi) si chiude con una pena ridicola.
Ma è difficile affrontare questo discorso oggi. Un po’ per il giustizialismo che porta consensi e voti più o meno a tutti i partiti. Un po’ per una terribile propaganda che in questi anni è stata fatta a favore delle forze dell’ordine. Decine di film e soprattutto fiction che ci mostrano uomini e donne in divisa che scoppiano di umanità. Persone eticamente perfette, sensibili e persino simpatiche fino alla comicità.
Mi ricordo un brutto film sull’eccidio alle fosse Ardeatine, Rappresaglia, con Marcello Mastroianni e Richard Burton. L’attore americano interpretava Kappler, l’ufficiale tedesco responsabile di rastrellamenti e stragi. Il partigiano Pasquale Balsamo disse “quando fai fare la parte di Kappler a Richard Burton… hai detto tutto”.
Non ce la fai a immaginarti ragazzi e ragazze massacrati di botte da Gigi Proietti a Bolzaneto. Non ce la fai a immaginarti Nino Frassica che spacca la faccia a Cucchi o ammazza di botte Aldrovandi.
Commenti disabilitati su “Violenza, fiction e cavatappi”: un articolo di Ascanio Celestini sul vero ruolo della polizia e l’opera di make up per farcela sentire amica
Le vicende della repressione spagnola in seguito al referendum indipendentista della Catalogna hanno scatenato un dibattito che, come da copione, più procedeva meno aveva a che fare col confronto di idee per somigliare ad una disputa calcistica, e la posizione espressa dai giocatori del Barça ha creato anche qualche contraddizione tra tifo calcistico e tifo politico. In questo quadro desolante ci sono state probabilmente anche interventi ragionati e ragionevoli, ma sicuramente sono stati oscurati dallo starnazzare di troppi galletti nel pollaio mediatico. E’ quindi con positivo stupore che ho accolto l’articolo “Anarchists on the Catalan Referendum – Three Perspectives from the Streets” (Anarchici sul referendum catalano – Tre prospettive per le strade) contenuto nel CrimethInc. Ex-Worker Bulletin #4 October 4, 2017. Ho quindi provato a tradurlo, precisando una volta di più il livello artigianale del mio lavoro di traduzione, come ad esempio il passaggio da un tempo verbale all’altro. (Per stemperare la prevedibile incazzatura montante ho scelto come musica di sottofondo i walzer di Strauss….).
L’immagine di apertura di Crimethinc
“Domenica 1 ottobre, il governo catalano ha tenuto un referendum sull’indipendenza catalana dalla Spagna in flagrante sfida al governo spagnolo. Massicci scontri tra gli elettori catalani e la polizia spagnola hanno avuto luogo in tutta la regione. Uno sciopero generale è chiamato per il 3 ottobre come uno showdown tra politici rivali e, forse, stati rivali. Questa situazione pone sfide complesse: come possono gli anarchici mostrare solidarietà ai partigiani dell’indipendenza catalana contro la repressione della polizia senza legittimare il nazionalismo, la democrazia, o un nuovo stato catalano e la sua polizia? Abbiamo parlato con diversi anarchici in tutta la regione e tradotto queste tre relazioni per offrire informazioni su come gli anarchici catalani si stanno avvicinando a queste domande.
Il Mossos “(polizia catalana) ha annunciato che i seggi elettorali sarebbero stati chiusi o sgomberati dalle 6 di domenica mattina. Questo può essere inteso come un modo per incoraggiare le persone a proteggere i centri di voto. La Guardia Civil e la polizia antisommossa del Policia Nacional (polizia spagnola) era stato traghettata in Catalogna su navi da crociera e alloggiati negli alberghi. E ha cominciato a sgomberare i centri di voto dalla mattina presto, infliggendo almeno 844 lesioni documentate in Catalunya. Oltre un centinaio di persone sono state ricoverate in ospedale, alcune in grave condizione. Il numero effettivo di lesioni può essere notevolmente superiore. In un caso, un uomo anziano ha avuto un infarto dopo una carica della polizia; la polizia ha attaccato di nuovo mentre la gente cercava di rianimarlo. Un altro è stato colpito negli occhi con un proiettile di gomma.
Gli agricoltori bloccato le strade dal porto di Barcellona per evitare che la Guardia Civil spagnola possa uscire dalle navi da crociera.
Prima prospettiva: una panoramica
Ieri, 1 ottobre, il referendum per l’indipendenza catalana si è svolto nel mezzo di un’enorme operazione di polizia. Il governo di Madrid ha minacciato di chiudere i luoghi in cui il voto stava per avvenire; al fine di evitare che questo accadesse, i catalani hanno occupato quegli spazi, che comprendevano la metà delle scuole superiori in tutta la Catalunya, due giorni prima. In alcune città, la gente ha persino tolto le porte in modo che non potessero essere chiuse per bloccare i potenziali elettori.
La gente si è riunita a partire dalle 6 del mattino per proteggere le urne, mentre la polizia si presentava al di fuori di molti seggi elettorali per rimuoverli. La parola d’ordine del giorno era di difendere le urne non violentemente, e all’interno di questo quadro abbiamo visto molti schemi diversi di resistenza spontanea compresi i trattori che bloccano le strade e le persone che correvano ad organizzarsi per assicurarsi che tutti i punti dove la polizia avrebbe potuto andare fossero stati coperti. In alcune città, la polizia è stata arrestata con le barricate. Un episodio rilevante per me è che nella città di Sant Carles de la Rapita la Guardia Civil è stata costretta indietro con una pioggia di pietre.
In migliaia di città, le persone si opponevano alla polizia. È difficile sapere fino a che punto l’auto-organizzazione sia arrivata, anche se nelle grandi città la maggior parte delle persone ha bevuto il Kool-Aid di nonviolenza e si lasciano picchiare. Questo ha creato alcune situazioni surreali: la polizia picchiava le persone che volevano votare e confiscare le urne per “difendere la democrazia”, i vigili del fuoco formavano cordoni di sicurezza per proteggere gli elettori dalla polizia, e scontri tra polizia spagnola e catalana. Tutto questo ha generato la simpatia dal popolo verso la polizia catalana (che sono noti per essere veri figli di puttana), a tal punto che la gente applaudiva quando vedeva i furgoni della polizia catalana passare. Era kafkiano.
