Unar: discriminatorio il requisito della residenza per gli aiuti dei comuni – Ma Milano aiuta solo chi è in affitto o con mutuo ancora in corso

Il 18 aprile scorso, Mai più lager – NO ai CPR postava sulla pagina facebook questo intervento che leggo in ritardo ritengo e rilancio, perché anche se il termine per fare domanda è ormai scaduto, le mascalzonate è sempre opportuno farle conoscere.

“A dirlo è nientemeno che l’UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le Pari Opportunità, nelle proprie osservazioni emanate ieri alla circolare della Protezione Civile n. 658 che ha assegnato ai Comuni un contributo pari a 400 milioni di euro per interventi di solidarietà alimentare.

“(…) è emerso che in alcuni casi le amministrazioni comunali hanno adottato criteri, quali il possesso della cittadinanza italiana ovvero di uno Stato appartenente alla Unione Europea, o il possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo per i cittadini non UE o la carta di soggiorno per familiare, comunitario o extra comunitario, di cittadino dell’Unione Europea, che di fatto potrebbero generare una discriminazione verso chi non possiede tali requisiti e tuttavia versi nella condizione “stato di bisogno” per accedere a tali prestazioni.

???? Stessa cosa varrebbe qualora fosse richiesto il requisito della residenza nei Comuni interessati,presentando questo requisito l’effetto di discriminare i potenziali beneficiari (senza fissa dimora) individuabili senza dubbio come soggetti in evidente stato di altissima fragilità sociale.”

“La scelta di un criterio che dia priorità sulla base del possesso della cittadinanza italiana e comunitaria e distingua gli stranieri in base al titolo di soggiorno, o che escluda completamente da un beneficio chi non abbia residenza in quel Comune, potrebbe configurare una discriminazione collettiva ai sensi dell’art. 2, lett. a) del D. Lgs. n. 215/2003.

 

Se si tratta di patrocinare iniziative “benefiche” tutto va bene, ma quando si parla di soldi il comune democratico di Milano si dimentica dei senza dimora e di tanti altri.

 

L’adozione dei succitati criteri, tra l’altro, potrebbe violare il TU Immigrazione configurando una discriminazione diretta (art. 2, 41 e 43) dato che la distribuzione di buoni spesa e di generi di prima necessità è assimilabile, in tutto e per tutto, alla erogazione di un servizio sociale, per il quale la normativa garantisce parità di trattamento nelle prestazioni a tutti gli stranieri con permesso di soggiorno di almeno un anno e si estende anche alle altre categorie di stranieri (titolari di permesso unico, titolari di protezione civile internazionale).

????In definitiva, i criteri adottati da alcuni Comuni che per la distribuzione di buoni spesa e di generi di prima necessità a persone in stato di bisogno stabiliscono un ordine di priorità per i cittadini italiani, comunitari o per gli stranieri in possesso del permesso di soggiorno CE di lungo periodo sono discriminatori nei confronti degli stranieri regolarmente soggiornanti, titolari di un permesso di soggiorno diverso da quello di lungo periodo nonché nei confronti di quelle persone del tutto prive di titolo di soggiorno ma che pure versino in stato di bisogno.

????Infine, il criterio della residenza, se inteso dal punto di vista strettamente anagrafico, potrebbe discriminare indistintamente sia cittadini italiani che stranieri privi di fissa dimora, sia i richiedenti asilo non iscritti alla anagrafe della maggioranza dei Comuni.

In sostanza, potrebbe configurarsi non solo discriminatorio ma altresì in controtendenza con i principi stessi dell’Ordinanza 658 della Protezione Civile, andando proprio ad escludere da un beneficio proprio quei soggetti che in questo momento si trovano nelle condizioni di maggiore bisogno.”

EMERGENZA COVID-19: INTERVENTI DI SOLIDARIETA’ ALIMENTARE ATTIVATI DAI COMUNI. LE OSSERVAZIONI DELL’ UNAR

???? Qualcuno ha avvertito, ad esempio, il Comune di Milano?

