L’invenzione della “eterosessualità”

Ecco un interessante articolo, da abbattoimuri, su cui riflettere. 
L’invenzione della “eterosessualità”da BBC Future – 16 Marzo 2017 (Traduzione di @narcobaleno)

di Brandon Ambrosino

L’invenzione della “eterosessualità”

Il Dizionario Medico Dorland del 1901 definiva l’eterosessualità come una “eccessiva o perversa attrazione verso il sesso opposto”. Più di due decenni dopo, nel 1923, il dizionario Merrion Webster la definiva similmente quale “morbosa passione sessuale per una persona del sesso opposto”. Non fu che nel 1934 che l’eterosessualità venne impreziosita col significato che ci è familiare oggi: “manifestazione di passione sessuale per una persona dell’altro sesso; normale sessualità”.

Ogni volta che spiego ciò alla gente, questa reagisce con manifesta incredulità: “Non può essere così!” Bene, certo non sembra così. Sembra che l’eterosessualità “ci sia sempre stata”.

Pochi anni fa iniziò a circolare una video[intervista] a “l’uomo della strada” in cui l’autore chiedeva alla gente se pensava che le persone omosessuali fossero nate con il loro orientamento sessuale. Le risposte furono diverse, la maggior parte dicendo qualcosa come “è una combinazione di natura e educazione”. L’intervistatore quindi poneva una ulteriore domanda, che era cruciale per l’esperimento: “Quando avete scelto di essere normali [“straight”]?”. I più rimasero sorprese/i, ammettendo, alquanto imbarazzatamente, di non averci mai pensato sopra. Sentendo che i loro pregiudizi erano esposti, concludevano velocemente ammettendo l’ovvia tesi posta dall’intervistatore: le persone gay sono nate gay così come le persone normali sono nate normali.

I risultati del programma parevano suggerire che tutte le nostre sessualità sarebbero “giusto qui come sono”; che non abbiamo bisogno di una spiegazione per l’omosessualità così come non ne abbiamo bisogno di una per l’eterosessualità. Non sembra che sia passato per la mente a coloro che hanno realizzato il video, o ai tantissimi che lo hanno condiviso, che abbiamo in realtà bisogno di una spiegazione per entrambe.

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Vi è stata una mole di buone opere, a livello sia erudito che divulgativo, sulla costruzione sociale del desiderio e dell’identità omosessuale. Per risultato, pochi batterebbero ciglio al sentir parlare di “l’ascesa dell’omosessuale”, sebbene la maggior parte di noi ha appreso che l’identità omosessuale ha avuto origine ad un dato momento della storia dell’umanità. Ciò che non ci è stato insegnato è – piuttosto – che un fenomeno simile ha dato vita alla stessa eterosessualità.

Vi sono molti motivi per tale omissione nell’educazione, inclusi il pregiudizio religioso e altri tipi di omofobia. Ma il motivo più grande per il quale non questioniamo le origini dell’eterosessualità è probabilmente perché questa sembra così – diremmo – naturale, normale. Nessuna necessità di questionare qualcosa che è “giusto qui com’è”.

Ma l’eterosessualità non è sempre “stata” giusto qui com’è. E non c’è ragione di immaginare che sempre ci starà.

Quando l’eterosessualità era anormale

La prima obiezione all’affermazione che l’eterosessualità sia stata inventata comporta solitamente un richiamo alla riproduzione: sembra ovvio che l’incontro tra organi genitali diversi sia esistito fin dalla comparsa in campo del genere umano e, in effetti, non saremmo sopravvissuti fino ad oggi senza di quello. Ma questa obiezione presuppone che l’eterosessualità sia la stessa cosa di una relazione a fini riproduttivi. Non lo è.

“Il Sesso non ha storia,” scrive David Halperin, teorico queer presso l’Università del Michigan, poiché è “fondato nel funzionamento del corpo.” La Sessualità, d’altra parte, precisamente perché è una “produzione culturale”, possiede una storia. In altre parole, mentre il sesso è qualcosa di congenito nella maggioranza delle specie, la denominazione e categorizzazione di quegli atti – e di quanti praticano quegli atti – è un fenomeno storico, e può e deve essere studiato come tale.