Alla fine della giornata, il Presidente Rajoy è stato soddisfatto delle azioni della polizia e ha affermato che in Catalogna “non c’era stato alcun referendum.” Dall’altro lato, Puigdemont, il Presidente catalano, ha affermato che la Catalogna avrebbe applicato la legge del referendum secondo la quale deve proclamare la nuova Repubblica catalana nei giorni successivi al referendum. Ha fatto appello ai capi di stato europei e internazionali per mediare il processo.
I vigili del fuoco catalani fanno da barriera protettiva tra la Guardia Civil e chi cerca di accedere ai seggi.
Non c’è una sola posizione anarchica su tutto questo. Gli anarchici rifiutano la politica istituzionale, il nazionalismo borghese e la collaborazione di classe, e non applaudiremo mai la polizia catalana. A volte, la situazione non è invitante alla partecipazione per gli anarchici. Anche così, ci sono molti che affermano che dove vivono, si trovano sul lato di coloro che hanno deciso di occupare le strade. Quale anarchico può rimanere in casa, mentre la polizia minaccia e picchia le persone che desiderano avere più voce in capitolo nella loro vita? Si è tentati di voler rompere lo stato spagnolo o, se non per distruggerlo, almeno per indebolirlo attraverso una lotta popolare. E quando la gente è per le strade, questo presenta la possibilità che le cose potrebbero traboccare, superando i loro limiti… anche se al momento, questo è difficile in quanto sono i politici che detengono l’iniziativa.
Le organizzazioni anarchiche e antiautoritarie e i sindacati e i sindacati indipendenti hanno chiesto uno sciopero generale per il 3 ottobre. Ieri, all’ultima ora, CCOO e UGT (i sindacati “pompieri” che riassorbono e addomesticano le lotte popolari) e l’ANC insieme all’Omnium culturale (le organizzazioni che articolano il nazionalismo borghese nella sua forma più pura) si sono uniti alla chiamata per lo sciopero generale.
Visca la Terra Lliure de patriotismes! Ecco ad una terra priva di patriottismo!
La Guardia Civil ha fatto irruzione in 300 dei 2300 seggi elettorali in Catalogna.
Sto scrivendo questo appena uscito da un’Assemblea perché domani ci sarà uno sciopero generale in Catalunya. In realtà, non lo considerano uno sciopero, più come un arresto di lavoro. Dai quartieri, le persone stanno organizzando piquetes (blocchi) e alcune dimostrazioni. Questi sono stati giorni instancabili, pieni fino in cima. Immagino che avete visto le immagini degli avvenimenti del 1 ° ottobre, che sono stati davvero, davvero pazzeschi.
Gli anarchici si sono presentati tardi e mal preparati per il processo di indipendenza. Per cinque anni, la proposta di indipendenza è stata gestazione dalla Generalitat (il governo catalano) e daipartiti politici catalani di sinistra e indipendentisti, come la CUP. I movimenti anarchici e anti-autoritari non hanno realmente tenuto il passo con il movimento per un referendum sull’indipendenza, quindi tutta questa faccenda ci ha colto quasi di sorpresa, il che non ci ha messo in una buona luce considerando che è in corso da cinque anni. Spesso, viviamo nella nostra bolla, mentre il mondo cambia e le forze costruire senza che noi ce ne rendiamo conto.
A partire da alcuni mesi fa, vari vicini, tra cui alcuni che appartengono alla Assemblea nazionale (Independentista), altri al partito della CUP, e altre persone che sono più vicini al movimento Independentista, tutto ha iniziato a organizzarsi in comitati in difesa del referendum. La censura spagnola stava dilagando davanti al voto, e lo stato prendeva provvedimenti per controllare ciò che appariva su Internet, specialmente nei momenti giusti prima del referendum.
Attraverso questi comitati di difesa del quartiere, le persone organizzarono assemblee che non controllate dall’Assemblea nazionale (indepedentista), né dal governo catalano che è la forza motrice dietro il referendum. Ci sono state tensioni tra i rappresentanti dell’Assemblea nazionale, il governo, e le assemblee di quartiere perché le assemblee chiedevano istruzioni del governo catalano su come difendere le loro città. Nei giorni che hanno portato al referendum il 1 ° ottobre, c’era un sacco di nervosismo da parte del governo, perché c’erano molte parti del movimento Independentista che non potevano davvero controllare. Alla fine, le assemblee di quartiere erano responsabili di gran parte della logistica di quello che è successo il giorno del voto, determinando come le persone si sono organizzati e come hanno difeso le stazioni elettorali.
La violenza della polizia spagnola
Gli anarchici non avevano pensato a cosa fare in relazione a questo movimento fino a quando il referendum si stava avvicinando e lo stato spagnolo cominciò a decifrare le libertà civili. Di fronte alla censura imposta dallo stato, un gran numero di gruppi anarchici provenienti da diverse parti di Barcellona, che si erano già organizzati nelle loro assemblee di quartiere e centri sociali, ha deciso di dare sostegno alla Independentista locale movimenti.
All’interno del movimento anarchico, ci sono persone che sostengono il referendum stesso e anche persone che non lo fanno. Gli indipendentisti chiedono diritti democratici fondamentali e libertà civili, come il diritto di voto, e alcuni anarchici credono che gli anarchici dovrebbero essere là fuori con loro. Ci sono anche persone coinvolte nel movimento per l’indipendenza di cui abbiamo perso traccia di anni fa, quando i partiti politici come CUP e Podemos che ha guadagnato slancio dopo che il movimento 15M nel 2011 ha istituzionalizzato l’energia venuta dalle strade. Con il referendum, le persone stanno tornando alle strade, così noi abbiamo deciso che era importante anche per noi essere là fuori. Ma questo ha creato un grande dibattito all’interno e tra collettivi anarchici, perché sicuramente non proveniamo politicamente dallo stesso luogo degli independentisti.
