50 denunciati per la manifestazione antifascista a Corvetto; i giudici vogliono creare un clima che aiuti ad attenuare le responsabilità dei quattro poliziotti incriminati per il pestaggio al giornalista Origone ?

Sbirri e magistrati a braccetto per criminalizzare una manifestazione antifascista che ha visto in piazzale Corvetto, il 23 maggio dello scorso anno, migliaia di persone, compresi gli antifascisti “per bene” che avevano scelto di non entrare in piazza e restare in via Roma ma si sono beccati comunque il fumo dei lacrimogeni, sparati in abbondanza da polizia e carabinieri presenti per proteggere  il “comizio elettorale” di Casa Pound, nella vicina piazza Marsala.

il pestaggio di Stefano Origone

A me viene da pensare che la raffica di denunce sia in qualche modo da collegare al rinvio a giudizio per quattro agenti del reparto mobile di Bolzaneto, accusati di lesioni gravi, aggravate dall’uso del manganello nei confronti di Stefano Origone: in una piazza piena di facinorosi l’errore poteva starci. “Ho detto di essere giornalista, ma hanno continuato a colpirmi”, ha riferito ai colleghi il cronista, che ha le dita di una mano tumefatte e lamenta dolori al costato.” (Personalmente non sono certo che rivendicare l’appartenenza alla categoria dei giornalisti gli abbia giovato.)

A suffragare questa convinzione ci sono le parole dell’allora sottosegretario agli interni, Luigi Gaetti, che rispondendo ad una interpellanza critica sull’operato della polizia – esclusivamente per la violenza nei confronti del giornalista – ricordava che “il 31 maggio, la Digos ha depositato una comunicazione di notizie di reato, con la quale venivano identificati e denunciati 26 soggetti, tra i quali i due già arrestati nel corso degli scontri.” Evidentemente però 26 denunciati non bastavano a dare l’immagine di una situazione difficilissima da gestire, così sono andata avanti altri 8 mesi per allungare l’elenco. Ovviamente in tutte quelle indagini non è stato ravvisato nessun altro comportamento scorretto di polizia e carabinieri.

Viene da chiedersi cosa intenda Gaetti quando dichiara che “le forze di polizia, nel loro quotidiano operato a presidio della legalità e delle libertà costituzionali, si pongono sempre in chiave ‘non antagonista’, ma di garanzia dei diritti di tutte le parti, comprese quelle che manifestano il dissenso. Ciò lo dimostrano le centinaia di manifestazioni che ogni giorno si svolgono pacificamente nel nostro Paese”. Il senso del ridicolo evidentemente non è da tutti.

Beata ingenuità, mi viene da dire

C’è poi un altro aspetto da non trascurare: la repressione economica, ovvero appioppare denunce contro chi non manifesta tipo sardina per costringerli a ricorrere agli avvocati, con i relativi costi.

La “repressione economica” non è comunque una novità: nel luglio del 2015 il collettivo Prison Break Project scriveva “sulla repressione economica ossia l’utilizzo di sanzioni pecuniarie o risarcimenti civili al fine di combattere i movimenti. Si tratta di un dispositivo repressivo sempre più utilizzato, in particolare contro il movimento No Tav ma non solo, che si inquadra nel tema generale del debito come mezzo di ricatto e assoggettamento.”.

Questo il comunicato di Genova Antifascista

23 Maggio 2019.
SIAMO TUTTI COLPEVOLI DI RESISTENZA

50 manifestanti denunciati, ma lo scorso 23 maggio in Piazza Corvetto eravamo migliaia.
La Genova Antifascista era scesa in piazza per opporsi al comizio di CasaPound consentito dalle istituzioni e ben difeso dalle forze dell’ordine. Sin dal mattino la città era bloccata e nell’aria si respirava odore di tensione: camionette e alari posizionati a difesa dei camerati; lo sciopero dei portuali e l’aspettativa, confermata, di una loro salita dai moli una volta finita la mobilitazione.

Quando ci siamo ritrovati tutti insieme in piazza la rabbia è esplosa al grido di “Genova è solo Antifascista” infiammando una fiumana di gente che non era più disposta ad assistere passivamente alla crescente legittimazione politica del neofascismo.

Quella piazza faceva paura. Una piazza eterogenea e determinata a resistere che si è ricompattata per ben 3 volte dopo le cariche ed i lacrimogeni degli sbirri.

Quella piazza fa paura.
Lo Stato attraverso le sue istituzioni ha deciso di instaurare un vero e proprio processo politico contro l’antifascismo e l’intero movimento, mirato allo smantellamento di queste coraggiose sacche di resistenza popolare.

Sabato 21 Marzo 2020 saremo nuovamente nelle strade per ribadire che i covi fascisti vanno chiusi ad ogni costo e per chiedere l’amnistia per i reati sociali.

A Corvetto c’eravamo tutti!

 

 

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