Becco di ferro Non si tratta di fare l’anarchia oggi, o domani o tra dieci secoli; ma di camminare verso l’anarchia oggi, domani e sempre. (Errico Malatesta)

17 Ottobre 2024

La popolare Ciclistica di Bergamo: “ciclismo e antifascismo cosmico”

Filed under: General — alfredo simone @ 12:44

Da appassionato di ciclismo, sono solito girovagare in rete alla ricerca di notizie interessanti e a volte sono ricompensato da belle scoperte, come in questo caso: la Popolare Ciclistica di Bergamo, uno dei cui slogan è “Blood, Sweat and Beers, Since 2014″, e il loro Manifesto

L’immagine della staffetta – non so se autentica o tratta da qualche film – corredava l’articolo di Livorno Press del 22 Aprile 2024

Prima però, voglio spendere due parole sulle staffette partigiane, donne, giovani e non, ma anche ragazzi il cui apporto alla Resistenza fu estremamente significativo. Lo spunto mi è venuto da un passaggio dell’intervista: “… durante il Covid alcuni di noi si sono offerti come ciclo staffette per portare medicinali o generi di prima necessità a chi aveva bisogno”.

Dal sito ANPI:  “Il lavoro di staffetta viene perlopiù svolto a piedi o in bicicletta. Le staffette solitamente non sono armate e quindi si trovano nell’impossibilità materiale di difendersi. Molte sono quelle che pagheranno con le torture e la vita il loro impegno, che tuttavia è indispensabile. Senza le staffette, la guerra partigiana sarebbe stata inattuabile.”

La storia di Gino Bartali, campione del ciclismo e nominato “Giusto tra le nazioni” per quanto fece a favore dei più deboli durante la seconda guerra mondiale, è nota.

Irnerio e Idro Cervellati, giovani promesse del ciclismo, morti a Mauthau­sen.

Forse meno nota è invece la storia di due ciclisti molto dotati – i fratelli Idro e Irnerio Cervellati – la cui carriera fu stroncata sul nascere dalla deportazione nei campi di concentramento nazisti in cui trovarono la morte. Con loro fu deportato anche il padre, Carlo, che riuscì a tornare dal lager ma in gravissime condizioni. Qui trovate la loro storia.

E ora, la parola a Fabio Dal Pan che ha intervistato il presidente della Popolare Ciclistica di Bergamo, Daniele Quarenghi.

“LA POPOLARE CICLISTICA, CICLISMO E UTOPIA DAL 2014

La Popolare Ciclistica è una squadra amatoriale di Bergamo, piuttosto conosciuta nell’ambiente ciclistico underground nazionale, ma forse non così tanto in quello – diciamo così – del pedale generalista. In un mondo in cui si parla sempre di più solo di watt, calzini aerodinamici e marginal gains pure nelle granfondo, loro si occupano di un tipo di integrazione che va al di là di quella dei cavi nel telaio.

Quest’anno celebrano il decennale della fondazione e con questa scusa ci siamo fatti raccontare dal primo presidente Daniele Quarenghi com’è nata e cos’è la Popolare Ciclistica. Uno dei primi, e senz’altro uno dei più riusciti, esempi di ciclismo dal basso in Italia.

Daniele, com’è nata l’idea di fondare una squadra così sui generis?

Eravamo un gruppo di 3-4 amici con la passione per la bici, ma allo stesso tempo persone impegnate in politica e nel sociale. Ad un certo punto abbiamo pensato di mettere in piedi una società, e abbiamo scelto la UISP perché aveva già un certo orientamento. All’inizio eravamo in 14 soci. Poi siamo stati ospiti con il nostro stand al festival “Raggio” ad Alzano Lombardo e lì ci siamo fatti conoscere, con il nostro stile di intendere il ciclismo.

Come lo intendete?

Per esempio, un anno abbiamo lanciato una sfida che consisteva nel fare più chilometri possibili sui rulli nella durata di una canzone dei Ramones. Dopo quell’evento molte persone si sono avvicinate a noi e da quei 14 ora siamo più di 100. Il nostro spirito comunque è stato fin dall’inizio questo, coniugare sport, festa, musica punk-rock e un certo impegno sociale.

 

Non a caso uno dei vostri motti è “Rock all nite, Ride all day”. Nel vostro Manifesto, che invitiamo tutti a leggere, parlate di ciclismo dal basso. Ci spieghi cosa significa?

Il ciclismo dal basso è tante cose. Non abbiamo alcuno sponsor, ci autofinanziamo. Ogni anno organizziamo due eventi gratuiti e ci teniamo che sia così, per dare modo a più persone possibile di partecipare. Poi ciclismo dal basso vuol dire anche che nelle nostre uscite ci si aspetta sempre in cima alle salite, e anche nelle decisioni si cerca di coinvolgere il più possibile tutti, non solo la maggioranza. Non a caso sulle nostre maglie c’è scritto “You’ll never ride alone”.

Hai accennato a due eventi. Ce ne parli?

Il primo è stato la Coppa Asteria, nata nel 2015. Volevamo organizzare qualcosa per far conoscere le nostre zone e abbiamo deciso di farlo cercando tutte le salite più dure di Bergamo. All’inizio eravamo forse un po’ incoscienti, poi negli anni abbiamo imparato e ora riusciamo a gestire tutto in maniera più matura, ma comunque senza snaturare l’idea e mantenendo il suo animo punk. Il secondo evento è Coglia Coglia Coglia, questa volta un giro gravel che facciamo a marzo (mentre la Coppa Asteria è il primo fine settimana di giugno, ndr). Tutti e due gli eventi hanno in comune che si pedala, anche forte se si vuole, non ci sono classifiche e alla fine si fa una gran festa tutti assieme.

Torniamo al Manifesto. Nell’ultimo punto si legge che tra i vostri sogni c’è l’antifascismo cosmico. Quello che colpisce fin da subito è questa vostra forte identità, in un panorama ciclistico che di solito si tiene alla larga da qualunque tipo di impegno, che non sia forse quello per la sicurezza stradale.

Diciamo che siamo dei ciclisti che pedalano e ogni tanto alzano la testa per guardare cosa succede nel mondo. Ogni anno facciamo dei giri per festeggiare il 25 aprile, tradizionalmente saliamo a Malga Lunga, tra la Val Seriana e il Lago D’Iseo, dove c’è un museo della resistenza bergamasca. Oppure durante il Covid alcuni di noi si sono offerti come ciclo staffette per portare medicinali o generi di prima necessità a chi aveva bisogno. Insomma vogliamo essere integrati con quello che succede attorno a noi, vicino e lontano. A quel punto l’antifascismo cosmico è quasi una conseguenza naturale.

E’ un approccio di cui evidentemente si sentiva il bisogno visto il vostro numero di soci, che peraltro continua a crescere.

La cosa che ci piace è che nella Popolare si trova un posto accogliente, prima ancora che una squadra amatoriale. Alcuni di noi che vengono da fuori qui hanno trovato un gruppo di amici che condivide certe idee, in cui ci si aiuta anche giù dalla bici. Questa, forse, è la cosa più importante.

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