Per noi, è stato davvero complicato. Per me personalmente, certo, tengo posizioni contraddittorie per tutto il tempo, come sostenere alcune campagne riformiste o impegnarsi con movimenti di singolo problema… ma per difendere un processo democratico verso l’indipendenza nazionale… è molto difficile capire dove mi trovo. Anche molti dei compagni nel nostro quartiere stanno cercando di capirlo.
Stiamo organizzandoci e coordinandoci con gruppi independentisti che sono stati attivi nel quartiere. Abbiamo partecipato ad alcune assemblee e annunciato che il giorno del referendum, avremmo aperto il nostro centro sociale come un punto di informazione, cibo e prese elettriche per la ricarica cellulari, un luogo dove si poteva riposare e reidratarsi. Questo è stato anche un modo per suggerire alle persone che credevano nell’autodeterminazione, anche attraverso mezzi statalista, che ci sono altri modi per prendere il controllo diretto sulle nostre vite, in questi spazi ai margini della società. Quindi Sì, abbiamo deciso di prestare il nostro sostegno. Ieri è stato il giorno del voto, e non c’era altro argomento né sulle notizie o nelle discussioni sulla strada. Era l’unico argomento di conversazione.
Graffiti anarchici a Barcellona, settembre 2017.
Sulla strada dove vivo, c’erano due stazioni elettorali. A partire dalle 5 del mattino siamo usciti per strada ed abbiamo eretto barricate. La polizia catalana è venuta a dirci che non ci era permesso farlo. Poi hanno marciato e alle 8 la giornata elettorale è iniziata. C’erano così tante persone fuori. Onestamente, è stato difficile non farsi travolgere in quello che stava accadendo-un sacco di persone anziane, un sacco di persone eccitate. Da un lato, era davvero eccitante; d’altra parte, era un po’ surreale, in quanto gli elettori independentisti si comportavano come se stessero facendo i clandestini, (ndr, non so tradurre badass thing in the world” ).
Sono sicuro che tutti hanno già visto le scene di violenza che mostra la Policia Nacional e la Guardia Civil nelle scuole superiori di Barcellona e in altre città della Catalunya. Abbiamo sentito che il Policia Nacional sono stati schierati vicino a dove eravamo. Le cose si sono così intensificate ed è durato tutto il giorno.
Molti anarchici catalani hanno votato. Ho votato anch’io. La verità è che era difficile non lasciarsi trasportare dal momento.
Ancora violenza poliziesca
Per quanto riguarda un’analisi anarchica di quello che sta succedendo…
Molti di noi sono andati a casa ieri molto seccati perché abbiamo avuto un sacco di differenze con quanto stava accadendo. Circa due settimane fa, il collettivo anarchico qui nel mio quartiere ha avuto una discussione su se difendere o no il processo di “auto-determinazione” nazionale. Ci sono state molte persone vicine a noi, con le quali condividiamo molta affinità politica, che ha detto che era meglio lottare contro le istituzioni di uno stato catalano perché sarebbe stato uno stato più piccolo. Molte persone hanno anche sostenuto il processo nella speranza di destabilizzare lo stato spagnolo perché al momento lo stato spagnolo è molto indebolita. È un momento che potrebbe finire in entrambi i modi.
Personalmente, non mi piace nessuna delle opzioni. Non possiamo perdere traccia di dove ci troviamo come anarchici. Penso che dovremmo sostenere le persone per le strade, ma credo davvero che la cosa peggiore che potrebbe accadere a noi sarebbe se uno stato catalano guadagnasse l’indipendenza. Alla fine,credere che avremmo più controllo su di loro in uno stato più piccolo è solo un modo per legittimare le esclusioni sociali e politiche che esistono oggi. Ma è difficile per le persone vedere uno stato catalano come qualcosa di diverso da loro, soprattutto dopo aver lottato per anni per raggiungerlo.
Mentre la gente andava a votare appassionata fino al punto di piangere, diversi omicidi di polizia hanno avuto luogo a Barcellona negli ultimi mesi senza alcuna risposta. Nel frattempo, grazie al processo di referendum, i Mossos hanno ottenuto un’immagine di bravi ragazzi; fino ad oggi, hanno sempre ricevuto una copertura stampa negativa. La Policia Nacional (polizia spagnola) ha praticamente torturato le persone, lasciando molti con lesioni visibili. L’aspetto positivo è che l’opinione pubblica si è rivoltata contro di loro. Così la Policia Nacional ora sembra molto sporca, e i “Mossos sembrano più” puliti ” – anche se la loro attuale immagine” pulita “significa solo che saranno in grado di utilizzare questa legittimità per impiegare la violenza con meno ostacoli.
Credo che dobbiamo riconoscere la disobbedienza del popolo catalano, il loro confronto con la polizia, e la resistenza che hanno dimostrato. È stato incredibile. Come ho accennato, il movimento anarchico è arrivato in ritardo e mal preparato ad un processo che è stato in gestazione per cinque anni già. Non possiamo aspettarci di fare il lavoro di anni in appena un paio di settimane. Ritagliarsi il nostro spazio è difficile e dobbiamo prendere un approccio umile ad esso.
La gente di Catalunya contro la polizia di Spagna.
Nazionalisti spagnoli applaudono la Guardia Civil in viaggio verso la Cataogna
Terza prospettiva: alcune analisi
Il punto non è quello di contribuire a costruire un nuovo stato, ma piuttosto di dimostrare attraverso la pratica che l’auto-organizzazione, le reti di mutuo soccorso, e le assemblee sono la vera alternativa allo stato spagnolo, e attraverso questo ci troviamo, alcuni anarchici, ma anche molti altri. Ciò che è chiaro è che la lotta contro le gerarchie stataliste non è finita: semplicemente continua in un contesto diverso. Se uno stato catalano viene ad esistere, manterremo la nostra opposizione allo stato dalle stesse reti con le nostre stesse prassi, le nostre comunità, le nostre economie di mutuo soccorso.
