Cesare Battisti, 66 anni, in sciopero della fame e della terapia, non rinuncia a fare un ennesimo “Appello alla giustizia”

Ricevo e rilancio questo documento con cui Cesare Battisti, 66 anni, annuncia un nuovo sciopero della fame e della terapia, non rinunciando comunque a lanciare un appello che suona come una denuncia, l’ennesima, dell’accanimento nei suoi confronti.

“Giuridicamente parlando, la decisione dello stato di New York vale solo entro i suoi confini: oggi già alcuni (pochi) stati americani ed europei riconoscono il matrimonio omosessuale, mentre la maggior parte riserva il matrimonio alle coppie eterosessuali, e così continuerà ad essere”.

 

Denuncia che evidentemente non interessa la ministra della Giustizia, ciellina che è stata nominata presidente della Corte Costituzionale nonostante le sue prese di posizione che definire oscurantiste è poco, che oggi avalla l’atteggiamento persecutorio e discriminatorio dei vertici del DAP, che pure ricadono sotto la sua competenza.

E’ poi facile prevedere che i pennivendoli di regime si precipiteranno ad ospitare le solite parole trite e ritrite di chi sembra aver fatto dell’essere stato vittima un mestiere con cui gratificarsi sui mass media; un atteggiamento ben diverso da altre persone che hanno vissuto esperienze analoghe e non meno dolorose, Agnese Moro per fare uno dei tanti nomi possibili.

Bene ha fatto dunque Cesare a stilare questo lungo documento, anche per l’opportunità che offre a chi non conoscesse la sua vicenda carceraria di farsene un’idea e nel contempo, magari, riflettere su chi ci governa.  Certo una visita senza preavviso degli aventi diritto – consiglieri regionali e parlamentari, consentirebbe una verifica di quanto da affermato.

Se la situazione non fosse drammatica verrebbe da concludere con un “a Cesare quel che è di Cesare”, overo quanto previsto dalla sentenza di cndanna emessa dalle autorità competenti. Ma i magistrati che a suo tempo l’hanno emessa non possono o non vogliono farsi valere e per quanto riguarda la ministra, in un momento in cui sono in atto le grandi manivre sulla “Riforma della Giustizia” è meglio non rischiare di giocarsi alleanze preziose “solo” per compiere un, tardivo, atto di giustizia.

 

In seguito al rigetto dell’istanza di trasferimento n. 52822, mi rivolgo ai familiari, ai legali difensori, alle istanze competenti e a tutti coloro i quali si sono fin qui solidarizzati affinché mi fosse garantito un regime di carcerazione dignitoso.

Un momento della manifestazione tenutasi domenica 25 ottobre, presso l’ingresso della Casa Circondariale di Rossano dei militanti di Rifondazione Comunista.

L’istanza di trasferimento dalla Casa di Reclusione di Rossano è stata rigettata, In sostanza, con le seguenti motivazioni:

  1. l’assegnazione in AS2 è stata riservata al soggetto per ragioni di sicurezza dovute alla tipologia di reato

  2. l’assegnazione in AS2 non “impedisce” un trattamento ordinario; l’assenza dell’articolo 4 bis (ostativo) non impedisce l’assegnazione alla AS2

  3. l’AS2 non “impedisce” un percorso trattamentale, teso alla rieducazione e al reinserimento del condannato.

Oltre a non tenere conto del grande disagio dovuto all’eccessiva distanza che separa il condannato dai suoi affetti, le motivazioni del rigetto risultano ingannevoli. L’ostinazione del DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) nel considerare il sottoscritto soggetto pericoloso, 42 anni dopo i fatti e senza apportare nessun elemento nuovo a carico, non trova riscontro in sede giudiziaria. Anzi, il procuratore dell’antiterrorismo di Milano, dottor Alberto Nobili, ebbe a dichiarare pubblicamente che ” Cesare Battisti non rappresenta oggi più alcun pericolo per la società”. Il DAP starebbe quindi trattando un caso dove la pena non ha più carattere recuperatorio, come prevede la Costituzione, esclusivamente sanzionatorio.