Peccato che queste linee guida siano arrivate due giorni dopo la scadenza per le domande di accesso ai buoni spesa (peraltro tramite un sistema andato subito in tilt), nella distribuzione dei quali quindi l’amministrazione – come tantissime altre in Italia – ha clamorosamente violato le disposizioni della Protezione Civile così interpretate e le norme antidiscriminazione sopra elencate.

A chi abbia fatto richiesta e se la sia vista rifiutare per criteri illegittimi, resta forse solo cercare di capire se poter fare ricorso per essere risarcito, magari senza spese legali, avvalendosi del Patrocinio a spese dello Stato, cui hanno diritto i titolari di reddito f

 

“A 253 famiglie sono stati revocati i buoni spesa proprio mentre venivano consegnati. Perché non vivevano in alloggi in affitto o con un mutuo ancora attivo. Di fatto sono stati esclusi i più poveri.”

“I buoni spesa dovrebbero essere destinati ai “nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall’emergenza epidemiologica da virus Covid-19 e tra quelli in stato di bisogno”, come prevede l’Ordinanza della Protezione civile del 29 marzo scorso e per i quali sono stati stanziati complessivamente 413 milioni di euro.

Però il Comune di Milano (al quale sono stati destinati 5,8 milioni di euro) fa un paio di distinguo: oltre che povere queste famiglie devono essere, infatti, residenti e avere una casa di proprietà con mutuo ancora attivo oppure abitare in un appartamento in affitto.

????️Il risultato, di questi ulteriori criteri di selezione introdotti da Palazzo Marino, è che sono esclusi coloro che vivono nei campi rom, chi è ospite in strutture come parrocchie o centri di accoglienza o occupano abusivamente case popolari. Insomma, una bella fetta dei poveri di Milano.

E infatti dalla graduatoria delle 13.475 famiglie alle quali il Comune aveva assegnato nei giorni scorsi il buono spesa, ne sono state cancellate 253:

– 102 perché sono occupanti abusivi di alloggi erp sia in stabili di Aler che del Comune,
-103 residenti in “strutture collettive collegate ai luoghi di culto”
– e 48 titolari di residenza fittizia (di solito si tratta di persona senza dimora). (…)”

“Altre città hanno deciso di adottare criteri meno discriminatori. Per esempio, i Comuni di Bologna e Roma nei loro bandi si limitano a porre criteri legati al reddito e prevedono che i buoni spesi siano destinati anche a chi ha solo il domicilio o ai “cittadini non residenti impossibilitati a raggiungere il proprio luogo di residenza”.

Perché i buoni spesa servono appunto a chi non è più in grado di comprarsi da mangiare. E forse dovrebbe essere solo questo il criterio”
????
Già avevamo denunciato come il comportamento del Comune di Milano nella determinazione dei criteri di distribuzione degli aiuti Covid19 fosse discriminatorio in base alle stesse linee guida della Protezione Civile (????bit.ly/3fmd2E5), prevedendo, per un aiuto che doveva intendersi generalizzato e incondizionato, il requisito della residenza e di un contratto di affitto che escludeva dagli aiuti sia tutte le persone migranti prive di permesso di soggiorno sia gli abitanti di insediamenti informali o occupazioni abusive o di fortuna, o comunque in generale anche tutte le persone abitanti in città ma qui non residenti.

Ma questo francamente ci sembra troppo, e indubbiamente, come già segnalavamo, possibile materia per ricorso od esposti, che ci risultano già presentati in varie città, e ai quali come Rete stiamo dando il nostro contributo (v. ad es. Le Città in Comune).

Può farcela cantare da chi vuole, la canzone, il Sindaco Beppe Sala; ma Milano, né qualsiasi altra città, così non riparte. La “Milano dell’accoglienza”, invece.. un lontano sogno ormai, mai avverato e anche tradito.

 

 

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