Da Comune.info: “La terra inventata”, di Ascanio Celestini

Tratta da pixabay.com

Il testo che segue non ha bisogno di “spiegazioni” da parte mia; preciso solo che le immagini, eccetto la prima, sono state inserite da me.

Abbiamo bisogno di favole perché nella tradizione popolare c’è un rapporto tra uomo e natura che sta scomparendo: la natura si è ridotta alle passeggiate in montagna e alle foto da condividere con gli amici, non incute più rispetto e paura. Abbiamo bisogno di rompere le alienazioni e le mercificazioni che invadono la nostra vita di ogni giorno, ma anche di smettere di fare i turisti della natura. “Quando il turista della natura vuole mangiarsi un panino col prosciutto se ne va al bar e se lo compra. Ma nei dieci minuti in cui lo consuma – racconta Ascanio Celestini – non pensa al contadino e al suo “timore” nei confronti della natura. Non pensa alla pioggia, al contadino che semina il campo, al grano che cresce, viene raccolto e portato al mulino per essere macinato. Il turista della natura non pensa al fornaio che impasta la farina e sforna una pagnotta di pane…

Questa volta racconterò una favola. Perché nelle favole di tradizione popolare c’è un rapporto tra uomo e natura che sta scomparendo.

Molti di noi che non sono contadini o pescatori, allevatori o boscaioli hanno un’idea della natura come di qualcosa che si può amare. La natura si riduce alle belle passeggiate in montagna, alle belle fotografie da condividere con gli amici. Invece nella fiabe popolari la natura incute timore. Cioè quel sentimento che è allo stesso tempo amore, rispetto e paura. Noi non abbiamo più timore della natura. Siamo diventati turisti della natura. Il turista della natura quando si trova davanti alle onde che si infrangono contro la scogliera pensa “la natura è grandiosa!”, scatta la foto col telefono e la posta su instagram. Il pescatore quando c’è mare grosso non esce per andare a pesca. O peggio ancora, se già si trova in mare, combatte contro il naufragio. Figurati cosa sono le onde per un migrante che ha paura anche del mare calmo. E cos’è la pioggia per un turista della natura che sta in vacanza con la fidanzata? Si ritira nel casale, accende il camino e la pioggia diventa romantica. Il contadino prega affinché la pioggia giunga nel periodo giusto e nella maniera giusta, ma se arriva prima o dopo, se piove poco o troppo… è un casino.

“Contadino con cappello”, di Andrea Fusaro

Quando il turista della natura vuole mangiarsi un panino col prosciutto se ne va al bar e se lo compra. Ma nei dieci minuti in cui lo consuma non pensa al contadino e al suo “timore” nei confronti della natura. Non pensa alla pioggia, al contadino che semina il campo, al grano che cresce, viene raccolto e portato al mulino per essere macinato. Il turista della natura non pensa al fornaio che impasta la farina e sforna una pagnotta di pane. Il turista della natura non pensa al tempo che passa dalla distribuzione dei semi sulla terra al primo morso che lui da al suo panino. E quel che vale per la pagnotta… vale anche per il maiale che serve a produrre il prosciutto. Ci vuole tempo! Ma il turista della natura vuole un panino col prosciutto. Lo vuole subito. Vuole entrare nel bar e dire “voglio quel panino al prosciutto”. Al massimo ringrazia il bangladino sottopagato che glielo incarta in un tovagliolo e glielo vende in cambio di denaro. Magari gli lascia pure la mancia. Nel migliore dei casi il turista della natura snobba il centro commerciale e va a farsi fare il panino al prosciutto al negozio biologico. Ma anche al negozio biologico indica il panino al prosciutto e dice “voglio quel panino”.

Il turista della natura… ci pensa alla natura quando si mangia il panino? Il turista della natura non è interessato a sapere che prima di diventare “panino” quella roba è stata lavoro, mesi, pioggia… Timore. Perché quel panino è “merce” non è cibo. Esiste solo nei dieci minuti che se lo compra, lo mangia e butta la salvietta che lo incartava. E per il bicchiere di vino che ci beve insieme è lo stesso. E lo stesso è per il caffè che prende subito dopo.

Eppure il turista della natura dice: io amo la natura. E noi dovremmo rispondergli: tu non conosci la natura, come puoi amarla? È come dire “io amo Nicole Kidman”… ma io ho solo visto i film, non la conosco nemmeno. Manco parlo l’inglese! Ma fin qui il problema sarebbe solo un problema che appartiene al turista della natura. Il disastro è che se anche non ha coscienza del tempo che serve per arrivare a qual panino… quel tempo esiste lo stesso. Esiste il contadino che semina, raccoglie, teme la pioggia e la siccità. Esiste il fornaio, eccetera. Se il turista della natura invece di fare le foto con lo smartphone alle onde del mare… si ricordasse di quel tempo si ricorderebbe anche che esiste una natura complessa. Ma il turista della natura non se ne ricorda o non lo sa. Lui vuole mangiare un panino, magari bio.

Nel momento in cui non conosce più la natura nella quotidianità come la conosce il contadino… non è più in grado di rispettarla. La va a fotografare e a farcisi le passeggiate. Per il turista… la natura è un museo delle cere. Incontra Einstein e Marilyn Monroe, ma sono pezzi di cera. Il turista della natura non lo sa ma in quel momento sta combattendo una guerra. È un semplice soldato, un pedone… ma fa parte di un esercito che combatte una guerra. E non solo contro la natura. Sta facendo una guerra contro tutto quel tempo che ignora. La combatte contro il bangladino sottopagato, il fornaio, il contadino.

“Noi chiamiamo “prodotti” degli oggetti che sappiamo solo consumare.”

Noi chiamiamo “prodotti” degli oggetti che sappiamo solo consumare. Sono merce che comperiamo. Della produzione non ne sappiamo niente. Voglio un panino! Non voglio sapere come vive il contadino che semina il campo. Voglio un panino! Non sono interessato ai problemi che quell’agricoltore ha con la pioggia che fa prosperare o rovina il raccolto. Voglio un panino! Non voglio sapere se il grano è stato coltivato in Italia o in Australia, Canada, Francia, Stati Uniti, Spagna, Grecia, Canada, Messico, Argentina, Kazakistan.

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