Il mio nemico continua ad essere il capitalismo, i militari, il clero, i politici e i banchieri farsa. Gli anarchici non smettono di essere anarchici solo perché esprimono solidarietà con le persone che affrontano la rappresaglia dello stato. So benissimo quello che è successo nel 1937 (1) e che non dobbiamo abbandonare la nostra memoria dei tempi precedenti siamo stati traditi da statisti, ma dobbiamo anche opporci alla repressione dello stato attuale, altrimenti ci limiteremo a restare, a guardare? La nostra lotta deve essere presente nelle strade per offrire la nostra visione e denunciare la violenza dello stato, sia che si tratti di spagnolo, catalano o cinese!
Dobbiamo conoscere quello che è successo in passato, quando gli anarchici sono stati traditi. Dovremmo cercare di assicurarci che non succeda di nuovo, vale a dire, che dovremmo fomentare un consenso tra anarchici e anti-autoritari per quando questa situazione è finita, quando continueremo a costruire l’auto-organizzazione. Io per molti anni sino ad ora, ho lavorato per questo 24/7, e qualunque cosa accada io continuerò a farlo come ho fatto ogni giorno.
L’anarchismo non è un dogma, né è una religione. È una forma di vita, un modo di sentire e di agire come un essere umano in armonia con la terra. Ogni epoca ha il suo contesto, ed è vero che coloro che credono nello stato ci hanno tradito prima, ma dimentichiamo che senza di noi, non cambieranno neanche! Continueremo a influenzare la società nonostante noi stessi.
La corrente anarco-indipendentista è criticata da compagni che sono più “ortodossi” o dogmatici, a seconda di come li vedi. Ci sono alcuni che sostengono l’idea di indipendenza senza uno stato. Non è una posizione maggioritario, ma la considero valida. Per molto tempo, gli anarchici non hanno focalizzato l’attenzione sul tema dell’indipendenza. Ora questo problema è servito a ispirare dibattito e discussione; non siamo d’accordo con l’altro, ma cerchiamo di raggiungere un certo consenso.
Non so se dovremmo votare o no, ma so che il governo spagnolo sta diventando sempre più fascista di giorno. Non è che mi sorprende, in ogni caso io sono contro un governo che approva lo slogan “meglio insanguinata che rotta”, riferendosi alla penisola iberica e la cosiddetta Spagna, che indica già quanto sia vecchio questo argomento – qualcosa che è in corso per secoli.
Per quanto riguarda le organizzazioni anarchiche hanno preso posizioni su questo tema…
La CGT ha chiesto uno sciopero generale in Catalogna che sarà sostenuto dalla CNT-AIT, l’organizzazione storica che oggi è molto più piccola della CGT, un’Unione anarco-sindacalista che è più “aperta” e partecipa alle elezioni sindacali, con oltre 25.000 membri in Catalunya. Il CNT-AIT, purtroppo, non rappresenta nemmeno un venticinquesimo di questo importo. L’altro CNT ha una spaccatura molto dura con gli indipendentisti ed è contro gli anarco-indipendentisti.
La Cooperativa Integrale Catalana, pur non essendo un’organizzazione specificamente libertaria (cioè anti-autoritaria), ha molti membri attivisti. La loro struttura è orizzontale, basata in assemblee non gerarchiche, e prendono decisioni per consenso. È dedicato alla costruzione di reti economiche auto-organizzati e la protezione di piccoli progetti non gerarchici in Catalogna. Stanno sostenendo lo sciopero.
Oca Nera e Proces Embat sono organizzazioni anarco-Independentista che si organizzano con la CGT in alcuni aspetti della lotta.
La Federazione Anarchica di Catalogna è un’altra organizzazione relativamente nuova con una posizione a favore della celebrazione del referendum.
Ulteriori letture
1O: El Poble i les Seves Gàbies: an anarchist analysis in Catalan, speculatively exploring possible scenarios in the independence referendum, that appeared on September 20.
Qui ci riferiamo alla situazione creata da ERC (sinistra repubblicana della Catalogna), lo stato catalano, e il PSU (partito comunista) nel 1937 in mezzo alla rivoluzione aperta e la guerra civile. Erano decisi ad annientare gli anarchici e a spazzare via i loro importanti contributi alla collettività delle aziende agricole e dei luoghi di lavoro e alla lotta contro la reazione fascista condotta da Franco. Hanno forzatamente integrato le milizie anarchiche nell’esercito statale. Ci sono stati scontri feroci tra gli stalinisti e gli anarchici CNT-Fai, con il sostegno dei comunisti non-autoritari del POUM. Ciò ha prodotto numerosi scontri armati dalle due parti. Diciamo solo che molti compagni lo ricordano e non vogliono avere nulla a che fare con il CER contemporaneo, tanto meno con il partito democratico Catalano (PD cat), né con la CUP, anche se quest’ultimo partito sembra nutrire alcune tendenze libertarie nelle sue fila.
Commenti disabilitati su crimethinc.com: “Anarchici sul referendum catalano – Tre prospettive per le strade”
3. Codice antimafia, la giustizia inquinata dal sospettodi Massimo Krogh La Repubblica, 5 ottobre2017 In tema di giustizia, il “Codice antimafia” sembra voler privilegiare la sicurezza rispetto alla legalità, delineando un paese non tanto regolato …
4. Perché l’Italia si è rassegnata all’autoritarismo giudiziariodi Rocco Schiavone L’Opinione, 5 ottobre2017 Se la storia anche recente fosse veramente maestra di vita, in Italia si potrebbe dire che gli alunni sono tutti somari. Dai giornalisti, in …
7. Le ombre del Codice antimafia secondo i commercialistidi Patrizia Maciocchi Il Sole 24 Ore, 5 ottobre2017 Un amministratore giudiziario penalizzato e costretto a gestire i beni senza rete di protezione. È solo una delle ombre che il Consiglio …
20. Migranti. Il paradigma della sicurezza genera mostridi Don Armando Zappolini* Il Manifesto, 5 ottobre2017 Il piano del governo italiano, e dell’Ue, per bloccare i migranti in Libia è un caso esemplare della grave inadeguatezza della classe …
21. Migranti. Uno sciopero (della fame) per non sentirsi impotentidi Luigi Manconi e Antonella Soldo Il Manifesto, 5 ottobre2017 Lo scorso anno sono arrivati in Italia circa 26mila minori non accompagnati. Quest’anno “solo” circa 13.400. Ecco, dei …
Questo notiziario è registrato al Registro Stampa del Tribunale di Padova (n° 1964 del 22 agosto 2005)
e al Registro Nazionale degli Operatori della Comunicazione (n° 12772 del 10 dicembre 2005).