O, messo in altro modo: ci sono sempre stati istinti sessuali in tutto il mondo animale (il sesso). Ma ad un certo momento nel tempo il genere umano appone significato a questi istinti (la sessualità). Quando noi umani parliamo di eterosessualità, stiamo parlando della seconda cosa.

Hanne Blank ci offre una utile via in questa discussione nel suo libro Straight: The Surprisingly Short History of Heterosexuality [“Normale. La sorprendentemente breve storia della eterosessualità”] per mezzo di un’analogia tratta dalla storia naturale. Nel 2007, lo International Institute for Species Explorations iscrisse il pesce “Electrolux addisoni” nella “top ten” delle nuove specie. Ma naturalmente le specie non prendono vita nel giro dei dieci anni da quando vengono scoperte e classificate. Chiosa Blank: “La documentazione scritta di un certo tipo per opera di una autorità di un certo tipo fu ciò che ha cambiato l’Electrolux da una cosa che semplicemente “era” in una cosa che era “[ri]conosciuta”.

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Qualcosa significativamente simile avvenne con le persone eterosessuali, che, alla fine del 19° secolo, passarono dal semplice esserci all’essere [ri]conosciute. “Prima del 1868, non c’erano eterosessuali,” scrive Blank. Neppure c’erano omosessuali. Agli esseri umani non era ancora venuto da pensare che potevano essere “differenziati l’uno dall’altro per il tipo di amore o di desiderio sessuale che vivevano.” I comportamenti sessuali, certo, venivano identificati e catalogati, e spesse volte proibiti. Ma l’enfasi veniva posta sempre sull’azione, non sull’agente.

Cosa cambiava dunque? Il linguaggio.

Poco prima del 1870, il giornalista ungherese Karl Maria Kertbeny coniò quattro espressioni per descrivere le esperienze sessuali: la eterosessuale, la omosessuale, e due termini ora dimenticati per descrivere masturbazione e bestialità, cioè la monosessuale e la eterogenita. Kertbeny usò il termine “eterosessuale” una decina di anni dopo quando gli fu chiesto di scrivere un capitolo di un libro sostenente la decriminalizzazione dell’omosessualità. L’editore, Gustav Jaeger, decise di non pubblicarlo, ma finì per usare il nuovo termine di Kertbeny in un libro che pubblicò poi nel 1880.

La successiva pubblicazione della parola avvenne nel 1889, allorché lo psichiatra austrogermanico Richard von Krafft-Ebing la incluse in Psychopathia Sexualis, un catalogo di disturbi sessuali. Ma nelle sue quasi 500 pagine la parola “eterosessuale” è usata solo 24 volte e non viene neanche riportata nell’indice. Ciò avviene poiché Krafft-Ebing è più interessato al “istinto sessuale contrario” (alle “perversioni”) che al “istinto sessuale”, quest’ultimo essendo per lui il “normale” desiderio sessuale tra gli esseri umani.

“Normale” è una parola pregnante, naturalmente, ed è stata mal impiegata durante la storia. L’ordinamento gerarchico che conduceva alla schiavitù era un tempo considerato normale, così come lo era la cosmologia geocentrista. Fu solo mettendo in discussione le fondamenta dell’opinione prevalente che i fenomeni “normali” vennero detronizzati dalle loro posizioni privilegiate.

Per Krafft-Ebing il normale desiderio sessuale si situava dentro un più ampio contesto di utilità procreativa, un’idea che ben si adattava alle teorie sul sesso in auge in Occidente. Nel mondo occidentale, ben prima che gli atti sessuali venissero divisi nelle categorie etero/omo, vi era un differente binario guida: procreativo o non-procreativo. La Bibbia, ad esempio, condanna il rapporto omosessuale per la stessa ragione per cui condanna la masturbazione: perchè il seme vivifico viene disperso nell’atto. Se questa etica fu largamente insegnata, mantenuta e rinforzata dalla Chiesa Cattolica e successive diramazioni cristiane, è importante notare che tale etica viene non originariamente dalle Scritture ebraiche o cristiane, ma dallo Stoicismo.

