“Ne uccide più la parola”: due giornate di studio a partire dal saggio di Judith Butler sul “linguaggio dell’odio” e dal Manifesto Scum di Valerie Solanas

 

“Ne uccide più la parola che la spada” è un modo di dire che viene generalmente accettato come veritiero ma che, a mio avviso, troppo spesso viene usato strumentalmente. Anche per questo trovo particolarmente interessante l’iniziativa delle due giornate di studi interdisciplinari organizzate a Catania dal Centro interdisciplinare di studi di genere Genus e dal Dipartimento di scienze umanistiche dell’Università di Catania (24 e 25 ottobre) che consente di andare più a fondo sul tema e anche di rendere giustizia a Valerie Solanas, autrice di SCUM (acronimo di “Society for Cutting Up Men”) libro che fece scalpore alla sua uscita (diffuso in ciclostilato dall’autrice nel 1967, venne poi pubblicato  senza il suo consenso nel 1968).  E aggiungo che il fatto che questa iniziativa avvenga in Sicilia – regione che ancora a troppi e troppe piace ritenere arretrata se non peggio – me la fa apprezzare ancora di più. Nella seconda giornata verrà anche presentato il volume “Trilogia SCUM. Scritti di Valerie Solanas” (VandA e-publishing, 2017) a cura di Stefania Arcara e Deborah Ardilli. Il libro sarà disponibile dal 24 ottobre su IBS: http://bit.ly/2gMhXl5  Amazon: http://amzn.to/2xL5bOe e Kobo: http://bit.ly/2yo2a5O.
Ringrazio particolarmente Stefania Arcara per la disponibilità con cui si è prestata ad offrirci questa presentazione dell’iniziativa.

Le due giornate di studi interdisciplinari intitolate “Ne uccide più la parola” partono da una riflessione di Judith Butler sullo “hate speech”, cioè il linguaggio dell’odio. In particolare da questa citazione: “Il problema del parlare ingiurioso pone la questione di quali parole feriscano, quali rappresentazioni offendano, indicando che focalizziamo l’attenzione su quelle parti del linguaggio che sono enunciate, enunciabili e rese esplicite. Tuttavia, l’offesa linguistica sembra essere effetto non solo delle parole che ci vengono rivolte, ma anche del modo in cui ciò avviene, un modo – una disposizione o un atteggiamento convenzionale – che interpella e costituisce un soggetto”. (J. Butler, “Parole che provocano. Per una politica del performativo”, 2010 – Raffaello Cortina Editore).

La prima giornata indaga vari temi legati a diversi contesti storico-culturali, con un’attenzione anche all’Orientalistica. La seconda giornata invece è dedicata interamente alla figura di Valerie Solanas, e comprenderà, oltre a tre interventi, la presentazione del volume appena pubblicato Trilogia SCUM. Scritti di Valerie Solanas, a cura di Stefania Arcara e Deborah Ardilli, Milano, VandA e-publishing, 2017.

La giornata si chiuderà con una performance tratta dalla commedia della stessa Solanas intitolata Up Your Ass (In culo a te), del 1965, che era finora inedita in Italia e che è inclusa nel volume insieme ad un altro inedito, il racconto Come conquistare la classe agiata: prontuario per fanciulle (1966). Il volume contiene ovviamente anche il famoso Manifesto SCUM, che è stato ritradotto appositamente dalle curatrici Stefania Arcara e Deborah Ardilli. A differenza delle altre traduzioni italiane, peraltro distorte da errori ed equivoci traduttivi, la traduzione da loro fatta per il volume Trilogia SCUM è stata condotta sul testo originale, nella versione integrale approvata dall’autrice.

Per tutta la vita Solanas non ricevette un centesimo dalla vendita delle numerosissime edizioni e traduzioni di SCUM in tutto il mondo. Solo nel 1977, fallita l’Olympia Press, i diritti tornano a Solanas che finalmente ripubblica, ancora in proprio, l’edizione corretta, da lei stessa rivista.

La lettura che forniamo nell’introduzione è una lettura politica femminista. Non ci interessa una lettura “biologista”, che prenda alla lettera Solanas nel momento in cui provocatoriamente sostiene che il maschile sia geneticamente inferiore al femminile, quanto invece le sue analisi sociali sul genere come rapporto di potere, in grande anticipo sui tempi e attuali ancora oggi.

La ragione dello scandalo provocato dalle argomentazioni di Solanas nel Manifesto, infatti, non sta tanto nel contenuto violento ed “estremista” del testo, quanto nel posizionamento del soggetto che lo esprime: un soggetto subalterno e reietto considerato particolarmente pericoloso – una lesbica mascolina, proletaria, con un linguaggio volgare e uno sguardo di sfida, una fuorilegge del genere («gender outlaw»).

Inoltre nel volume mettiamo in evidenza la sua critica radicale al sistema, compreso il sistema monetario e del lavoro, la sua idea di “s-lavoro”, la sua invocazione dell’uso della tecnologia e dell’automazione, il suo rifiuto della maternità come realizzazione delle donne, la denuncia del lavoro gratuito svolto dalle donne oppresse attraverso l’istituzione patriarcale del matrimonio.

E naturalmente la critica alla maschilità, ma anche alle donne complici del patriarcato. Infatti in Manifesto SCUM gli uomini sono oggetto del discorso, e mai interlocutori. Solanas lo dice esplicitamente: il vero conflitto non è tanto quello con gli uomini, ma quello con coloro che lei chiama le “Figlie di Papà”. Le donne cioè, che non hanno preso coscienza della propria oppressione, e magari credono di ottenere benefici dalla propria posizione subordinata.”

 

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