Lombardia. I malati cronici al miglior offerente

La vicenda riguarda, per ora, la Lombardia, ma i diritti o sono per tutti o non sono, e comunque Lombardia e Liguria sono vicine, geograficamente e le cricche alla guida delle due regioni sono praticamente gemelle. Probabilmente per molte/i la mia introduzione è superflua, ma non si sa mai.

Da quanto posso capire, la vicenda – come troppo spesso accade – viene utilizzata anche per polemiche tra associazioni, forse anche importanti ma che personalmente non mi interessano, anche perché non sono certo in grado coglierne la sostanza, non essendo un addetto ai lavori.  Cerco quindi di estrapolare le notizie utili a conoscere e capire quanto accade in Lombardia.

Dice il comunicato di Medicina Democratica: “La decisione regionale di dare una nuova configurazione alla Medicina Generale (ndr, delibera regionale 6551 DEL 4/5/2017),  in contraddizione con le leggi nazionali e regionali, nonché con il DPCM sui LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), quindi con la Costituzione, ha visto l’adesione solo del 43% dei medici di medicina generale della Lombardia ed ha costretto la Regione a prorogare i termini della scelta nella speranza di avere un maggior ascolto.
ANCHE I PAZIENTI, PORTATORI DI PATOLOGIE CRONICHE, DOVRANNO SCEGLIERE, MA SI DOVRANNO INFORMARE DA SOLI O DIPENDERANNO DALLE INFORMAZIONI DEL LORO MEDICO.  PUR CON NON ELEVATE POSSIBILITA’, MA CON UNA STORIA QUARANTENNALE, MEDICINA DEMOCRATICA MOLTIPLICHERA’ I SUOI SFORZI PER SPIEGARE AI CITTADINI E AI MEDICI LOMBARDI COME IL SISTEMA SANITARIO PUBBLICO PEGGIORERA’. LE RISPOSTE CHE VERRANNO FORNITE SARANNO PARZIALI E PIU’ BUROCRATICHE. NON E’ VERO CHE CI SARANNO MENO LISTE DI ATTESA, FORSE CI SARANNO PIU’ ESAMI E PIU’ PRESTAZIONI, MA CERTO MENO SALUTE.
I MEDICI E I CITTADINI – COME AFFERMA IL TAR NELL’ORDINANZA – POSSONO DIRE DI NO ALLA PROPOSTA DELLA REGIONE. E LOTTARE, COME PENSA MD, PERCHE’ RIMANGA E MIGLIORI LA SANITA’ PUBBLICA.    Milano, 14 settembre 2017 – Medicina Democratica – sezione di Milano e Lombardia.”

La tabella è tratta dall’articolo, dell’aprile 2017, che trovate cliccando sull’immagine

Una più che tempestiva risposta è venuta da saluteinternazionale.info che il 18 aprile 2017, in un articolo titolato: “Lombardia. I malati cronici al miglior offerente” a firma Aldo Gazzetti e Gianluigi Trianni, scrive: “In Lombardia è scoccata l’ora della privatizzazione completa delle cure primarie e della medicina d’iniziativa. L’assistenza di un milione e mezzo di pazienti cronici gravi viene data in appalto a un nucleo ristretto di gestori, per lo più privati. Di qui la concorrenza tra filiere aziendali di servizi sanitari a cui viene assegnata per un periodo annuale la gestione quasi totale del malato cronico. Quale la libertà di scelta del paziente? Quale il ruolo del medico di medicina generale?..” (Qui l’articolo integrale).

Cercando di approfondire ulteriormente, ho trovato un  articolo di Gavino Maciocco, del Dipartimento di Sanità Pubblica, Università di Firenze, che mi sembra interessante, tratto da Saluteinternazionale.info:il titolo è ” Il Piano Nazionale della Cronicità e l’anomalia lombarda”. Scrive Maciocco: “La sanità d’iniziativa lombarda è del tutto anomala: basata su tariffe e risparmio, su competizione e mercato, sulla presenza opzionale dei medici di medicina generale, sull’assenza di efficaci interventi di prevenzione e di supporto all’autocura. Il tutto avviene in un contesto privo della infrastruttura fondamentale e irrinunciabile in ogni seria strategia di gestione delle malattie croniche: il distretto e l’organizzazione delle cure primarie. L’affossamento di questa infrastruttura, avvenuto diversi anni fa, è una sorta di “peccato capitale” della sanità lombarda. Un peccato da cui non si può essere assolti dando vita a un surrogato debole e improprio: il Centro Servizi…..”. L’articolo prosegue poi con una serie di interessanti informazioni e potete trovarlo cliccando qui.

Il governo, dal canto suo, ha varato un Piano nazionale delle cronicità che però appare essere – e la cosa non stupisce – ancora poco, anzi pochissimo attuato, se dobbiamo credere a quanto ha scritto Quotidianosanità.it in un articolo (qui il testo integrale) in cui parla, tra gli altri, Tonino Aceti, responsabile del Coordinamento nazionale della Associazioni dei Malati Cronici: “A distanza di circa sette mesi dalla introduzione del Piano nazionale delle cronicità, alla cui stesura ed approvazione abbiamo contribuito come Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici- ha detto Tonino Aceti, responsabile del Coordinamento nazionale della Associazioni dei Malati Cronici – non possiamo permettere che questo rimanga solo sulla carta. Infatti, ci risulta che, ad oggi, solo le Regioni Umbria e Puglia abbiano recepito formalmente il Piano. Altre, ma ancora troppo poche, si stanno muovendo e lo fanno in ordine sparso. Chiediamo che entro l’anno tutte le Regioni lo recepiscano formalmente con delibera e che il Ministero della Salute istituisca al più presto la cabina di regia, garantendo la partecipazione di associazioni di cittadini e pazienti”.

Chiudo questa breve rassegna con un articolo tratto dal sito dell’Associazione nazionale AMICI Onlus:  Tempi lunghi per diagnosi e cure, tempi ristretti per l’ascolto dei pazienti. Costi insostenibili, burocrazia “trita-diritti”. E il Piano nazionale della cronicità resta al palo. La fotografia dei cittadini “in cronica attesa” nel XV Rapporto sulle politiche della cronicità di Cittadinanzattiva.

Si attende anni per una diagnosi, mesi per una visita, un esame di controllo o per ricevere un ausilio, giorni al Pronto Soccorso per un posto letto. Per contro, il tempo dedicato alla visita e quindi all’ascolto è sempre più ridotto, le ore dedicate all’assistenza domiciliare ed alla riabilitazione sono troppo esigue.
È la condizione in cui vivono le persone con patologie croniche e rare che emerge dal XV Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità“In cronica attesa”, presentato oggi a Roma dal Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva. con il contributo non condizionato di Merck & Co per il tramite della sua consociata MSD.

Le persone con malattie croniche e rare e i loro familiari devono sopperire a molte carenze, utilizzando il proprio tempo e le proprie risorse economiche: fino a 10.000€ l’anno per l’assistenza psicologica, l’acquisto di farmaci e parafarmaci, la riabilitazione a domicilio; fino a 60.000€ l’anno per pagare la retta della residenza sanitaria assistita. A questo si aggiunge la burocrazia “trita-diritti” perché non si snelliscono le procedure burocratiche, come nel caso del rilascio di piani terapeutici per i farmaci o di protesi e ausili, l’assegnazione del contrassegno auto per invalidi o il rinnovo della patente. Anzi capita che anche quando la semplificazione c’è, nella sua applicazione diventi strumento per restringere i diritti, come nel caso dell’invalidità civile e dell’handicap…” (segue).

 

 

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