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Come Margaret Farley, cattolica studiosa di etica, ha messo in evidenza, gli Stoici “tenevano in grande considerazione il potere della volontà umana di regolare le emozioni e la desiderabilità di tale controllo in funzione della pace interiore.”Musonio Rufo, per esempio sosteneva in Sull’indulgenza sessuale che gli individui devono proteggersi dall’auto-indulgenza, compresi gli eccessi sessuali. Per contenere questo indulgere al sesso, nota il teologo Todd Salzman, Rufo e altri Stoici tentarono di collocarlo “in un più ampio contesto di connotazione umana” – sostenendo che il sesso poteva considerarsi morale solo nel perseguimento della procreazione. I primi teologi cristiani raccolsero questa etica coniugale-riproduttiva, e per il tempo di Sant’Agostino il sesso riproduttivo era l’unico sesso normale.

Krafft-Ebing mentre dava questa etica sessuale riproduttiva per scontata, la apriva a più ampie prospettive. “Nell’amore sessuale lo scopo reale dell’istinto, la propagazione della specie, non entra nella consapevolezza,” scrive.

In altre parole, l’istinto sessuale conterrebbe qualcosa come uno scopo riproduttivo congenito, uno scopo che è presente anche se coloro impegnate/i in sesso “normale” non ne sono coscienti. Jonathan Ned Katz, in The Invention of Heterosexuality [prima ediz. 1995. NdT], nota la portata dell’operazione di Krafft-Ebing, “Collocando l’ a parte riproduttivo nell’inconscio, Krafft-Ebing creò un piccolo, oscuro spazio nel quale un nuovo modello di piacere iniziò a crescere.”

L’importanza di questo passaggio – dall’istinto per la riproduzione al desiderio erotico – non può ritenersi esagerata, essendo cruciale per i moderni concetti di sessualità. Quando la maggior parte della gente oggi pensa all’eterosessualità, potrebbe immaginare una cosa come la seguente: Billy capisce fin da giovanissimo di essere attratto dalle ragazze. Un giorno focalizza quell’energia erotica su Suzy, e così la corteggia. I due si innamorano, e fisicamente e sessualmente danno espressione al loro desiderio erotico. E vissero felici e contenti.

Senza il lavoro di Krafft-Ebing, questa narrazione non avrebbe mai potuto essere pensata come “normale”. Non vi è menzione, implicita che fosse, della procreazione. Definire gli istinti sessuali normali in relazione al desiderio erotico è stata una rivoluzione fondamentale nel come pensare il sesso. L’opera di Krafft-Ebing pose le basi per il passaggio culturale che avvenne tra la definizione di “morbosa” dell’eterosessualità nel 1923 a quella del 1934 di “normale”.

Sex and the city

Idee e parole sono spesso prodotti del loro tempo. Ciò è certamente vero per l’ eterosessualità, tratta da un’epoca in cui la vita americana stava divenendo più regolamentata. Come sostiene Blank, l’invenzione della eterosessualità corrisponde all’ascesa della classe media.

Nel tardo 19° secolo la popolazione delle città europee e nordamericane cominciò ad esplodere. Per l’anno 1900, per esempio, New York aveva 3.400.000 abitanti, 56 volte la popolazione di appena un secolo prima. Col muoversi verso i centri urbani, le genti portarono le loro perversioni – prostituzione, omoerotismo – con sé. O almeno così sembrava. “In confronto alle cittadine e villaggi rurali” – scrive Blank – “le metropoli parevano covi di corruzione ed eccessi sessuali.” Quando le popolazioni urbane erano più ridotte, dice Blank, era più facile controllare tale comportamento, così come era più facile controllarlo quando si manifestava in aree rurali più piccole, dove il “tutti conoscono tutti” era la norma. Il pettegolezzo da piccola cittadina può esssere un profondo agitatore.

Poiché la crescente consapevolezza di queste pratiche sessuali andava di pari passo con il confluire delle classi inferiori nelle grandi città, “[del] malcostume sessuale urbano furono tipicamente, se pur non accuratamente, incolpate” la classe lavoratrice e la gente povera, dice Blank. Era importante per l’emergente classe media differenziarsi da tali eccessi. La famiglia borghese necessitava di un modo per proteggere le sue componenti “dalla decadenza dell’aristocrazia da un lato e dall’orrore del formicaio della città dall’altro”. Ciò richiedeva “sistemi organizzati, riproducibili, universalmente applicabili per una gestione sociale da poter perfezionare su larga scala”.

