Capita a volte, anzi spesso se si ha tempo a disposizione e curiosità, che mentre si sta facendo una ricerca ci si imbatte in qualcosa di tutt’altro genere, che ti blocca e ti fa dire, voglio saperne di più. A me è capitato e capita spesso, e oggi voglio condividere con voi quanto ho trovato in rete: la storia di Afrodite K. Con una premessa: non sono aggiornato sul problema dei lavoratori autonomi né di quelli di tutte le varietà di precariato esistenti, pubblico quindi questo articolo temendo che sia ancora attuale ma sicuramente anche come testimonianza di quello spirito dell’azione diretta che a mio avviso dovrebbe essere più diffuso e che non è un’invenzione degli anarchici ma una pratica che dovrebbe riguardare tutti, nelle piccole come nelle grandi cose.
“Mi chiamo Daniela Fregosi e nell’estate del 2013 la mia vita è letteralmente esplosa in poche settimane. Un carcinoma infiltrante al seno, il corpo che si trasforma, il compagno che sparisce, l’attività di libera professionista ed il conto in banca che vanno in tilt.
Ecco perché sono diventata Afrodite K, l’eroina con le tette razzo che invece di combattere contro i nemici dell’umanità o il cancro, da allora non ha mai smetto di lottare per la giustizia ed i diritti delle partite iva colpite da malattia grave o prolungata. Occorre colmare il vuoto legislativo che costringe gli autonomi ad essere trattati in modo assolutamente incostituzionale come lavoratori e malati di serie B. Se lo Stato fa differenza tra lavoratori, la malattia NO! “
La lotta di Afrodite non è fatta solo di petizioni ma anche di iniziative concrete. Il 15 luglio del 2014 infatti annunciava: “Ok, deciso. Afrodite K comunica ufficialmente a istituzioni, associazioni, media e cittadini la decisione di proseguire la sua disobbedienza fiscale anzi, più correttamente, il suo sciopero contributivo. La mia priorità in questo momento non è fare la cittadina ubbidiente e ligia nonostante leggi anticostituzionali e ingiuste. Questo l’ho fatto per 22 anni, adesso ho una priorità ben più importante che è quella di curare, al meglio, la mia salute fisica e psichica perchè un tumore richiede attenzione ed amore (soprattutto in mancanza di tutele concrete da parte dello Stato). Ecco la mia Videodichiarazione ed i motivi della mia scelta….”
L’annuncio si concludeva in modo molto chiaro: ” HO DECISO DI non pagare l’acconto Inps a dicembre 2013 nè il saldo 2013 e l’acconto 2014. E’ da luglio 2013, periodo della diagnosi di cancro, che quei soldi vengono investiti nelle innumerevoli spese che un tumore comporta e nell’ammortizzare le giornate di lavoro perse e le difficoltà che anche oggi stò affrontando. Mi spiace, ma l’Inps dovrà aspettare. Sono una paziente oncologica ed il Sistema Sanitario Nazionale mi considera una paziente “sotto controllo ed a rischio” per 5 anni (fino a luglio 2018) dopo i quali inizierò ad entrare (ma ci vorranno altri 5 anni privi di terapie) nella categoria dei pazienti “lungosopravviventi”. Ad oggi sto tenendo sotto controllo l’altro seno per una formazione pseudonodulare da accertare meglio e sto pensando anche ad una mastectomia preventiva, insomma di pensieri e tappe mediche ne avrò ancora e non voglio trovarmi a dover rinunciare a cure ed azioni legate alla mia malattia perché sono indebitata con le banche per avere, da cittadina ubbidiente, pagato l’Inps. Tra pagare le tasse e curarmi, scelgo di curarmi.
CHIEDO QUINDI ALLO STATO
di congelare i miei contributi Inps fino al 2018 quando, sperando che le mie condizioni mediche si mantengano stazionarie, potrò riprendere a fare la brava contribuente riprendendo i pagamenti attraverso un sistema di rateizzazione e senza applicazione di alcuna mora (non voglio essere punita per essermi ammalata, il cancro basta e avanza come punizione).
Se poi desse anche una risposta tangibile alla Petizione “Diritti ed assistenza ai lavoratori autonomi che si ammalatano”, farebbe solo il suo dovere.”.
Chiudo con questa testimonianza, pubblicata giovedì 22 giugno scorso:
Lavoratori autonomi e malattia: la storia di Ilaria Benecchi