Ha ottenuto il Marchio di Certificazione dell’Osservatorio A.B.C.O. dei Beni Culturali
Commenti disabilitati su Notiziario dal e sul carcere di Ristretti.it
Iscrivi al notiziario i tuoi amici o colleghi, basta l’indirizzo mail (riceveranno richiesta di conferma):ISCRIZIONE
CARCERI
1. Dai libri ai colloqui, 41-bis uniformedi Giovanni Negri Il Sole 24 ore, 3 ottobre2017 Dagli alimenti alle sigarette, passando per riviste e giornali. Il ministero della Giustizia riordina le misure applicative del “carcere duro”, …
2. Ecco il decalogo sul trattamento dei detenuti al 41 bisdi Damiano Aliprandi Il Dubbio, 3 ottobre2017 A 25 anni dalla introduzione del regime carcerario duro per i boss arriva la Circolare del Dap. Linee guida che uniformano il regime del …
5. Processo penale, meno appellidi Giovanni Negri Il Sole 24 Ore, 3 ottobre2017 Si riduce l’area dei provvedimenti impugnabili. Sia per il pubblico ministero sia per gli imputati. Il Consiglio dei ministri, come anticipato …
6. Basta ricorsi dei pm sulle sentenze di condannadi Giovanni M. Jacobazzi Il Dubbio, 3 ottobre2017 Via libera in Cdm al Decreto legislativo sulle impugnazioni. Via libera ieri pomeriggio dal Consiglio dei ministri, in attuazione di una delle …
7. Nel Codice penale trova posto la tutela dei valori essenzialidi Giovanni Negri Il Sole 24 Ore, 3 ottobre2017 Al traguardo, con la prima approvazione da parte del Consiglio dei ministri, anche il decreto sulla riserva di Codice. Il provvedimento …
9. Cantone: un neo del Codice parificare corrotti e mafiosidi Patrizia Maciocchi Il Sole 24 Ore, 3 ottobre2017 L’equiparazione tra corrotti e mafiosi ai fini dell’applicazione delle misure di prevenzione è l’unico neo di una norma che va nella giusta …
12. Alcol alla guida, si patteggia con 1.400 eurodi Guido Camera Il Sole 24 Ore, 3 ottobre2017 La Procura della Repubblica di Torino mette online i propri criteri per la definizione con patteggiamento e decreto penale di condanna i processi …
14. Brescia: islamismo in cella, i rischi e i rimedidi Marco Toresini Corriere della Sera, 3 ottobre2017 In queste settimane, le notizie che arrivano dalle carceri bresciane, non sono belle notizie: parlano di tensioni quotidiane, atti di autolesionismo, …
19. Verona: Fatma, la donna che insegna l’Islam in carceredi Angiola Petronio Corriere di Verona, 3 ottobre2017 Da sei mesi va a Montorio, in un progetto pilota. È una donna, è islamica e da sei mesi nel carcere di Montorio fa “assistenza spirituale” …
23. Milano: Freedom Rugby, fare meta oltre le sbarremitomorrow.it, 3 ottobre2017 Quando dici Beccaria, se sei di Milano hai in mente due realtà – un liceo classico e un istituto penale per minori, certo impegnate in sfide educative molto diverse …
AFFARI SOCIALI
24. Ius soli, insegnanti e parlamentari digiunano per la leggedi Carlo Lania Il Manifesto, 3 ottobre2017 Parte oggi la staffetta di 800 docenti per l’approvazione del ddl sulla cittadinanza. Il presidente del Senato:”Si può fare”. “Per lo ius soli i …
26. Stati Uniti. Il terrorismo delle armidi Guido Moltedo Il Manifesto, 3 ottobre2017 Aggiungere un’etichetta “ideologica” all’ennesima strage non cambia il problema di fondo, che non è costituito dal terrorismo internazionale. È …
27. Stati Uniti. Il culto delle armi e il suo peso elettoraledi Marco Valsania Il Sole 24 Ore, 3 ottobre2017 Un altro massacro. Di proporzioni difficilmente immaginabili. Un altro, terribile tributo di sangue sull’altare del culto delle armi negli Stati …
28. Stati Uniti. L’immaginario stragista dell'”americano tranquillo”di Luca Celada Il Manifesto, 3 ottobre2017 Trump ha elogiato la polizia e compianto l’atto di “pura malvagità”. Non una parola sul “gun control”. Gli ultimi casinò sulla strip, prima che Las …
Questo notiziario è registrato al Registro Stampa del Tribunale di Padova (n° 1964 del 22 agosto 2005)
e al Registro Nazionale degli Operatori della Comunicazione (n° 12772 del 10 dicembre 2005).
Ha ottenuto il Marchio di Certificazione dell’Osservatorio A.B.C.O. dei Beni Culturali
Commenti disabilitati su Notiziario dal e sul carcere di Ristretti.it – 3 ottobre 2017
L’articolo che trovate sotto è stato pubblicato l’11 giugno scorso su comune-info.net, sito che ho scoperto solo in questi giorni: credo contenga riflessioni interessanti e quindi eccomi a rilanciarlo. Ed ecco come si presenta la redazione:
“Chi siamo? Non lo sappiamo bene, siamo in movimento. Comune abita lo spazio web (anche con facebook e twitter) e ama stare in mezzo alle persone (comuni), soprattutto a quelle che resistono nella vita di ogni giorno e si ostinano a ribellarsi facendo. Adesso e ovunque si trovino. Quello che vedete in queste pagine è prima di tutto un tentativo di rispondere al bisogno di cambiare la direzione del nostro sguardo, un sito che cerca di raccontare, accompagnare e moltiplicare i cambiamenti sociali profondi, spesso poco visibili. Ci interessano le trasformazioni e i movimenti che mettono in discussione il profitto e la mercificazione delle relazioni ma soprattutto il muoversi che sperimenta, tra limiti e contraddizioni, relazioni diverse da quelle di tipo capitalista. Le relazioni di chi mette (e si mette) in comune.”
