“Né dio né padroni”, un documentario che ha fatto discutere. Guardatelo e fatevene un’opinione (e se domenica siete a Parigi, partecipate alla discussione…)

Dalla newsletter di Fleurs Arctiques (vedi qui) apprendo che domenica 7 gennaio compagne e compagni discuteranno del documentario “Ni Dieu, ni Maître, une histoire de l’anarchisme”,  di Tancrède Ramonet che potete vedere qui. Questo il documento che invita all’incontro spiegando anche le ragioni per cui è stato organizzato. 

A proposito del documentario « Ni Dieu, ni Maître, une histoire de l’anarchisme »

Poco meno di un anno fa era stato diffuso su Arte il documentario “Né dio né padroni – Una storia dell’anarchismo”, di Tancrède Ramonet. In un periodo di miseria politica, in cui mettere le mani sulla storia delle lotte e dei movimenti rivoluzionari resta l’ultimo bastione al quale si aggrappa il vecchio Partito Comunista, quel documentario che si presenta come una “Riabilitazione dell’anarchismo” è stato accolto piuttosto positivamente negli ambienti militanti e istituzionali. In un periodo di carenza, non per questo tutto è buono da prendere.
Se ci è sembrato necessaria una lettura critica, e pubblica, di questa “storia dell’anarchismo” è innanzitutto per quello che quel lavoro veicola come lettura identitaria dell’anarchismo, ma in ugual misura perché la sua ottica è la riabilitazione dell’anarchismo nel quadro della storiografia staliniana alla francese operando così la liquidazione di ciò che può restarne di sovversivo oggi.
La visione dell’anarchismo che difende partecipa attivamente alla decostruzione in corso dell’eredità rivoluzionaria nella quale ci viene proposto di disegnare delle figure quasi-mitologiche per consolidare una costruzione ideologica che non fa altro che convalidare il presente, e questa mitopoiési (1) di cartone ci sembra caratteristica di un rapporto al passato ma ancor più di un rapporto disastroso al presente.
Non si tratta di difendere l’ambito di influenza di una qualunque identità anarchista o la purezza di una corrente filosofico-politica – d’altra parte ben maltrattata in quanto tale dalla prospettiva di volgarizzazione del documentario – ed è da un punto di vista rivoluzionario che abbiamo cominciato a riflettere.
Attraverso questa riduzione dell’anarchismo – come fanno gli Jivaro con una testa – è la prospettiva rivoluzionaria in quanto tale che si cerca di liquidare , quale che sia la maniera con cui la si può formulare e concepire.
Decostruire quel documentario riguarda dunque tutti i rivoluzionari che non accettano di lasciarsi cullare ed addormentare in questa epoca che vorrebbe fare della rivoluzione un ricordo del passato che prende polvere come delle nacchere su un camino e che si guardano di tanto in tanto con nostalgia prima di metterle in soffitta quando non ci si ricorderà neanche più di cosa si tratti.
Riflettere su quello che quel documentario fa alla rivoluzione è un’occasione da cogliere per ridare vita al rifiuto di questo mondo, che ha una storia di cui l’anarchismo fa sicuramente parte. Vuol dire operare alla costruzione dei rottami di un’altra storia complessa, piena di contraddizioni e ricca di possibili multipli, la nostra, e ripercorrerla dal punto di vista di un presente che ne ha gran bisogno. Si tratta, dunque, anche di rifiutare le pratiche di “museificazione” della storia e della prassi rivoluzionaria in atto in questa epoca.
E’ attorno a queste tematiche che proponiamo di riflettere insieme per una sessione di lavoro pubblico al fine di presentare il lavoro in corso, di discuterne più ampiamente e di valutare insieme le prospettive da dargli.
Si potrà anche discutere, sulla base delle informazioni rilasciate durante la presentazione delle due prime parti, della terza parte del documentario dedicato all’anarchismo di oggi e intitolato “ le reti della collera”, attualmente alla ricerca di un diffusore.

A propos du documentaire “Ni Dieu, ni Maître, une histoire de l’anarchisme”

(1) (“mitopoièṡi s. f. [dal gr. μυϑοποίησις, der. di μυϑοποιέω «inventare favole», comp. di μῦϑος «racconto favoloso, mito» e ποιέω «fare»]. – In generale, l’attività, l’arte o la tendenza a inventare favole, a formare miti; in partic., nell’interpretazione dell’antropologia culturale, processo di formazione ideologica con cui si attribuisce a fatti reali o alla narrazione di essi un valore fantastico di riferimento culturale e sociale.” fonte Treccani)

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