Ho trascorso 40 anni in esilio conducendo una vita di cittadino contribuente, perfettamente integrato alla società civile prezzo l’incessante attività professionale, il pacifico coinvolgimento nell’iniziativa culturale e nel volontariato, ovunque mi fosse stato offerto rifugio. Ricevendo anche encomi di portata internazionale.

Sostenere, come figura nel rigetto di trasferimento, che il reparto AS2 della Casa di Reclusione di Rossano sia luogo decentemente atto ad assolvere i dettati previsti nell’Ordinamento Penitenziario, nella Costituzione e nelle Istanze Internazionali, è a dir poco azzardato. Il reparto AS2 di Rossano è una tomba, lo sanno tutti. Qui non entra ne esce niente e nessuno per alcun motivo, che non sia quello di raggiungere settimanalmente la sala delle videochiamate. Questo è l’unico reparto a Rossano, sprovvisto perfino delle mattonelle e di servizi igienici decenti; dove nessun operatore sociale mette piede. Il famigerato portone “antro ISIS” è tabù perfino per il Cappellano, il quale ha finora regolarmente ignorato le mie richieste di colloquio.

Qui, al contrario di quanto afferma il DAP, non esiste nessuna attività in comune tesa al reinserimento sociale o a una reale rieducazione. Qui tutto è predisposto per tenere a bada dei ferventi musulmani, ai quali, se pure in condizioni esecrabili, è stato concesso il diritto di pregare insieme. Tanto per fare un esempio, il passeggio di questo AS2 non è più di una oscena piccionaia, dove raramente penetra un raggio di sole; mentre tutto il resto versa nella fatiscenza.

Oltre alle endemiche carenze generali, il DAP pare ignorare che in questo reparto nulla è predisposto per i detenuti che non condividono i costumi e la tradizione musulmana; oppure che abbiano vivaci incompatibilità di convivenza con questa categoria di detenuti.

Sarebbe invece di vitale importanza tenerne conto. Giacché, proprio nel mio caso, unico detenuto qui non legato al “terrorismo islamico”, ciò ha significato un isolamento totale di oltre 27 mesi, dei quali gli ultimi 8 senza mai esporsi alla luce solare diretta.

Se non la ignora deliberatamente, il DAP sembra interpretare in modo singolare la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Milano, confermata in Cassazione, nel novembre 2019, la quale stabilisce che il sottoscritto deve scontare la pena in un carcere con regime ordinario. In nessun caso, il reparto AS2 di Rossano potrebbe garantire un trattamento ordinario, giacché non è questa la sua funzione.

Avevo riposto la speranza in quest’ultima istanza di trasferimento, immaginando che, dopo oltre due anni in condizioni estreme, le autorità non infierissero oltre, considerata anche l’età è il precario stato di salute. Ma anche e soprattutto per aver mostrato grande disponibilità alla riconciliazione con quei settori della società che più hanno sofferto le conseguenze della lotta armata degli anni 70, con particolare riferimento alle famiglie di tutte le vittime.

Le cose non sono mai quelle che sembrano essere secondo i media. La questione rifugiati in Francia recente è una farsa. Così come è reale l’intenzione dello Stato di negarmi i diritti stabiliti fino alla fine. L’Italia ha mentito garantendo trattamento umano e clemenza. Quale migliore prova vedere le condizioni della prigionia di Battisti. Cosa dovrebbero aspettarsi veramente i rifugiati che dalla Francia arrivano in Italia, è l’opposto.

Sono dispiaciuto di dover recare un altro dolore a tutti coloro che mi sono stati vicini finora, dovendo loro annunciare che, allo stremo, dal 2 giugno ricorrerò allo sciopero della fame e della terapia. Con la speranza che la giustizia apra una breccia nel muro dei dannati, e che anche Cesare Battisti abbia diritto a un trattamento umano che dovrebbe essere garantita ogni condannato. Chiedo solo che il DAP applichi quanto stabilito dalla Corte di Assise di Milano.

Cesare Battisti

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