La redazione attuale è composta da Gianluca Carmosino, Riccardo Troisi, Marco Calabria, Daniela Cavallo. La nuova testata di Comune è disegnata da Barbara Pulliero, precisano: “Nel 2012 hanno aiutato ad appendere un cartello sul web con sopra scritto Comune Alberto Castagnola, Monica Di Sisto e Alberto Zoratti.”
Su Comune-Info scrive anche l’irlandese John Holloway, autore di numerosi saggi politici – in italiano sono stati pubblicati “Che fine ha fatto la lotta di classe? (2003), “Cambiare il mondo senza prendere il potere. Il significato della rivoluzione oggi (2004) e più recentemente “Crack Capitalism (2012) edito da Derive Approdi.della redazione di Comune*
Da dove cominciamo? Capita spesso che le domande abbiano il pregio di esprimere in modo implicito ma semplice la cosa più importante. Nel nostro caso, la volontà di cambiare qualcosa che non ci piace, adesso. Eppure, a volte, quella espressa può sembrare una domanda oziosa, capace di provocare imbarazzo o situazioni di stallo anche in chi manifesta la ferma intenzione di volersi muovere, di voler re-inventare la vita in una dimensione comune e autonoma del fare.
Da dove cominciare, allora? Quando abbiamo cominciato noi, il penultimo giorno di marzo del 2012, poco più di cinque anni fa, avevamo un chiodo. Era quello di Ascanio Celestini, il primo articolo di Comune-info, che spiega in parole povere, come forse direbbe lui, che l’economia capitalista consiste in cinque miliardi di operai che fanno cento miliardi di chiodi e poi se li comprano. L’articolo di Celestini – ce lo aveva regalato proprio per aprire questa piccola avventura destinata al web – neanche a farlo apposta, si chiude con un’altra domanda: “io chiederei a marchionne, ai sindacati e agli economisti: ma noi, con cento miliardi di chiodi, che ce famo?”.
C’era molto di più del pur essenziale “cosa produrre e per chi?” in quella domanda. C’era la fine di un sistema-mondo. Forse è stato per questo che non abbiamo mai smesso di cercare e di porre domande, provando qua e là ad aprire concetti che nell’uso comune risultano imperforabili, tanto sembrano astratti o serrati. Concetti come quelli di tempo, di lavoro, crisi, economia, potere e via via così, in un lungo eccetera.
Cinque anni
In quell’anno, il 2012, dopo quella di Ascanio, le pagine di Comune lette furono 283.940, poco più di mille al giorno. Avevamo fatto giornali per tanto tempo e sapevamo bene di essere una pulce, eppure quella cifra ci sembrò un’enormità. Invece nel 2013 le pagine diventarono 688 mila. Nei tre anni successivi, il numero s’è assestato sempre poco sotto il milione e mezzo, in media 4 mila al giorno.
Cifre relativamente modeste ma impensabili, considerando che nella cucina in cui si mettono in pagina le notizie, le storie, gli approfondimenti, i titoli, i sommari e le immagini di Comune restiamo in tre. Tutti con mille e una difficoltà soggettive, malgrado una certa tenacia nel perseguire l’ambizione di poter raggiungere un giorno un reddito minimo capace di garantire a ciascuno la dignità per vivere.
Siamo ancora una pulce, sia chiaro. Oppure un minuscolo asteroide nell’immensa galassia del web planetario, come scrivemmo nella prima campagna di Comune, ma quando abbiamo festeggiato a Roma il quinto compleanno, il primo giorno di aprile, molte delle 250 persone venute a farci gli auguri ci hanno detto, facendoci pure un po’ arrossire, che per loro questa nostra bizzarra e inadeguata fatica è davvero utile, anzi è molto importante. Il perché, l’hanno scritto, ognuno a modo suo, nelle bellissime adesionialla campagna 2016, Facciamo Comune Insieme, e in quelle degli anni precedenti: Nome Comune di Persone e Ribellarsi Facendo.
Una testata nuova
Ecco, sta scritto tutto lì, oltre che negli articoli che mettiamo in pagina ogni giorno, quello che siamo. Sta scritto in quel che facciamo e in quel che percepiscono, e spesso ci dicono di utilizzare altrove, i nostri lettori. Molti dei quali, peraltro, qualche volta Comune lo scrivono, perché quella è la sola idea possibile di un giornalismo del nostro tipo. E se non scrivono, in vario modo, quelle persone traducono, segnalano, riprendono e fanno vivere altrove i nostri contenuti, fanno Comune insieme a noi.
Come quest’anno hanno fatto, in modo splendido, due nostri straordinari compagni di lungo corso: Maurizio Ribichini, illustratore e fabbricante di storie a fumetti, ha disegnato l’immagine chiave della nostra campagna. Barbara Pulliero, copy e account di Chiaroweb, nonché appassionata comunicatrice di vini naturali, terra e mondo contadino, ha sapientemente ridisegnato la testata, imponendoci così, finalmente, non l’idea di ricominciare ma quella, ben più impegnativa, di cominciare un’altra volta. Da dove? Da qui, adesso, naturalmente.
Una delle partecipazioni essenziali per chi legge con piacere gli articoli di Comuneresta però quella di aiutarci, almeno una volta l’anno, a riempire le magrissime tasche. Tra un articolo e l’altro, dovete saperlo, non possiamo esimerci dal provare a inventare altre fonti di reddito possibili e impossibili: corsi, progetti, laboratori di formazione, cene, pranzi e merende di finanziamento.
La campagna 2017
La cosa principale, però, è, ed è giusto che resti, – non solo in termini quantitativi – la campagna annuale, la vera garanzia della nostra indipendenza e del rifiuto di vendere o comprare quel che raccontiamo. È per questo che anche quest’anno, vinta l’ennesima esitazione, siamo qui a chiedervi di inviarci almeno 20 euro, perché chiunque possa continuare a leggere Comune liberamente. Chi può mandi qualcosa in più, anche per sostituire – come accaduto negli anni passati – i molti che vorrebbero ma non riescono proprio a farlo.