In passato, questi sistemi si potevano basare sulla religione, ma “il nuovo stato secolare richiedeva secolari giustificazioni per le sue leggi,” dice Blank.

Consultiamo ora esperti in sesso come Krafft-Ebing, che scrisse nell’introduzione alla prima edizione della Psychopathia che la sua opera era progettata “per ricondurre [il genere umano] alle sue condizioni di legalità.” Invero, continua la prefazione, il presente studio “esercita una benefica influenza sulla legislazione e la giurisprudenza”.

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Il cronachistico lavoro di Krafft-Ebing sulle irregolarità sessuali rese chiaro che la crescente classe media non poteva ulteriormente trattare la deviazione dalla normale (etero) sessualità come un peccato, ma come una degenerazione morale, una delle peggiori etichette che una persona poteva acquisire. “Chiamate criminale un uomo e ne definirete lo stato sociale,” scrisse William James nel 1895. “chiamatelo degenerato e lo raggrupperete con i più ripugnanti campioni della razza umana.” Come Blank rileva, la degenerazione sessuale divenne il metro per prendere la misura di una persona.

La degenerazione, dopo tutto, era il processo inverso del darwinismo sociale. Se il sesso procreativo era imprescindibile alla continua evoluzione delle specie, il deviare da quella norma era una minaccia all’intero tessuto sociale. Fortunatamente, detta deviazione poteva essere re-indirizzata, se presa per tempo, pensavano gli esperti.

La formazione di una “inversione sessuale” avveniva, per Krafft-Ebing, attraverso molteplici passaggi, ed era curabile durante il primo di questi.

Ralph M. Leck, autore di Vita Sexualis, scrive che attraverso il suo lavoro “Krafft-Ebing lancia uno squillo di tromba contro la degenerazione e la perversione. Ogni persona dotata di forte senso civico deve fare un giro di turno sulla Torre di Guardia sociale.” E ciò era certo una questione di norme civiche: la maggioranza del personale nel pubblico impiego veniva dalla classe media, che era ampia e si ingrandiva.

Sebbene già alcuni all’esterno del settore avessero nozione dell’opera di Krafft-Ebing, fu Freud ad offrire al pubblico i modi scientifici per come pensare la sessualità. Mentre è difficile ridurre in poche frasi le teorie del dottore, il suo lascito più durevole è la sua teoria psicosessuale dello sviluppo, che sostiene che i bambini sviluppino le loro sesssualità attraverso elaborate dinamiche psicologiche familiari.

Per Freud, le persone eterosessuali non erano nate in quel modo, ma costruite in quel modo. Come Katz segnala, per Freud l’eterosessualità era una conquista; coloro che vi arrivavano attraversavano con successo lo sviluppo dell’infanzia senza essere estromessi dai codici della morale comunemente accettata.

Tuttavia, come nota Katz, era necessaria una smisurata fantasia per inscrivere questo passaggio nei termini della normalità.:

Seguendo Freud, la normale strada per la normalità eterosessuale è lastricata con la brama incestuosa del bambino e della bambina verso il genitore dell’altro sesso, con il desiderio del bambino e della bambina di uccidere il genitore-rivale del proprio sesso, e con la loro voglia di eliminare ogni fratellino/sorellina-rivale. La strada verso l’eterosessualità è lastricata di smanie sanguinarie… L’invenzione dell’Eterosessuale, nella visione di Freud, è una produzione profondamente disturbata.

Che tale lettura edipica abbia resistito così a lungo come la spiegazione della normale sessualità è – dice – “una delle maggiori ironie della storia eterosessuale.”

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Ancora, la spiegazione di Freud sembrava soddisfare la maggioranza del pubblico che, continuando la propria ossessione di standardizzare ogni aspetto della vita, accettò felicemente la nuova scienza del normale. Tali atteggiamenti incontrarono nuova giustificazione scientifica nell’opera di Alfred Kinsey, il cui studio pietra miliare del 1948 Il comportamento sessuale nel maschio umano cercò di classificare la sessualità degli uomini in una gradazione da zero (esclusivamente eterosessuale) a sei (esclusivamente omosessuale). I suoi risultati lo indussero a concludere che una grande, se non la maggiore, “parte della popolazione maschile ha una qualche esperienza omosessuale tra l’adolescenza e la vecchiaia”. Mentre lo studio di Kinsey schiude le categorie omo/etero ad ammettere l’idea di un qualche continuum sessuale, anche “riafferma enfaticamente l’idea di una sessualità divisa tra due poli”, come nota Katz.

