“Bobby Sands, Scritti dal carcere. Poesie e prose” di Riccardo Michelucci e Enrico Terrinoni

 

“Paginauno – rivista di approfondimento politico e culturale” offre l’opportunità di leggere una poesia tratta da Bobby Sands. Scritti dal carcere. Poesie e prose, a cura di Riccardo Michelucci e Enrico Terrinoni, Edizioni Paginauno. Per saperne di più sulla casa editrice e la rivista cliccare qui.  per leggere il “chi siamo”.

 

L’uscita della Fermata Jonio della Metro-B1, a Roma, tappezzata di manifesti che ritraggono il volto sorridente di Bobby Sands

 

Anche Genova ha ricordato Bobby Sands. “La storia in piazza” ha realizzato il 16 marzo 2024 un’iniziativa: “Bobby Sands, eroe d’Irlanda: vita e morte di un’icona di libertà attraverso gli scritti dal carcere in un racconto tra proiezioni, letteratura e musica – A cura di Cristiano Palozzi, regista e direttore Genova Film Festival”: “Mister Robert Sands, un prigioniero nel carcere di Long Kesh, è morto oggi alle 1.17 del mattino. Si è tolto la vita rifiutando cibo e cure mediche per 66 giorni. Questo il breve annuncio del governo britannico che comunicò al mondo la morte di uno dei più noti leader dei rivoluzionari irlandesi. Oltre 100.000 persone parteciparono ai funerali di quello che è diventato per l’Irlanda tutta un simbolo della resistenza contro le angherie britanniche, gli orrori del carcere, le torture e la violenza dei secondini. …”

Ecco la poesia di Robert Gerard Sands, Bobby Sands.

"Sulle piaghe altrui non dormiamo
Rosso è il sangue di ogni uomo,
E non lecchiamo le ferite del povero
Né beviamo le lacrime che egli versa,
Perché re e canaglie una tomba avranno
E i più poveri sono i morti.

E i più poveri sono i morti solitari
Che fissano un cielo di terra,
E da soli marciscono nella pelle e nelle ossa
Nel punto esatto in cui giacciono.
Ma ancor più poveri sono gli stupidi idioti
Che pensano di non morire mai.

Lo trovarono sul suo stesso uscio
Giaceva in una pozza cremisi,
Sorpresa negli occhi di morte di chi non capisce
A fissare vacui il giorno,
Era chiaro, non poteva immaginare
D’incontrare la morte sulla sua strada.

In una cassa di pino con su un drappo se ne andò.
In quel buco mai fece ritorno.
L’infame banda suonò il lamento di morte
Per l’agitarsi della sua stessa anima
Ma quell’anima subdola aveva torturato
E che bruciasse era giusto.

Il suo cappello nero sporco sulla cassa,
Affiancata da dodici uomini.
Dodici uomini cupi di quest’amico morto
Che la vendetta venne ad ammazzare,
Lo spettro che perseguita e che molti cattura
Aveva catturato anche questo stronzo qua.

La fossa è profonda, la fossa è fredda
Una tomba di argilla rossa e fangosa,
E mentre sotto il corpo marcisce
Sopra una primula fiorisce.
E allora non rabbrividite, non lagnatevi
Perché presto ci andranno tutti.

Terra alla terra, cenere alla cenere
Disse il parroco avvizzito,
Mentre argilla cospargeva in forti tonfi
Sordi da sopra il morto,
E copriva per sempre ormai
Quel demonio abbandonato dalla fortuna.

Perché aveva torturato, nientemeno
E per Dio l’aveva fatto a modo,
Perfidi sono i furbi codardi
E subdoli gli scaltri.
Ma bastardi sono gli odiati secondini 
Che torturano un uomo quando è nudo.

Aveva torturato, nientemeno
Perché era un secondino, lui.
Eppure! Voci di lamenti si alzarono alte
Cosa mai aveva fatto il pover’uomo?
Soltanto quel che avevano fatto i pazzi
Agli ebrei silenziosi.

Seppellitelo allora e lasciatelo riposare
E suonate anche la marcia di ottoni
Ma sulla sua lapide di marmo, scrivete
“Qui giace un lurido secondino.”
Se si sa cos’ha fatto
Gli volteranno le spalle sputandoci sopra.

Non dormiamo sulle piaghe altrui
E non lecchiamo le ferite sanguinanti,
In enormi saloni di marmo
Nei fortini o nelle torri.
I prigionieri giacciono in abissi oscuri
Dietro le sbarre della prigione."

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