Scriveteci (qui in coda tra i commenti oppure a info@comune-info.net) anche qualche riga di adesione, per favore. Diteci da dove e come pensate che Comune possa cominciare un’altra volta, un nuovo lustro di esistenza più utile, più bella e capace di raccontare ciò che (ci) accade. Quel che è certo è che noi proveremo a farlo rifiutando di proiettare il passato nel futuro, come suggerirebbe invece l’astrazione di un tempo vuoto, quello degli orologi e dei calendari, per i quali le ore e i giorni sono sempre uguali e girano su se stessi senza prevedere alcuna possibilità di cambiamento.
Quel facciamo ha ancora un senso? La realtà cambia in modo repentino, non si sa mai. Serve ancora un tentativo così fragile di costruire un racconto del fare di chi – invece di limitarsi ad analizzare o a celebrare la rovinosa frana di un sistema che ha governato il mondo per duecento anni, magari rimanendone schiacciato – prova a resistere cercando di trasformare quel che gli cade addosso in materiale vivo per fare un mondo nuovo?
Vivere nel caos
Il sistema-mondo, come lo chiama Immanuel Wallerstein, corre da tempo e in modo evidente verso l’autodistruzione. Basta guardare, per fare un solo esempio, a come discutono e a cosa fanno i governi, tutti i governi, non solo quello di Trump, per i cambiamenti del clima. A cosa fanno, sì, non a cosa dovrebbero fare e non fanno, come dicono i media.
Quel sistema, il sistema del dominio del capitale, si decompone in un vortice di caos, guerre e dolore. Nessun analista può ragionevolmente prevedere cosa ci aspetta ma nessuna persona seria può ancora illudere la gente con il miraggio della riformabilità. La spoliazione e la speculazione sono diventate “naturali”, facili quanto letali, tanto incrostate nelle attività giornaliere dei grandi operatori del mercato mondiale che perfino chi non le considera desiderabili o necessarie a un ordine superiore delle cose – come gli adoratori della governance, della stabilità dei mercati e della crescita infinita – le pensa ormai come un “male minore”, rispetto alle più rovinose tragedie che possono emergere dal caos in cui siamo precipitati.
Può essere molto doloroso vivere nel caos, quando nasci nel posto sbagliato, quando la guerra di tutti gli Stati contro tutti i popoli ti tocca da vicino e non sei sufficiente fortunato da poter difendere la vita. Quella di coloro a cui vuoi bene, la tua e quella di tutti. Di tutti, perché per noi, come dovrebbe essere a scuola, “tutti” resta un pronome bello quanto indispensabile, il solo in cui potersi riconoscere, il primo comandamento del nostro fare.
I muri e le crepe
Per questo ci piace raccontare di quelli che provano ad aprire crepe nei muri. A cosa servono poi, i muri, se non a proteggere l’oscena libertà di depredare la terra e le persone? Li erige una tendenza mondiale consolidata, che definirà sempre più le forme di relazione non solo tra i paesi ma soprattutto al loro interno. Fateci caso, la maggior parte dei muri recenti ha un segno comune: malgrado la propaganda dica che servono a proteggere la gente “per bene” dal crimine o a garantire il privilegio nazionale dall’avanzare dei migranti, i muri servono a nascondersi per proteggere chi sta in alto da chi sta in basso.
Pensando ai prossimi cinque anni di “Comune” dalle spiagge uruguayane. Foto Riccardo Troisi
L’altra faccia del muro è, paradossalmente, la libertà di movimento che regola gli spostamenti delle merci e delle persone in funzione delle necessità di un capitale messo alle corde dalla sua drammatica crisi. Una crisi generata dall’incapacità di imporci del tutto la dinamica distruttiva dei ritmi di lavoro e produzione necessari a generare profitti sempre più alti e sempre più velocemente. Sì, perché il dominio del capitale dipende da noi, dai dominati. Senza i dominati, quel dominio si sgretola e comincia a franare.
Non lo troverete nei titoli di testa del serial dei colossi mediatici che inventano “l’opinione pubblica mondiale”, salvo quando non si depotenzia in forme innocue di puro spettacolo, ma il rifiuto del saccheggio della terra e della subordinazione della vita al denaro, si esprime ovunque. Lo fa in forme molteplici, ormai quasi sempre imprevedibili e spesso sotterranee.
La miscela tossica
Vive, com’è ovvio, quel rifiuto, nelle grandi proteste sociali dei paesi che non fanno notizia, e cresce ogni giorno nelle piccole crepe aperte con un modo “altro” di vivere. Quelle che, pur tra mille contraddizioni, provano e riprovano a impedire la riappropriazione da parte del capitale della nostra ribellione. È quel “ribellarsi facendo”, tanto caro a noi di Comune, che è, a nostro modesto avviso, la sfida contemporanea, asimmetrica, non speculare alla crisi del mondo intero. Una sfida non rinviabile a tempi migliori, a una futura accumulazione delle forze necessarie alla presa del potere.
Perché non ci pare né sensato né realistico rifugiarsi tra i relitti del naufragio istituzionale. Non possiamo continuare a esigere cambiamenti da chi non li vuole, né alimentare la fantasiosa idea secondo la quale la soluzione dei problemi del mondo arriverà quando a un potere cattivo si riuscirà a sostituire un potere che si presume migliore. Del resto, quel che rimane della forma politica del capitalismo chiamata “democrazia” viene da tempo (e verrà sempre più) rimosso: il solo modo di governare dall’alto, nelle condizioni attuali, è una miscela tossica di astrazione, paura e autoritarismo.
Le classi politiche si contendono ormai quasi solo il controllo relativo che hanno sui dispositivi dell’oppressione. Alimentano, sempre più inascoltate, l’illusione che tutto possa cambiare cambiando gli uomini al governo. Le vecchie forme di antagonismo si rivelano inutili, talvolta perfino dannose, laddove creano delusione, frustrazione e infine un micidiale senso d’impotenza.
Non siamo in lotta contro il tempo
E allora, da dove possiamo cominciare a costruire mondi nuovi? Dall’alto non arriveranno soluzioni. Non verrà creato alcun riparo per mitigare gli effetti della tormenta che infuria sul mondo. Perché, come scrive Johanna Hedva nel bellissimo La teoria della donna malata, “il capitalismo, per restare in vita, non può farsi carico delle nostre cure: la sua logica di sfruttamento esige che qualcun* di noi muoia”.