Il futuro dell’eterosessualità

E quelle due categorie hanno durato fino ad oggi. “Nessuno sa esattamente perché eterosessuali e omosessuali dovrebbero essere differenti,” scrisse Wendell Ricketts, autore nel 1984 dello studio Biological Research on Homosexuality. La risposta migliore che troviamo è di fatto una tautologia: “ [le persone] eterosessuali e omosessuali sono considerate differenti poiché possono essere divise in due gruppi in base all’opinione che possano essere divise in due gruppi.”

Per quanto la divisione etero/omo pare come un eterno, indistruttibile fatto di natura, in verità non lo è. Semplicemente è una recente “grammatica” che da umani abbiamo inventato per parlare su ciò che il sesso significa per noi.

L’eterosessualità, argomenta Katz, “è inventata all’interno di un discorso come ciò che sta fuori dal discorso. Viene costruita in un discorso particolare come ciò che è universale… come ciò che è fuori dal tempo.” Ciò vuol dire che è una costruzione, ma sostiene di non esserlo. Come un qualsiasi filosofo francese o una/o bambina/o con una scatola di Lego in mano vi direbbe, tutto ciò che è stato costruito può ugualmente essere decostruito. Se la eterosessualità non esisteva in passato, allora non necessariamente esisterà in futuro.

Sono stato recentemente preso alla sprovvista da Jane Ward, autrice di Not Gay: Sex between Straight White Men, che, durante un’ intervista per un pezzo che avevo scritto sull’orientamento sessuale, ha chiesto il mio pensiero sul futuro della sessualità. “Cosa significherebbe pensare alla capacità delle persone di coltivare i loro propri desideri sessuali nello stesso modo con cui possiamo coltivare il proprio gusto per il cibo?” Sebbene potremmo andar cauti nell’ammettere la possibilità di una fluidità sessuale, è importante capire che le varie argomentazioni “Nata/o così” non sono accettate dalla maggior parte della scienza recente. Ricercatrici e ricercatori non sono certe/i di cosa “causi” l’omosessualità, e certamente rigettano qualsiasi teoria che postuli una origine unica, come quella del “gene gay”. La mia opinione è che i desideri sessuali, come i nostri desideri tutti, cambino e si ri-orientino lungo tutta la nostra vita, e che, nel farlo, spesso ci suggeriscono delle nuove identità. Se ciò è vero, allora la suggestione di Ward che possiamo coltivare le preferenze sessuali pare calzante. [altro sulle prove scientifiche alla base di questo ragionamento in BBC Future’s “I’m gay – but I wasn’t born this way”]

La questione posta da Ward implica una sottile sfida: posto che rimaniamo a disagio al considerare quale e quanto potere abbiamo sulle nostre sessualità, perchè ciò avviene? Similmente, perchè ci sentiamo a disagio con lo sfidare la convinzione che l’omosessualità – e per estensione l’eterosessualità – siano eterne verità della natura?

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“Forse l’intera radice del nostro problema, il problema umano, è che sacrificeremo tutta la bellezza della nostra vita, ci imprigioneremo in totem, tabù, croci, sacrifici di sangue, campanili, moschee, razze, eserciti, bandiere, nazioni, per negare il fatto della morte, che è l’unico fatto che abbiamo.”

In un’intervista con il giornalista Richard Goldstein, il romanziere e autore teatrale James Baldwin riconobbe di avere sia buone che cattive visioni del futuro.

Tra le buone vi era quella che “Nessuna/o più dovrà chiamarsi gay,” un’espressione per la quale Baldwin ammette di non avere più pazienza. “Risponde ad una falsa questione, ad una falsa imputazione.”

Qual è questa?

“Che non hai alcun diritto ad esserci, che devi provarlo il tuo diritto ad esistere. Sto dicendo che io non devo provare niente. Il mondo appartiene anche a me.”