Un antico retaggio delle culture che hanno formato la gran parte di noi lega l’idea di rivoluzione soprattutto alla conquista di una dimensione spaziale. Da quella più o meno simbolica dei Palazzi del potere a quella più strettamente politica del territorio cittadino o degli Stati. Forse, per una volta, potremmo provare a cominciare da un cambiamento della relazione con il tempo. In fondo, il sistema che affonda nasce con l’era degli orologi che strappavano le persone al sonno per comprare il loro tempo e ridurle all’asservimento del lavoro. Ci sarebbe, naturalmente, anche da riflettere sulla cancellazione del Kairós, il tempo nel suo contenuto di azioni umane, a favore del Chrónos, il tempo scandito dalle lancette e dalle sveglie mattutine.
Quel che più ci interessa sottolineare qui è però la necessità di liberarsi da due credenze a dir poco nefaste. Una ci vuole ingranaggi impotenti di un tempo-orologio, l’altra condannati a una battaglia persa contro i giorni e gli anni che passano. Non siamo in lotta contro il tempo ma per un tempo non più sottomesso al denaro e libero dall’astrazione.
Siamo finiti in un carcere
Negli ultimi decenni, il dominio del capitale ci ha sottratto gran parte di quel che avevamo conquistato. Le libertà politiche su cui si fondava la nostra convivenza vengono fatte a pezzi ovunque, ogni giorno. Siamo finiti in un carcere. Le parole usate da John Berger poco prima di lasciarci descrivono meglio di altre come il potere sia stato costretto a mostrare oggi la sua natura essenziale senza cautele né inibizioni. A esibire, sfidando ogni residuo di pensiero critico, ciò che per tanto tempo ha dissimulato o nascosto in mille modi.
Nella Quarta guerra mondiale, come piace chiamarla agli zapatisti, non possiamo pensare di salvare dalla rovina un mondo che cade a pezzi distruggendo la natura e la cultura. L’espressione suprema della resistenza è oggi la costruzione autonoma di mondi nuovi. Crollo e creazione sono complementari. Eppure, le grandi rivoluzioni sono nate nel mezzo di guerre e conflitti spaventosi, come reazione dal basso, quando tutto stava crollando. Sulle nostre pagine, lo ricordava Raúl Zibechi, annotando però che “i popoli non hanno mai aderito in massa alle alternative sistemiche. Prima lo faceva una famiglia, poi un’altra, e così via”.
Liberarsi dalla propria dipendenza dal mercato e dallo Stato non può naturalmente essere un processo lineare. Ancor meno lo sarà liberarsi dall’idea che qualcuno, altri debbano governare per nostro conto. L’educazione moderna nasce per costruire quella specie di fantasma concettuale chiamato “Stato-nazione” e che si pensava potesse prendersi cura dell’affermazione della dignità nella vita di tutti. Quel fantasma alimenta dunque “di per sé” nazionalismi, populismi, neocolonialismi e relazioni sociali patriarcali e razziste.
Dipende da noi
Possiamo farne a meno, dipende da noi. Coltivare, accompagnare, proteggere e raccontare la speranza non significa affidarsi all’ottimismo né a improbabili progetti costituenti per un vago e sospirato avvenire. Significa, forse, cominciare adesso e da qui a leggere la realtà anche in modo aperto all’imprevedibile. La società, nel suo insieme, è il risultato di un’infinità di fattori e condizioni che il più delle volte non sono messi in conto dalle nostre modeste capacità di analisi. Capacità di gran lunga inferiori, per fortuna, alla potenza di un flusso sociale che non si arresta, di una ribellione del fare quasi sempre sotterranea ma capace di rimettere nelle mani delle persone il proprio destino.
Iscrivi al notiziario i tuoi amici o colleghi, basta l’indirizzo mail (riceveranno richiesta di conferma):ISCRIZIONE
POLITICA
1. I magistrati che “liberano” madri e figli dalle ‘ndrinedi Roberto Di Bella e Luciano Trovato* Il Sole 24 Ore, 2 ottobre2017 Le cronache italiane degli ultimi 30 anni sono costellate da fatti di sangue che hanno come …
2. Antimafia, la stagione dell’ignoranzadi Carlo Nordio Il Messaggero, 2 ottobre2017 Lo scettico Senofane scriveva che i Traci immaginano gli dei con i capelli biondi e gli occhi azzurri, mentre gli etiopi li dipingono …
6. Giudici onorari, riforma sotto tirodi Antonello Cherchi Il Sole 24 Ore, 2 ottobre2017 Quattrocento posti da magistrato onorario. Sono quelli che il Csm si prepara a bandire con una delibera da emanare entro metà novembre …
TERRITORIO
7. Napoli: celle piene, rivolta dei familiari dei reclusidi Giuseppe Letizia Cronache di Napoli, 2 ottobre2017 Celle piene nel carcere di Poggioreale. Scatta la protesta dei familiari dei detenuti: siamo preoccupati, anche per …
8. Pavia: tre detenuti hanno tentato il suicidio in 24 oreCorriere della Sera, 2 ottobre2017 Il provveditore Luigi Pagano: “Struttura sovraffollata” Il sindacato di polizia: “I detenuti sono fuori controllo”. Tre giovani rinchiusi a …
14. Terrorismo. I jihadisti e le donne bersaglio degli attacchidi Fiorenza Sarzanini Corriere della Sera, 2 ottobre2017 Il primo avvertimento era arrivato nel settembre di tre anni fa. In un messaggio di 42 minuti diffuso via twitter il …
Questo notiziario è registrato al Registro Stampa del Tribunale di Padova (n° 1964 del 22 agosto 2005)
e al Registro Nazionale degli Operatori della Comunicazione (n° 12772 del 10 dicembre 2005).
Ha ottenuto il Marchio di Certificazione dell’Osservatorio A.B.C.O. dei Beni Culturali
Commenti disabilitati su Notiziario dal e sul carcere di Ristretti.it – 2 0ttobre 2017