Una volta, l’eterosessualità era necessaria perché i moderni umani avevano bisogno di dimostrare chi erano e perché esistevano, e avevano bisogno di difendere il loro diritto a stare dove stavano. Col tempo, però, quella etichetta pare in effetti limitare le miriadi di modi con cui noi umani intendiamo i nostri desidereri e amori, le nostre paure. Forse quella è una ragione per quanto trovato da una recente indagine nel Regno Unito, che meno della metà di chi ha un’età compresa tra i 18 e i 24 anni si identifica come “100% eterosessuale”. Il che non sta a significare che la maggioranza delle persone intervistate pratichi regolarmente la bisessualità o l’omosessualità; mostra piuttosto che non sembrano avere lo stesso bisogno per la parola “eterosessuale” come i loro predecessori del ventesimo secolo.

I dibattiti intorno all’orientamento sessuale hanno teso ad appuntarsi ad un maldestramente definito concetto di “natura”. Poiché una relazione tra due persone di sesso diverso generalmente produce la riproduzione della specie, la decoriamo con uno speciale status morale. Ma la “natura” non ci disvela i nostri obblighi morali, siamo noi responsabili nel determinarli, perfino quando non siamo consapevoli che lo stiamo facendo. Saltare dall’osservazione di come la natura “è” ad una prescrizione di come la natura “dovrebbe essere” risulta, come ha osservato il filosofo David Hume, un errore di logica.

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Perché giudicare cosa è naturale ed etico per un essere umano a mezzo della sua natura animale? Molte delle cose in grande considerazione presso gli esseri umani, come la medicina o l’arte, sono espressamente innaturali. Nel contempo, gli umani rifuggono molte cose che sono espressamente naturali, come la malattia e la morte. Se noi consideriamo tra i fenomeni che avvengono naturalmente alcuni “etici” e altri “non-etici”, ciò significa che la nostra mente (ciò che osserva) sta determinando cosa fare della natura (ciò che viene osservato). La natura non esiste in qualche posto “altrove”, indipendentemente da noi, che stiamo comunque sempre interpretandola dall’interno.

Fino a questo momento della storia del nostro pianeta, la specie umana è stata propagata per mezzo di rapporti tra due sessi diversi a fine riproduttivo. Circa un secolo fa abbiamo aggiunto specifici significati a questo tipo di rapporto, in parte perché si voleva incoraggiarlo. Ma il nostro mondo è ora assai diverso da come era prima. Tecnologie quali la PGD e la IVF si stanno perfezionando. Nel 2013 oltre 63.000 concepimenti sono stati realizzati per mezzo di IVF. Di fatto, oltre cinque milioni di nascite sono avvenute attraverso tecnologie per la riproduzione assistita. Ovviamente, questo dato mantiene tale riproduzione in una stretta minoranza, ma tutti gli avanzamenti tecnologici hanno iniziato avendo le cifre contro.

Socialmente, pure, la eterosessualità sta perdendo il suo “livello di superiorità, potremmo dire. Se vi era un’epoca in cui le impertinenze omosessuali rappresentavano la prima fonte di scandalo, ci siamo spostati da allora verso un altro mondo, uno costellato dalle avventure eterosessuali di politici e celebrità, completo di foto, messaggi ed eloquenti video. La cultura popolare è stracolma delle immagini di relazioni e matrimoni etero irregolari. Inoltre, tra il 1960 e il 1980, nota Katz, il tasso di divorzi aumentò del 90%. E se pure è diminuito sensibilmente nei trenta anni successivi, non è stato riassorbito tanto da far sostenere che la “instabilità di coppia” – come nota acutamente Katz – sia una qualche esclusiva dell’omosessualità.

Il confine tra eterosessualità e omosessualità è non solo indistinto – come alcuni ritengono che la ricerca di Kinsey impliciti – è un’invenzione, un mito; un mito antiquato. Gli uomini e le donne continueranno a fare sesso eterosessuato tra loro fino alla fine del genere umano.

La citazione è tratta dal provocatorio film Raspberry Reich di Bruce LaBruce, in cui si rivendica il diritto alla libertà della propria sessualità e si inneggia ad una rivoluzione delle consuetudini sessuali

Ma l’eterosessualità – come segno di distinzione sociale, come stile di vita, come identità – potrebbe anche sparire ben prima di allora.

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